Libro di Isaia: premessa

Michelangelo, - IsaiaDando inizio alla lettura del libro del profeta Isaia, lettura che, come quella dell’Esodo, ci terrà impegnati a lungo, è necessaria questa premessa sul ruolo e la missione dei profeti nella rivelazione.

Già tanto ho scritto nella presentazione dei Profeti, tuttavia è bene ricordare alcune cose.

Probabilmente siamo abituati a pensare che il “profeta” sia un tale che, per un qualche misterioso potere, predice il futuro.

Il compito del profeta biblico è, invece, ben diverso; non è una persona dotata di poteri speciali, che rasentino il paranormale. Se e quando fa una previsione su quello che accadrà, lo fa come chi guardi con oculatezza la realtà che lo circonda. In tal caso gli esiti di certe situazioni possono essere prevedibili. Un profeta perciò non è un indovino, né un veggente (personaggi nei confronti dei quali la Scrittura è, a dir poco, diffidente). E’ invece una persona chiamata da Dio per indicare al popolo come Dio stesso guida e vede i fatti della storia e della realtà umana, per esortare, correggere, confortare, dare speranza.

In particolare il profeta deve illuminare il popolo sulla propria fedeltà o infedeltà all’alleanza con il Signore, richiamandone gli elementi essenziali e denunciando formalismi, inadempienze e ipocrisie.

Gesù stesso ha ripreso temi e atteggiamenti profetici nel suo ministero e anche tutti noi, con il battesimo, partecipiamo del carisma profetico che investe ora tutta la Chiesa.

Se la meditazione dell’Esodo ci aveva introdotto e, per così dire, abituati ad un’atmosfera di miracolo pressoché continuo, i profeti ci svezzano da questa atmosfera e ci riportano all’assunzione quotidiana delle nostre responsabilità nei confronti dell’alleanza, le cui esigenze sono espresse nella Torah.

Nell’A.T. troviamo la testimonianza di diversi profeti che hanno scritto almeno parzialmente il loro insegnamento poiché, di fatto, la gran parte dei libri profetici sono opera degli allievi o dei segretari che ogni profeta aveva attorno a sé. Questi si sono preoccupati di registrare e mettere in ordine quanto il profeta andava dicendo. Tuttavia un profeta non si esprime solo con le parole, ma anche con i gesti, con alcune decisioni della propria vita, come vedremo.

Ci sono poi stati profeti che non hanno scritto nulla e di cui nulla sappiamo, profeti veri e profeti falsi ( che rappresentano l’ossessione del profeta Geremia, per esempio) che hanno cercato di influenzare la politica del loro tempo; ci sono state anche profetesse ( come Deborah, denominata “madre d’Israele”, Gdc.4-5; o la moglie dello stesso Isaia, cfr.8.3; o Hulda, cui la tradizione ha poi dedicato una delle scalinate d’accesso al tempio di Gerusalemme, 2 Re 22.14.

Infine: il profetismo non è un fenomeno solo biblico, è bensì presente in tutto il V.O.A. (Vicino Oriente Antico). Ci sono profeti e profetesse, di cui ci sono pervenuti gli “oracoli” e che hanno ampiamente influenzato tutta la politica del loro tempo. Attraverso sogni, rituali, gesti simbolici, proprio come i profeti di cui leggiamo nell’A.T., si sono proposti come guide dei loro popoli.

Esiste una differenza tra costoro rispetto ai profeti che leggiamo nella Scrittura?

Certamente.

Tale differenza sta nel tipo di fede che caratterizza l’A.T., negli impegni che tale fede comporta e nel tipo di sintesi tra fede, vocazione e missione cui porta il profeta.

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