Dar da bere agli assetati

Che significato può avere quest’opera di misericordia qui da noi, in Italia? E’ vero, oggi si parla sempre più frequentemente di grande siccità, ma non c’é nessuno che patisca veramente la sete, tanto più che, al limite, c’è sempre l’acqua minerale, ci sono le bibite.

Giustamente, perciò, si è portati a dare a quest’opera di misericordia un significato simbolico. Se non c’è nessuno che patisce la sete, sono però molti quelli che soffrono la sete di affetto: vecchi soli e abbandonati, bambini senza famiglia, adolescenti e giovani che non hanno un punto di riferimento, persone sole, fallite nella vita familiare e sociale, emarginate, che non hanno nessuno che abbia voglia e tempo di comunicare con loro.

Spesso sono persone che abitano nell’appartamento accanto, che incontriamo per strada, con cui passiamo ore e ore gomito a gomito; dedicare un po’ di tempo, di attenzione, di affetto a queste persone, con discrezione, con rispetto: questo è un modo di esercitare oggi, da noi, l’opera di misericordia.

Bisogna però allargare lo sguardo sul mondo dove c’è gente che, quando non piove, non ha più l’acqua, patisce la sete e muore anche di sete. E sono decine e decine di milioni di persone. Chi è stato in Africa in periodi di siccità, ricorda le lunghe processioni di donne e bambini, con l’anfora sulla testa, che percorrono chilometri a piedi per prendere un po’ d’acqua nelle ultime sorgenti rimaste: e quasi sempre si tratta di acqua inquinata.

Un miliardo e 250 milioni di persone nel mondo non dispone di acqua potabile; eppure, nel sottosuolo, a profondità più o meno grandi, l’acqua c’è, fresca e potabile….Oggi, perciò, dar da bere agli assetati può significare fornire a un missionario i mezzi per installare una pompa o per scavare un pozzo. Le riviste missionarie sono piene di queste proposte concrete; è il Signore che ci chiede da bere e che in quel giorno ci dirà: “Avevo sete e mi avete dato da bere”.

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