Visitare i carcerati


Oggi non è facile visitare i carcerati, ma è possibile. Si può, per esempio, fare parte di un gruppo o di un’associazione che è autorizzata a entrare nel carcere con i propri membri per “promuovere lo sviluppo dei contatti tra la comunità carceraria e la società libera” (art.17 legge 353/75). Oppure si può essere autorizzati anche come singole persone, in determinati casi. Ma anche nell’assistenza ai carcerati è necessario seguire la logica evangelica del ripartire dagli “ultimi”. Anche fra i carcerati ci sono infatti gli “ultimi”. Questi non sono tra i personaggi-simbolo, scelti dai radicali, né fra i boss della mafia e della camorra, né fra i terroristi, anche se tutti costoro presentano problemi che non si possono ignorare.

Gli “ultimi” sono i poveracci che non possono pagare l’avvocato e sono affidati alla difesa d’ufficio, che in genere vuol dire nessuna difesa, Ci si domanda allora: “Perché fra gli avvocati cristiani non ci potrebbero essere dei volontari che si mettono a disposizione dei detenuti poveri per difendere le loro cause?”. “Ultimi” sono i detenuti stranieri, fra cui moltissimi immigrati dal terzo mondo che si trovano completamente isolati, senza parenti e senza mezzi. Chi conosce le lingue e soprattutto i missionari e le missionarie che conoscono anche i loro paesi, i loro costumi, non potrebbero farsi prossimo, come volontari, di questi fratelli? “Ultimi” sono i giovani drogati, percentuale altissima della popolazione carceraria, che vivono spesso il loro volontario calvario al limite della disperazione.

Ma oggi all’opera di misericordia “visitare i carcerati” bisogna aggiungerne un’altra gemella altrettanto importante: “Aiutare i carcerati a inserirsi nella società”. Tutti ormai ammettono che il carcere non redime nessuno, anzi diventa moltiplicatore di delinquenza. Perciò chi commette un reato deve certamente pagare, ma il meno possibile con la reclusione in carcere e, comunque, se dimostra volontà vera di riabilitarsi deve essere aiutato a farlo, favorendo il suo progressivo reinserimento nella comunità.

Questa è certamente una sfida per la comunità cristiana. Infatti, potremmo ritenerci soddisfatti se come comunità cristiana abbiamo mandato un prete a fare il cappellano in carcere, ma poi lo lasciamo solo e non ci preoccupiamo più di chi sta dietro le sbarre!.

Amen,alleluia,amen.

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