Salmo 19

Preghiera per il re

Ti ascolti il Signore nel giorno della prova,
ti protegga il nome del Dio di Giacobbe.
Ti mandi l’aiuto dal suo santuario e dall’alto di Sion ti sostenga.
Ricordi tutti i tuoi sacrifici e gradisca i tuoi olocausti.
Ti conceda secondo il tuo cuore, faccia riuscire ogni tuo progetto.
Esulteremo per la tua vittoria,
spiegheremo i vessilli in nome del nostro Dio;
adempia il Signore tutte le tue domande.
Ora so che il Signore salva il suo consacrato;
gli ha risposto dal suo cielo santo con la forza vittoriosa della sua destra.
Chi si vanta dei carri e dei cavalli,
noi siamo forti nel nome del Signore nostro Dio.
Quelli si piegano e cadono,
ma noi restiamo in piedi e siamo saldi.
Salva il re, o Signore, rispondici, quando ti invochiamo.

Fin dall’origine del genere umano, gli uomini sentirono il bisogno di manifestare a Dio la loro devozione mediante atti esterni di culto. I primi sacrifici ricordati dalla Bibbia consistono nell’offerta di prodotti agricoli e di parte del gregge (Gn.4,3). Quando poi Israele divenne il popolo eletto, Dio, per mezzo di Mosè, stabilì le norme di un sacrificio sociale perenne, al quale conferì valore d’espiazione.

Il più perfetto tra i sacrifici dell’A.T. era l’olocausto, che consisteva nel bruciare interamente la vittima, alla quale era stata tolta la pelle e il nervo sciatico; questo ultimo a ricordo della lotta sostenuta da Giacobbe con l’Angelo (Gn.33,24-32).

Prima che esistesse il tempio di Gerusalemme, i sacrifici furono praticati nell’atrio del Tabernacolo.

Il salmo unisce due generi differenti: la supplica collettiva e l’azione di grazie individuale.

La prosperità di un paese dipende in gran parte dalla forza e dal benessere del suo re. Ecco perché è sempre esistita, sotto forme diverse, la preghiera per i pubblici poteri.

La circostanza evidenzia un tempo di guerra: il popolo di Dio è stretto attorno al santuario, situato in quel tempo a Gerusalemme. Il popolo è lì, con il suo re, per offrire sacrifici a Dio, per intercedere per la salvezza del sovrano e per conseguire la vittoria nell’incombente battaglia. Mentre l’olocausto viene offerto dal sacerdote, il popolo prega che Dio ascolti le preghiere del re e lo protegga con la sua stessa persona. Questo è il significato dell’espressione “nel nome del…”. Dal momento che la preghiera di Davide era di poter sconfiggere tutti i suoi nemici e di rendere sicuro il suo regno. Il popolo ora non attende che di marciare verso la vittoria e di innalzare gli stendardi di Dio e del re. La preghiera termina con un fragoroso “Dio salvi il re”, che è poi stato adottato da generazioni di monarchi, come preghiera ed espressione di lealtà verso il re e la regina regnanti. E’ a questo punto che interviene una voce solista, molto probabilmente quella del re stesso. Essa dichiara che il popolo è certo che Dio salverà il suo unto, ascolterà la sua preghiera e gli darà la vittoria dal cielo.

Tutto ciò sebbene l’esperienza della sovranità in Israele è stata deludente. Il Libro dei Re conta sulle dita i re che hanno risposto all’aspettativa di Dio e del popolo. Infatti, con l’invasione e l’esilio del 586 a.C., la monarchia scompare. Tuttavia la speranza messianica che essa aveva annunciato e suscitato le sopravvive. La promessa fatta a Davide rimane (2 Sam.7; Ger. 23,5s; Mic.5,1-5).

A livello profetico, il salmo parla in maniera meravigliosa dell’Unto di Dio, il Messia. Da tale prospettiva, il salmo diventa la preghiera del popolo di Dio, soggetto all’antica alleanza, che intercede per la vittoria del Messia 2nel giorno della prova”. Gesù ha parlato del suo momento di tribolazione come della sua “ora”, il tempo della sua Passione e Resurrezione (cfr. Gv.2,4; 7,6.30).

Senza rendersene conto, il popolo prega che Dio protegga Gesù in quell’ora terribile di conflitto, che avrebbe dovuto affrontare da solo. Dal suo santuario in cielo, Dio accetterà l’olocausto della sua vita per noi, offerta di perfetto amore. Sicuramente adesso Dio accorderà a Gesù tutto quello che il suo cuore desidera, che, al contrario di quanto avvenuto in Davide, non riguarda se stesso o il suo prestigio personale. Gesù voleva che tutti gli uomini e tutte le nazioni fossero salvate e giungessero alla conoscenza della verità. Egli ci ha rivelato le intenzioni del suo cuore nella sua preghiera sacerdotale: “Padre…glorifica il Figlio tuo…perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato…perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi un sola cosa, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv.17,1s).

L’autore della Lettera agli Ebrei presenta Gesù come re e sacerdote alla maniera di Melchisedek. Gesù è Re perché “si è assiso alla destra del trono della maestà nei cieli” (Eb.8,1). E’ sacerdote perché è entrato nel santuario celeste (Eb.9,1-14) dopo avere suggellato, nel suo sangue, la nuova alleanza (Eb.9,15-28). In Gesù si realizza la perfetta coincidenza tra il sacrificio e l’intenzione per la quale esso è offerto, l’identità tra la vittima e il sacerdote che la offre. L’autore della Lettera agli Ebrei mette sulle labbra di Cristo quando entra nel mondo le parole del salmista (Sal.39,7-9): “Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato…Allora ho detto: ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà”.

Il Salmo si divide nettamente in tre parti.

Prima parte, vv.2-5. Sono presentate otto richieste. Sacerdoti e cantori in preghiera d’intercessione per il re: “il Signore ascolti”; “protegga”; “mandi aiuto”; “sostenga”; “ricordi e gradisca gli olocausti”; “ti conceda e faccia riuscire”.

E’ struggente, cari fratelli e sorelle, questa invocazione.

I nemici minacciano il paese e il re chiama a raccolta tutti i validi alle armi. L’esercito è in pieno assetto di guerra: occorre assicurarsi la protezione e l’assistenza di Dio. Senza il suo aiuto, a nulla servirebbero armati e carri. A questo scopo i sacerdoti hanno indetto e presiedono alla funzione propiziatrice: un sacrificio solenne offerto nel tempio in favore del re e della spedizione militare. Mentre il profumo delle vittime e le volute d’incenso salgono al cielo, il coro dei sacerdoti innalza accenti accorati d’intercessione e di fausto augurio. Sono giorni di prova: dal suo santuario terrestre, strettamente unito a quello celeste il Dio di Giacobbe, accolga i voti del re e accondiscenda alla realizzazione dei piani di guerra.

Seconda parte, v.6. Le voci dei soldati fanno eco al coro dei sacerdoti: Dio sarà benevolo: vincitori, i soldati tripudieranno per la vittoria, innalzeranno in alto gli stendardi nel canto. Tutta l’assemblea acclamante augura al re la realizzazione dei suoi desideri per il bene della nazione.

Terza parte, vv.7-9. Un assolo finale proclama la certezza della vittoria; il sacerdote officiante pronunzia quasi un oracolo: “So che il suo consacrato sarà vittorioso”. Interviene, a questo punto, il coro e afferma che la motivazione della vittoria sta nell’intervento della destra del Signore: “I cavalli cadono e i carri si piegano; noi stiamo ritti perché confidiamo nel nome del Signore”.

Fratelli e sorelle, Dio soccorre chi confida in lui: anche il giovane Davide vinse su golia; pure i giudici ottennero vittorie strepitose per volere di Dio.

Conclusione, v.10. Il versetto riprende i concetti iniziali d’intercessione: è tutta l’assemblea che guida al cielo, chiedendo l’esaudimento della preghiera, poiché forti nel nome del Signore.

Nel Salmo che abbiamo appena meditato, l’invocazione a Dio esprime un’appartenenza vitale a Dio; la supplica si rifà all’alleanza e si trasforma in un atto di fede. Nel N.T. troviamo alcuni paralleli, quali: “Sia santificato il tuo nome” (Mt.6,9). “Gli apostoli tornarono gioiosi perché erano stati giudicati degni di soffrire per il nome di Gesù” (At.5,41).

Fratelli e sorelle, ciò che rende le preghiere collettive così efficaci davanti a Dio è la promessa di Gesù secondo la quale egli stesso sarebbe stato lì presente. L’intercessione, sia individuale sia di gruppo, deve fondarsi su una fiducia incrollabile in Dio nella sua bontà, nella sua misericordia, nella sua saggezza e nella sua fedeltà alle promesse fatte. A ciò si deve accompagnare un impegno di conversione continua, così che le nostre vite si conformino alla volontà di Dio in ogni cosa ( cfr. 2 Cor.7,14; Ger. 29,12-13; Mc. 11,24; Gc. 5,16; 1 Gv. 3,22).

Amen, alleluia,amen!