I veri adoratori

Lectio Divina – 27

GEREMIA

“I veri adoratori”

7,2-7

Introductio.

Lodiamo Dio Padre, nostro Signore, che ci ha chiamato ad ascoltare nuovamente la sua Parola di vita.

Preghiamo Maria Santissima che ci sostenga nel ricevere lo Spirito Santo.

Vieni, Spirito Santo, nei nostri cuori e accendi
In essi il fuoco del tuo amore. Vieni, Spirito Santo,
e donaci per intercessione di Maria che ha saputo
contemplare, raccogliere gli eventi della vita di
Cristo e farne memoria operosa, la grazia di
Leggere e rileggere le Scritture per farne anche
In noi memoria viva e operosa.
Donaci, Spirito Santo, di lasciarci nutrire da questi
Eventi e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, Ti preghiamo, una grazia ancora più
Grande: quella di cogliere l’opera di Dio nella
Chiesa visibile e operante nel mondo. Amen.

Lectio.

Geremia esercitò il suo ministero per oltre quarant’anni, in un’epoca di gravi lutti per la sua patria. Toccò a lui il penoso compito di predire la caduta del regno di Giuda e la distruzione di Gerusalemme, alla quale assistette. Ci è nota la sua vita penitente, trascorsa per ordine di Dio in verginale castità. Perseguitato dai giudei, fu riverito dai babilonesi, che occupavano il territorio di Giuda.

Egli preferirà rimanere in patria per consolare i connazionali superstiti. Ma poi, costretto proprio da loro a rifugiarsi in Egitto perché continuava a predire sciagure.

Geremia, oltre ad essere figura preannunciatrice di Giovanni battista, il precursore, lo fu anche di Gesù, specialmente per l’amore e la mansuetudine dimostrata verso il popolo ingrato. La vicenda è tanto più drammatica se consideriamo che la storia di Geremia non ha una conclusione felice. Baruc la racconta in modo distaccato, anche se non tace i particolari drammatici (capp.37-44). Certo è che Geremia non riceve nessuna aureola. Partecipe della storia sconvolta del popolo, ne vive tutta la crudezza. Pur senza aureola d’eroe, la figura di Geremia è in realtà totalmente riassuntiva del modo che il popolo ebraico ha di concepire se stesso: un popolo di richiamo per gli altri verso il Signore pur nella ribellione, sempre sacrificato e oppresso, ma sempre salvato. Un popolo che è l’eterno miracolo del suo Dio. Per questo non è inutile rammentare come attorno a Geremia e alla sua misteriosa scomparsa fioriscono molti racconti e gli sono attribuiti molti scritti che nella Bibbia non ci sono, perché definiti apocrifi.

In generale con tutto quello che sappiamo della vita del profeta, diventa ancora più forte in noi il senso del giusto oppresso per lo zelo della Casa del Signore e veramente vediamo come tutto il mistero dell’A.T. si concentra su Cristo.

Sta a noi raccogliere con grande attenzione tutti questi frammenti che lo Spirito Santo ha sparso nella storia del popolo, per accostarli e ricomporre il Volto del Signore attraverso tutta la storia che lo ha preceduto.

Non dobbiamo, infatti, considerare la profezia come una previsione in parte azzeccata di quel che sarà, ma un modo di proclamare da parte di Dio in tempi diversi, ad uomini diversi, secondo il loro linguaggio, verso una crescente consapevolezza e totale pienezza salvifica d’adesione al suo progetto sull’uomo, la verità, sempre la stessa.

Tra le profezie contenute nel Libro di Geremia oltre la predizione della caduta del regno di Giuda e della distruzione di Gerusalemme, sono di particolare interesse quelle riguardanti il Messia. Infatti, affermerà che il regno messianico abbraccerà tutti i popoli, e che il Signore stringerà con loro una nuova, eterna alleanza. Nella stessa profezia in cui si parla del Nuovo Patto, si predice il rimpatrio degli israeliti, la gioia dei quali simboleggia quella dei liberati dalla schiavitù del demonio per opera di Gesù Cristo.

Leggiamo il canto attentamente, tutti insieme:

Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che attraversate queste porte per prostrarvi al Signore.

Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Migliorate la vostra condotta e le vostre azioni e io vi farò abitare in questo luogo. Pertanto non confidate nelle parole menzognere di coloro che dicono: Tempio del Signore, tempio del Signore, tempio del Signore è questo!

Poiché, se veramente emenderete la vostra condotta e le vostre azioni, se realmente pronunzierete giuste sentenze fra un uomo e il suo avversario; se non opprimerete lo straniero, l’orfano e la vedova, se non spargerete il sangue innocente in questo luogo e se non seguirete per vostra disgrazia altri dèi, io vi farò abitare in questo luogo, nel paese che diedi ai vostri padri da lungo tempo e per sempre.

Meditatio.

Il profeta mette a nudo la futilità di una cieca fiducia nel tempio e nelle istituzioni religiose, surrogato di una sincera obbedienza ai Comandamenti di Dio (vv.1-5), proibizione di intercedere per il popolo che Dio punisce nonostante le sue pratiche religiose, rifiuto ostinato del popolo di rispettare la volontà divina rivelata al Sinai e con la mediazione dei profeti, severità delle punizioni. Inoltre fa emergere l’ipocrisia della sua gente, per molta della quale il tempio è divenuto un tradizionale luogo di ritrovo senza nessuna incidenza per quelli che sono i veri rapporti con Dio ( rammentiamo l’episodio in cui Gesù scaccia i mercanti dal tempio).

Si tratta anche di un richiamo per noi cristiani. Pensiamo a certi santuari, particolarmente in alcuni giorni o in certe epoche dell’anno: gremiti di gente proveniente da ogni parte: quelli a cui il tempo è così tiranno da impedire la partecipazione alla Messa domenicale; quelli che non pagano, quelli che frodano in alto e in basso, quelli che ingannano la moglie, i curiosi, i tradizionalisti; si ritrovano là, mescolati ai molti che compiono un vero atto di fede.

Il Signore, certo, accoglie tutti, ha una parola di perdono per tutti: eccetto quelli che tentano di mascherare la loro sbagliata situazione con preghiere e offerte che non modificano l’esistenza. Questi il profeta sferza in nome di Dio.

Geremia, infatti, nel 609 a.C. pronuncia il coraggioso discorso alla porta del tempio di Gerusalemme, che gli costerà, come abbiamo già ricordato, persecuzioni e gravi conseguenze, fino al martirio. Tuttavia con quel discorso egli pone le basi di una teologia del culto spirituale; centro di valore e di unità del popolo di Dio è il tempio del Signore. Geremia però insiste sulla necessità di servire Dio in modo sincero senza abbandonarsi ad un culto feticistico, magico ed esteriore del tempio (v.4).

Condizioni per la presenza benevola del Signore in mezzo al suo popolo (vv.5-7) sono la ricerca sincera di Dio, la conversione interiore: in altre parole fare il bene (vv.5-6) ed evitare il male (v.9).

Il genuino culto spirituale non si basa su una costruzione materiale, ma sull’osservanza delle norme morali, specie la giustizia e l’amore fraterno.

Rileggiamo il canto in silenzio, attenti ai suggerimenti dello Spirito Santo.

Contemplatio.

O mio Dio, attraverso le parole ispirate al profeta Geremia, Tu ci fai capire che il culto, in fragrante contraddizione con la vita, è ipocrisia; che l’obbedienza del cuore deve avere la precedenza sul rito esteriore. Questo valeva per il popolo d’Israele, che vedeva nel Tempio di Gerusalemme una garanzia, un segno dell’elezione divina; il ricordo della miracolosa liberazione infondeva la fiducia che il Tempio sarebbe stato sempre un’inviolabile protezione. Tu, inoltre, ci esorti a non accordare fiducia ai falsi profeti; Tu, o mio Dio, pur amandoci d’infinito amore, sei inflessibile nei confronti del male, non ti accontenti del culto, delle parole, dei gesti; sei pronto a mandare in rovina la tua stessa “casa2, se si tenta di barare facendola servire ai propri interessi egoistici. A maggior ragione vale per noi cristiani, che abbiamo accolto da Gesù la “buona novella”, che abbiamo ricevuto il battesimo. Il nostro Maestro ha narrato la parabola del fariseo e del pubblicano per coloro che presumono di essere giusti e disprezzano gli altri. E’ facile per l’uomo cedere in questa tentazione e può esserlo particolarmente per quelli che fanno professione di vita devota. Il fatto di osservare la legge divina, di praticare esercizi di pietà, di fare l’elemosina e qualche penitenza, può suscitare nel nostro spirito non purificato dall’orgoglio, un certo senso di sufficienza, con la segreta convinzione di essere ascoltato a preferenza di tanti, che sono “ladri, ingiusti, adulteri…”.Ma tu, o Dio, la pensi diversamente e al fariseo anteponi il pubblicano, che è peccatore, ma umilmente invoca la tua pietà. Tu, o Dio, leggi i sentimenti sinceri del nostro cuore e gradisci le nostre preghiere solo se parte da un cuore umile, che riconosce con semplicità e schiettezza la propria miseria di fronte a Te, o Altissimo.

Conclusio.

L’uomo deve rinnovarsi nell’intimo, in modo che possa entrare in un nuovo rapporto con Dio, con il Dio dell’amore, che lo viene a cercare con iniziative sempre nuove e immensamente superiori alle più ardite attese. Il culto eterno, la liturgia è importante, ma dobbiamo combattere le degenerazioni che favoriscono una religione formale; occorre dare sempre più spazio al culto interiore dello Spirito, al banchetto della Parola e dell’Eucaristia, perché solo così potremo confrontare le nostre scelte quotidiane con quanto ci indica il nostro Gesù e potremo così “raddrizzare i nostri sentieri tortuosi”.

Grazie Trinità Santissima per questa ora di preghiera.

Sia glorificato ora e sempre il Tuo Nome.