Seppellire i morti

Seppellire i morti era l’opera di misericordia che Tobia compiva durante l’esilio degli ebrei in Babilonia. E’ anche l’opera di misericordia compiuta da Giuseppe d’Arimatea nei riguardi di Gesù.

Oggi ci sono leggi precise che regolano il trasporto e la sepoltura dei morti: è un servizio pubblico. Nessuno potrebbe farlo di sua iniziativa. Come esprimere allora la pietà cristiana per i morti? Anzitutto accompagnando le salme dei propri parenti, degli amici, dei conoscenti, dei compagni di lavoro, dei vicini di casa al funerale.

Ci sono due maniere di partecipare a un funerale: per convenienza sociale e per pietà cristiana. Nel primo caso è solo una presenza che, quando è educata, è rispettosa e silenziosa. Nel secondo caso, è una partecipazione attiva alla preghiera, alla liturgia, all’eucaristia. Evidentemente solo così la partecipazione al funerale diventa un’opera di misericordia.

Ma c’è un secondo modo di esprimere la pietà per i morti: con i fiori e le opere buone. E’ certamente segno di gentilezza e di animo buono coprire la bara e la tomba di fiori. Ma questi ben presto appassiscono. I fiori più belli sono piuttosto le opere buone, le opere di carità: la carità, quindi, come segno di pietà per i defunti.

Vi è, infine, un terzo modo che nasce dalla fede: illuminare il funerale e la sepoltura della luce della risurrezione. Anche se oggi non è più possibile seppellire materialmente i morti, la partecipazione al funerale, vissuta nella preghiera, nella condivisione con i poveri, nella fede innovata dalla resurrezione, diventa un modo diverso, ma luminoso e fecondo di vivere nel tempo attuale la settima opera di misericordia corporale.

Ecco in sintesi come si può anche oggi dare un’espressione concreta ben precisa alle opere di misericordia sia spirituale che corporale. Nessuna di queste è impossibile. Anzi, le mutate condizioni dei tempi offrono nuove opportunità per renderle ancor più significative, dal momento che anche oggi i poveri sono in mezzo a noi.

Amen,alleluia, amen!

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