Il Giorno del Signore: la Santa Messa – 7

Riti di comunione

La preghiera del Signore:

Padre nostro, che sei nei cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno,
sia fatta la tua volontà,
come in cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano,
e rimetti a noi i nostri debiti
come noi li rimettiamo ai nostri debitori,
e non ci indurre in tentazione,
ma liberaci dal male.
TUO E’ IL REGNO, TUA LA POTENZA
E LA GLORIA NEI SECOLI.
Amen.

A questo punto siamo tutti in piedi a pregare il nostro Padre celeste insieme a Gesù, Maria e i santi, come Lui ci ha insegnato. Tra poco esploreremo la bellissima preghiera del Padre Nostro con l’intento di aprire nuovi orizzonti alla meditazione e ad una partecipazione personale più completa al suo mistero. Il Padre Nostro è una preghiera di relazione. Oggi molte persone alzano le mani quando pregano (è un gesto meraviglioso ed espressivo), comunicando a Dio la loro apertura, il loro abbandono, il loro desiderio di essere toccati da Lui. Altre ancora si tengono per mano per costruire un senso ideale di comunità.

Ci rivolgiamo al Signore con un atteggiamento di pentimento e d’umiltà, consapevoli della nostra povertà spirituale e, nello stesso tempo, in pienezza di gioia e di gratitudine, perché ci riconosciamo figli e figlie dell’Altissimo, eredi del Regno. Noi siamo “la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui e che ci ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce” (1Pt.2,9).

Padre Nostro… Si tratta di un grido di libertà e pieno di fiducia. Mentre pronunciamo le parole “Padre Nostro”, ci rivolgiamo a Dio unitamente ai nostri fratelli e sorelle di tutto il mondo. Inoltre ci ricordiamo dei defunti nella nostra preghiera. Dio, infatti, è il Nostro Padre, il Padre dei vivi e dei morti.

Dio, il grande IO SONO del roveto ardente, ha scelto di essere nostro Padre: ha scelto di creare, nutrire, istruire, guarire, soccorrere, proteggere, educare e amare ciascuno di noi. Egli ci tiene nel palmo della sua mano e ci promette di non abbandonarci, di non scordarci. Lo stesso Dio che dimora nell’alto dei cieli ci chiede di chiamarlo Padre e ci invita a stabilire una relazione d’amore con lui. Non solo, il Padre Nostro ben più che un testo da recitare, contiene una serie di richiami che devono suscitare nei nostri cuori i pensieri stessi di Dio e disporli ad accogliere i suoi doni.

Che sei nei cieli… Queste parole ci rammentano che Egli non è come il nostro padre terreno. Il suo amore è perfetto e senza condizioni. Non ci farà mai del male. Non ci abbandonerà mai. E’ tutto ciò di cui occorriamo. Vuole aiutarci in tutti i modi, anche nei piccoli problemi della vita quotidiana. Le sue risorse sono illimitate, perché a Lui nulla è impossibile. E’ capace di realizzare atti di guarigione e di liberazione per esaudire ogni nostro bisogno. Le sue vie sono superiori alle nostre. Eppure lo possiamo conoscere e possiamo camminare con Lui nel Regno dei cieli. San Paolo ci consiglia: “Cercate le cose di lassù” (Col.3,1).

Sia santificato il tuo nome… Questo non significa che Dio sia santificato dalle nostre preghiere, Lui che è sempre santo. Dio è irraggiungibile da qualunque profanazione e degno di ogni onore. Con la frase chiediamo che il suo nome sia santificato in noi perché, santificati nel suo battesimo, perseveriamo in ciò che abbiamo già cominciato ad essere. Infatti, più sappiamo lodare la sua santità, la sua meravigliosa natura, più siamo aperti all’accoglienza e alla guarigione.

Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra… Dal racconto dell’orazione nel Getsemani, emerge ciò che fu il nucleo della preghiera di Gesù, così com’è l’espressione centrale del Padre Nostro. Gesù supplica Dio Padre perché ad ogni costo si adempia la volontà divina, sia in cielo che in terra. Nel regno entra solo chi fa la volontà del Padre (Mt.7,21).

Infatti, noi chiediamo a Dio di governare nella nostra vita personale e nel mondo che verrà. E’ come se dichiarassimo: “Signore, conferma la tua signoria su di me”. “Sei tu il mio re, Dio mio” (Salmo 43,5). Preghiamo affinché la sua giustizia e la sua pace regnino nel cuore di ogni essere umano. Preghiamo perché il suo regno venga tra i Paesi in guerra, tra i tossicodipendenti e nelle cliniche dove si abortisce, nelle famiglie divise e separate, nei corpi distrutti dalle malattie, per coloro che hanno fame, senza casa e senza lavoro, per tutti coloro che non hanno pace. Rammentando che lo scopo principale della nostra vita di cristiani è di collaborare all’edificazione di questo Regno, in ogni luogo dove ci troviamo. La nostra gioia è fare la volontà del Padre: “…che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero” (Salmo 39,9).

Dacci oggi il nostro pane quotidiano… Il senso dell’aggettivo “quotidiano” è duplice: pane “sostanziale” e pane “di domani”. E’ come se dicessimo: dacci il pane del regno che deve venire. Infatti, il regno che deve venire è paragonato ad un grande banchetto (Mt.22,1ss; Lc. 16,16ss). Il pane del regno futuro è l’eucaristia, che ci riporta all’ultima Cena.

Dio ha sempre provveduto alle necessità del suo popolo, con mezzi ordinari e straordinari. Ha provveduto agli Ebrei nel deserto (Es.16-17); ha fornito il cibo per Elia e per la vedova che lo ha servito (1Re 17,7-15); ha dato da mangiare alle cinquemila persone (Lc. 9,10-17).

Nella preghiera ci poniamo alla presenza del Signore con le necessità quotidiane del corpo, della mente e dello spirito. Preghiamo per i nostri bisogni fisici: casa, vestiario, cibo, salute. Preghiamo per i nostri bisogni psicologici; la conoscenza delle cose divine, l’educazione, l’istruzione, la guida e la saggezza nelle decisioni, le esigenze sociali, la salute emotiva e mentale. Preghiamo per i bisogni dello spirito: il rapporto con Dio, la grazia del perdono, l’accrescimento della fede e la conversione giornaliera, la capacità di realizzare la nostra vocazione di vita cristiana.

Rammentiamo sempre la parabola del vignaiolo che inviò a lavorare ad ore diverse e poi pagò a tutti la medesima cifra. Infatti, diede a ciascuno quello che serviva per il giorno. Similmente, Egli ci dà quello di cui occorriamo.

E rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori… “Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno” (Lc.23,34). Il perdono è l’elemento chiave di guarigione del Padre Nostro. Chiediamo aiuto a Dio di aiutarci a perdonare e di avvertirne il desiderio. Per fare ciò è utile meditare sui brani delle Scritture che si riferiscono alla misericordia di Dio (per esempio: la parabola del “Figliol prodigo”), o alla Passione di Gesù Cristo. Dio Padre è sempre pronto ad accoglierci a braccia aperte.

E non ci indurre in tentazione… Cadere nella tentazione è un rischio contro di cui Gesù Cristo mette in guardia i discepoli all’inizio della passione (Mt.26,31), e poi tutti i credenti di ogni tempo. La scena del Getsemani è presentata come un “entrare nella tentazione”. Solo la preghiera ci permette di non soccombere alla tentazione. La tentazione rimanda al Tentatore, che nella scena del Getsemani non è esplicitamente nominato, ma che ritroviamo nella frase conclusiva del Padre Nostro. Siamo quindi riportati all’episodio dei quaranta giorni trascorsi da Gesù nel deserto, dove fu sottoposto a “ogni tentazione da Satana, che subito dopo si allontanò per ritornare al tempo fissato” (Lc.4,13), ossia il tempo della Passione. Ma significa anche che noi chiediamo a Dio di non permettere che noi siamo indotti dal tentatore, l’autore della corruzione. La Scrittura dice, infatti: “Dio non tenta nessuno al male”. Il tentatore è il diavolo, ed è per vincerlo che il Signore ha detto: “Vigilate e pregate per non cadere in tentazione”.

Ma liberaci dal male. Diciamo questo a motivo della parola dell’Apostolo: “Voi non sapete ciò che dovete domandare nelle vostre preghiere”. Dobbiamo pregare l’unico Dio onnipotente in modo che egli nella sua misericordia ci conceda di lottare contro tutto ciò da cui la debolezza umana non ha la forza di difendersi né di allontanarsi. Per Gesù Cristo nostro Signore, nostro Dio, “che vive e regna nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli”.

Quando preghiamo il Padre nostro, rammentiamo che siamo uniti a milioni di altre persone sparse in tutto il mondo, che pregano allo stesso modo, ogni giorno. Consapevoli di questa realtà, poniamoci davanti al Padre con umiltà, con Gesù, Maria e i santi, prendendo il nostro posto di figli e figlie dell’Altissimo.

Il segno della pace

Signore Gesù Cristo,
che hai detto ai tuoi apostoli:
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace”,
non guardare ai nostri peccati,
ma alla fede della tua Chiesa,
e donale unità e pace secondo la tua volontà.
Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli.

Cristo è l’alfa e l’omega, il fine della storia dell’umanità. Non solo il singolo uomo, ma anche la società è termine diretto dell’annuncio cristiano. L’universale fraternità è vocazione umana e divina insieme, posta nel cuore d’ogni uomo come un germe divino, per realizzare la quale i cristiani devono collaborare con ogni uomo di buona volontà, anche con i propri persecutori. La pace terrena non può essere che figura della pace di Cristo. Con la parola e il gesto, il segno della pace annuncia: “Io ti voglio bene. Voglio che il mio rapporto con Dio scorra anche attraverso ogni altra mia relazione”.

Il fatto è che i rapporti fra gli uomini saranno relazioni di pace se saranno rapporti di dono: rapporti tali, in altre parole, che ciascuno consideri gli altri superiori a se stessi e come valore, termine del suo personale dono di sé. Questa è la carità di Dio; questo lo spirito di carità che ci urge. Tuttavia, a volte andiamo in Chiesa e preghiamo per la pace nel mondo, mentre non siamo in pace con noi stessi, con le nostre famiglie e con gli amici. Eppure, essa deve cominciare vicino a casa.

Vi è in realtà nell’annuncio cristiano una tensione irresolubile in formulazioni teoriche esatte: Dio ci chiama ad una donazione totale di noi a lui, e contestualmente ad una donazione totale di noi al prossimo. La risposta alla prima chiamata non ha senso se scisso dalla risposta alla seconda. Senza una vita spesa per il prossimo non ha senso una vita spesa per Dio.

Questa è la radice della pace di Gesù e di ciò che auguriamo. Vale a dire quando condividiamo con i fratelli e le sorelle di fede le nostre paure, i nostri dispiaceri, quando ci perdoniamo gli uni gli altri, quando vediamo in loro la bontà, quando amiamo, e siamo in pace con noi stessi e con le persone della nostra cerchia più intima, allora noi troviamo la pace di Cristo. E quando ci riuniamo insieme in comunità per la Messa o per quant’altro, si sviluppa un enorme potenziale di guarigione e di grazia.

Il segno della pace non è soltanto un momento sociale, un momento in cui correre per tutta la Chiesa a salutare gli amici. E’ un momento in cui esprimere l’amore cristiano alle persone che abbiamo accanto, con affabilità, con rispetto, come rappresentanti di tutta la comunità. Poiché la comunione è un segno della nostra unione con Dio e tra noi, in quel momento offriamo un segno di pace a coloro che ci stanno intorno. Però le persone tendono ad essere distratte dalla solennità del momento durante lo scambio della pace.

Il gran comandamento lasciatoci da Gesù è di amarci gli uni gli altri, e nella Messa noi lo esprimiamo con il nostro segno di pace.

Lo spezzare del pane

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
abbi pietà di noi.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
abbi pietà di noi.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo,
dona a noi la pace.

Il passo da compiere, a questo punto della Messa, è un atto di fiducia e d’accettazione che l’Eucaristia è Cristo. Gesù stesso trasformerà i nostri cuori di pietra in cuori d’amore. Amore che l’uomo da solo non conosce perché si tratta di un amore che va di là d’ogni descrizione e immaginazione, un amore che noi tutti desideriamo, nell’intimo più profondo, un amore che emoziona, che fa piangere di gioia, che fa superare ogni ostacolo.

La più intima aspirazione del nostro cuore è ricevere questo amore perché siamo stati creati per riceverlo. Ognuno di noi ha un posto speciale nel cuore di Dio Padre. Lui ci ha voluto e desiderato; Lui ha progettato la nostra nascita, Lui ci ha atteso immaginando e formando il nostro volto, il nostro corpo, il nostro carattere. Lui ci ha accolto tra le braccia quando siamo nati; ci ha seguiti ogni giorno della nostra esistenza, ed era sempre presente quando ci ferivamo soffrendo con noi. Ci è sempre stato accanto anche se noi non ce ne accorgevamo, anche quando facevamo cose contrarie alla sua volontà.

Nell’Eucaristia, quel profondo bisogno d’amore può essere colmato. Con l’Eucaristia, il nostro cuore può essere purificato da ogni pena sofferta. Nell’Eucaristia, Gesù risana le ferite dell’infanzia. L’esperienza dell’Eucaristia è individuale, personale e destinata in maniera unica a ciascuno dei figli del Padre.

La comunione

Beati gli invitati alla Cena del Signore. Ecco
L’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo.

O Signore, non sono degno
Di partecipare alla tua mensa:
ma dì soltanto una parola
e io sarò salvato.

Il Corpo di Cristo… Amen.

Gesù disse: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv. 6,53-54).

Noi desideriamo la vita eterna perché Dio ha posto questo anelito nel nostro cuore. Si tratta dell’impulso dell’auto-conservazione. Gesù soddisfa questo desiderio dicendo che spiritualmente non moriremo mai, ma potremo vivere con Lui e con il Padre per sempre. Questo, di fatto, è il pensiero più consolante per ogni funerale cristiano. Quando ci accostiamo alla santa comunione, aspettiamoci che il Signore ci guarisca, ci riempia del suo amore. “…sia fatto secondo la tua fede” (Mt.8,13).

Mentre ci incamminiamo verso l’altare per ricevere Gesù, accettiamolo ed apriamogli il nostro cuore come nostro Signore e salvatore. Egli è il Signore del problema più grande che affligge la nostra vita. Che cosa ci sta rovinando la pace della nostra mente? Che cosa ci preoccupa? Che cosa ci sta agitando? I nostri figli? La nostra salute? La nostra incredulità? Un settore della nostra vita? Un impulso che non riusciamo a controllare? Le nostre finanze? La casa? Il problema portatelo al Signore. “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita” (Mt.9,21). Gesù ci dice che non dobbiamo toccare solo l’orlo del suo mantello; dice: “Prendete me! Prendete me tutto intero! Questo è il mio Corpo. Questo è il mio Sangue!”

Non scordiamo mai che Gesù è completamente presente sotto l’apparenza del pane, e completamente presente sotto l’apparenza del vino.

Ritornati al nostro posto, chiudiamo gli occhi e concentriamoci su Gesù. Visualizziamo Gesù che sta all’altare. Vediamo la luce che dalle mani di Gesù giunge nei nostri cuori, che ci tocca proprio in quel momento, guarendoci dalle ferite o dal bisogno. Abbandoniamoci, perdiamoci nella sua presenza interiore che ci pervade interamente: “…non sono più io che vive, ma Cristo vive in me” (Gal.2,20).

In questi istanti d’intimità con Gesù, egli sta operando una profonda guarigione dell’io interiore e sta ripristinando la stima, l’amore, l’accettazione di noi stessi, la gioia della vita. Ecco che allora sorge spontanea la lode al Signore, perché crediamo che ci sia fatto secondo la nostra fede.

Riti di conclusione

Il Signore sia con voi.
E con il tuo spirito.
Vi benedica Dio onnipotente,
Padre, Figlio e Spirito santo.

La Messa è finita: andate in pace.
Rendiamo grazie a Dio.

Attraverso la Messa, noi possiamo entrare con potenza nella vita di Gesù e sperimentare che le maledizioni dell’esistenza sono cambiate in benedizioni. In Gioele 2,25 il Signore dice: “Vi compenserò delle annate che hanno divorato la locusta e il bruco, il grillo e le cavallette”. Più ci poniamo alla presenza di Colui che benedice, più la benedizione entra in profondità negli strati di sofferenza della nostra vita. Egli è un Dio che sostiene e che benedice.

Signore Gesù, noi ti ringraziamo di averci chiamati alla Messa per guarirci, per riscattarci, per liberarci. Tu ci hai chiamato per darci il potere di guarire i cuori spezzati. Grazie, Padre celeste, perché ci ami tanto. Grazie, Gesù, perché non ci hai voluto abbandonare, ma ci hai donato lo Spirito Santo. Grazie, Spirito Santo, perché ci conduci alla libertà dei figli di Dio. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo. Amen.

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