La legge della Nuova Alleanza: Discorso della montagna.

La storia giunge in Cristo ad un punto culminante, ad una svolta decisiva e definitiva: “Il tempo è compiuto. Il Regno di Dio è vicino”. Questa affermazione esige dagli uomini una risposta: “Convertitevi e credete al Vangelo. Seguitemi”. Non si tratta di mutare atteggiamento o modo di fare in questa o quest’altra situazione, ma di un riorientamento totale della propria vita, di un cambiamento del cuore come centro dei pensieri, dei sentimenti e delle decisioni. Le tre esigenze fondamentali (conversione-fede-sequela) non vengono nei vangeli definite con proposizioni astratte e generali, ma con applicazioni a situazioni concrete: “Dà a chiunque ti chiede”; “Se il tuo occhio è occasione di scandalo, taglialo”; “Non preoccupatevi per quello che mangerete o berrete…”.

Il Vangelo di Matteo riunisce l’essenziale dei precetti morali di Cristo nei capitoli 5-7, cui si da solitamente il nome di discorso della montagna, in cui si può vedere la nuova “legge” di Cristo che viene a sostituire quella antica.

Nel N.T. il rapporto tra Dio e l’uomo è presentato come nuova alleanza. Come l’antica essa ha per fondamento un’iniziativa divina: nell’antica è l’azione di Dio che libera Israele dalla schiavitù d’Egitto, nella nuova è l’azione di Dio che salva l’umanità nella morte e resurrezione di Cristo. Come risposta all’iniziativa di Dio, il popolo d’Israele assumeva alcune obbligazioni contenute nel decalogo e in generale nell’insieme della legge mosaica; così il popolo della nuova alleanza in risposta, come accoglimento e come attuazione della salvezza operata da Cristo deve assumere delle obbligazioni. L’iniziativa di Dio diviene proposta di precetti morali contenuti in gran parte nel discorso della montagna.

Questo richiamo all’antica alleanza non è immotivato: è lo stesso evangelista Matteo che, situando Gesù Cristo nell’atto di pronunciare questo discorso su un luogo elevato suggerisce un parallelo con la legge di Mosé promulgata sul Sinai. Inoltre Matteo accosta una serie di sentenze tratte dalla legge antica a quelle della nuova legge come invito a confrontarle e a rilevare la diversità e novità di quest’ultime.

Interrogativi e difficoltà

Più di un interrogativo si affaccia alla mente leggendo con attenzione il discorso della montagna nelle sue due versioni, quella di Matteo (5-7) e quella di Luca (6,17-19).

Una prima serie di interrogativi riguarda il testo di questo discorso: gli evangelisti Matteo e Luca riportano fedelmente un discorso pronunciato da Cristo in uno stesso luogo, in un momento preciso della sua vita pubblica o si tratta di un discorso risultante dalla composizione e fusione di alcuni detti di Gesù pronunciati in posti diversi e in circostanze diverse? Non si tratta forse del risultato di un lavoro redazionale degli evangelisti che hanno raccolto detti sparsi dando loro una certa unità e un certo ordine? Ancora: come si devono spiegare le divergenze tra la redazione di Matteo e quella di Luca? Secondo Luca, infatti, il discorso non fu pronunciato su di una collinetta, ma in un luogo pianeggiante. In Luca le beatitudini sono quattro e non otto come riferisce Matteo. Inoltre ci sono in Luca quattro maledizioni che mancano in Matteo. Molte cose che Matteo registra, Luca le omette; in Matteo il discorso è molto più ampio che in Luca. Si tratta proprio dello stesso discorso? In caso affermativo, quale dei due evangelisti ha ragione?

Un altro interrogativo: qual è il senso del discorso della montagna? Il fatto che sia prevalentemente intessuto di precetti fa sorgere la domanda se per caso non ci troviamo di fronte a un nuovo legalismo: norme più perfette magari, ma pur sempre della norme. Si tratta in realtà di precetti morali, di norme morali nel vero senso della parola, cui il cristiano deve conformare la sua vita? Rispetto al giudaismo che aveva un culto vero per la legge, questo discorso si differenzia solo per la radicalizzazione delle esigenze o anche e soprattutto perché si colloca in una nuova prospettiva storico-salvifica? In altre parole, qual è il suo rapporto con il lieto annuncio della grazia di Dio, indispensabile perché l’uomo possa liberarsi dagli idoli che ne hanno invaso e occupato il cuore? Tutto si riduce alla dimensione di un comandamento esterno all’uomo, oppure questa esigenza si inserisce nel contesto del dono di una nuova capacità di amare e della creazione di un cuore nuovo, come avevano annunciato i profeti (Ger.31,31-34; Ez.36,26-28)? E’ il classico problema del rapporto legge-vangelo.

Un’altra serie di interrogativi riguarda il radicalismo delle esigenze proposte. Hanno forza vincolante le direttive del discorso della montagna? Vanno tradotte in pratica così come suonano? Sono davvero osservabili? E’ mai possibile non arrabbiarsi mai con gli altri; non offendere mai il fratello; non guardare mai una donna con il desiderio di possederla; non giurare mai; non opporre resistenza al malvagio e a chi percuote sulla guancia destra porgere anche la sinistra; amare i nemici; perdonare sempre; non fare niente per essere visto dagli altri; non mettere da parte denaro; non preoccuparsi del cibo, della bevanda, del vestito; fare agli altri tutto ciò che si vorrebbe fosse fatto a sé; essere perfetto come è perfetto il Padre che sta nei cieli? Tutto questo appare utopico ad ogni realistica valutazione delle risorse effettive dell’uomo. Il discorso della montagna indica una strada percorribile o presenta l’impossibile? E’ in grado l’uomo di attuare queste estreme esigenze?

Un ultimo nucleo di domande sorge sul problema dell’estensione della morale del discorso della montagna al campo sociale. Investe soltanto l’ambito delle scelte dell’individuo e dei suoi comportamenti, oppure ha validità anche nella strutturazione dei rapporti tra i popoli e i ceti sociali? Il discorso della montagna vale solo in ambito privatistico o rivendica il diritto di poter dire una parola orientatrice nei conflitti sociali?

Teologia dell’Alleanza Antica e Nuova – Indice