STORIA DEL POPOLO EBRAICO
ATTRAVERSO LA BIBBIA

SECONDA PARTE: DAL POSTESILIO A GESU' CRISTO

DOMINAZIONE PERSIANA (538-332 A.C)

Interpretazioni del Giudaismo

Costituitosi nel periodo persiano, il Giudaismo andrà sviluppandosi e deteriorandosi nei secoli successivi. Nell’attesa di conoscerne la maturazione, cercherò di fissare i principi per una sua interpretazione serena ed onesta.

Diverse posizioni di spirito

L’ideale di una storia non impegnata ed oggettiva è da qualche tempo tramontato. Tutti ammettono che una qualsiasi ricostruzione storica, quale ricucitura di determinati fatti visti nella loro concatenazione e presentazione come realtà parlante al lettore, è già un’interpretazione nella quale lo storico impegna tutto se stesso, ricorrendo alle convinzioni e ai pregiudizi propri.

Così un cristiano non può guardare al Giudaismo prescindendo dalla fede quale suo schema interpretativo. Se non che tale mezzo lo può usare in due modi diversi. Cito per primo quello più comune. Si prende la propria fede cristiana, si frappone tra sé e il Giudaismo a guisa di “lente” o di “filtro”, e nel confronto tra i lineamenti dei due “credo” si evidenziano i limiti e i difetti, e gli errori del credo giudaico. Al quale si rimproverano molte cose: l’orgoglio nazionalista e la tendenza alla separazione; una non chiara distinzione tra Regno di Dio e regni degli uomini; il desiderio inconscio di rivincita che, specie negli apocrifi, portava al desiderio di una restaurazione dell’antico Israele; un disancoramento dalla storia accompagnato all’attaccamento “fanatico” al culto; l’osservanza formalistica e meccanica della Legge quale mezzo per legare Dio a se stessi; ecc…

E’ il metodo seguito da Cristo nei vangeli e dagli autori del Nuovo Testamento a cominciare da Paolo di Tarso. Esso ha certo la sua giustificazione storica, ma è un’interpretazione del Giudaismo polemica, parziale, fondata dottrinalmente ma che sul piano storico può riuscire deformante.

“Polemica”, perché dettata dalla “guerra, polemos” in atto tra i giudei rimasti attaccati alle proprie tradizioni e la prima comunità cristiana che considerava l’A.T. ormai superato in Cristo e quindi anche il Giudaismo come una fase della religione da lasciar cadere in nome della novità evangelica.

“Parziale”, perché i cristiani, mentre criticavano il Giudaismo, non potevano certo menzionarne i meriti storici: il polemista, anche onesto, attacca l’avversario nei soli punti deboli.

“Antistorica, deformante”, qualora la critica rivolta dalla prima Chiesa cristiana non tanto al Giudaismo in se stesso quanto ai giudei dell’ultima generazione, chiamati a confrontarsi con la nuova realtà del Cristo, sia applicata anche ai giudei vissuti prima e alla loro religione considerata in se stessa.

Questo metodo, di cui non discuto la legittimità, va applicato nei tempi opportuni, e anche con molta cautela per non fare d’ogni erba un fascio, col non distinguere magari tra critiche da farsi al sistema religioso in se stesso e critiche da rivolgersi ai singoli fedeli. Ad ogni modo ne esiste un secondo, che a dispetto di tale titolo , secondo, sul piano ideale e storico dovrebbe essere anteposto al primo non menzionato.

Questo consiste nel porre il cristianesimo non tra noi e il Giudaismo a guisa di filtro, ma sul fondo, a modo di schermo, in maniera da cogliere il Giudaismo quale ultima fase di quel complesso cammino che ha portato il “popolo di Dio” al suo incontro decisivo con Cristo. In tal modo il Giudaismo, colto nella sua sede storica, può rivelare la propria provvidenzialità. Le sue note caratteristiche, per le quali si differenzia dal passato e dal futuro, acquisterebbero simultaneamente un duplice aspetto: positivo perché preparazione ultima al fatto cristiano; negativo poiché una realtà preparatoria e prefiguratrice è sempre inferiore a quella da lei preparata. Solo quando si sia percorsa questa via si sarà legittimati a battere la seconda, e si farà anche con maggiore sicurezza. Operando, tra l’altro, della buona storia e della buona teologia. La mia valutazione si ispirerà a questa linea.

La mia valutazione

Il lettore può già globalmente capire il contenuto della definizione del Giudaismo quale “religione del libro, della Legge, del culto e dell’attesa messianica”. Non ho che da renderlo comprensibile.

Religione del libro: cessata la mediazione di condottieri, re, e soprattutto dei profeti, la comunità d’Israele si affida ora alla Parola di Dio codificata nei libri sacri (formazione in atto del Canone ebraico). Parola in massima parte legata al passato. Ma non si tratta di parola morta, sacerdoti e rabbini la vivificheranno con le loro interpretazioni attualizzanti, né di parola che riporti ad un attaccamento nostalgico e sterile al passato, nel libro sacro si ricercheranno le motivazioni per vivere il proprio presente e prepararsi al futuro.
Di là di possibili deviazioni da parte dei singoli fedeli ebrei, non è chi non veda l’analogia che si va delineando con la situazione della Chiesa futura, pure ancorata a libri sacri che parleranno di una salvezza proveniente dal passato e ad una voce di Dio fissata in scritture “morte” solo sotto un certo aspetto, mentre le animerà continuamente la vita della Chiesa operata dallo Spirito.

Religione della Legge: la presenza di un codice legale, ove i vari comportamenti del fedele erano già fissati, non significava per il Giudaismo la dispensa dal ricercare il volto di Dio nella vita quotidiana, nel mondo, nella storia. Lo dimostrano la fioritura dei libri sapienziali (caratterizzati proprio dalla fede nella presenza di Dio nella creazione e nella vita concreta dell’uomo), il formarsi delle varie scuole che dalla Legge traevano le motivazioni delle loro diverse spiritualità (le denominazioni o “partiti” religiosi di cui vi parlerò nel periodo seguente). 

Nello spirito del Giudaismo, intanto, la Legge restava uno dei doni principali fatti dal Dio della salvezza al proprio popolo, a segno della salvezza avvenuta e quale coefficiente della salvezza ancora da realizzare. Le deviazioni storicamente rilevabili su tale linea sono frutti non tanto del sistema quanto del suo uso da parte dei singoli che sempre, anche oggi, possono tradire lo spirito e la lettura dei testi fondamentali della vita singola e comunitaria.
Legge (Torah) e Vangelo, nella loro stretta parentela, indicano la strada che la comunità di fede andava percorrendo e che tuttora percorre, trovandovi possibilità e pericoli analoghi.

Religione del culto: il contatto con Dio, sempre possibile in ogni momento della vita, viene ad assumere i suoi momenti forti nel culto sinagogale e in quello del Tempio, scandito sul ritmo del calendario liturgico e segnato dai vari riti.

Anche in tale settore il legame tra Giudaismo e cristianesimo futuro risulta evidente. Coi suoi pregi e con i suoi pericoli. Formalismo, sclerotizzazione, meccanicismo, sono sempre presenti, da una parte e dall’altra. Ma ciò non toglie il dato primordiale che sostiene le due forme di culto: che la strada a Dio, per essere umana, deve comportare una vita di fede che si manifesti esternamente sia a livello personale sia a livello sociale.
L’unica difficoltà, per noi cristiani moderni, consiste nel comprendere certi riti, legati alle concezioni e ai comportamenti di un tempo a noi culturalmente tanto lontano.

Religione dell’attesa messianica: che il giudaismo non sia frutto di un ripiegamento su se stessi da parte di una comunità assediata dall’esterno e che perde i contatti con la storia, lo dimostra l’esplosione dell’attesa messianica. Essa si va facendo sempre più complessa e differenziata, con motivazioni e temi che da una parte possono anche essere giudicati frutto di delusioni storiche ma dall’altra centrano maggiormente sui veri lineamenti del Messia futuro. Il doloroso passato sta maturando la comunità, anche se attraverso un crogiuolo d’esperienze che a tutta prima non è facile ridurre ad interpretazione unitaria. In questo difficile amalgama coesistono elementi caduchi e perenni, a separare i quali giungerà il nuovo atto creatore di Dio nel Cristo; ma è qui che la Provvidenza sta attuando la “pienezza dei tempi”.

E’ dopo l’esilio che si elabora la dottrina messianica nella quale è incorporata la sostanza di tutti gli oracoli profetici…Per gli Ebrei i testi profetici costituiscono la base stessa della speranza nel futuro regno di Dio e del suo Messia. Solo l’immagine del Messia sofferente (DeuteroIsaia) non sembra da loro conservato; i testi che la ricordano servono piuttosto da nutrimento spirituale e di consolazione alle anime sofferenti del tempo.
Innanzi tutto si afferma costantemente il suo universalismo: Aggeo (2,3-9) e Zaccaria (14,6.21), i complementi al libro di Isaia (60,1-6.10-13.19-21; 62,2-5; 56,1-7; 66,18-21) e Malachia (3,1-4; 19-20) sono, con alcune sfumature di espressione, unanimi su questo punto: gli ultimi tempi vedranno un raccogliersi di tutti i popoli nel culto del vero e unico Dio.

I due temi intrecciati della salvezza degli uomini e del Regno di Dio dominano le rappresentazioni escatologiche. La persona del Messia, figlio di Davide, vi ha un certo ruolo, ma alquanto in ombra. Per esempio, i Salmi di Jahvé-Re e della città santa non lo menzionano.
Infine la gioia escatologica degli uomini salvati, sembra spiritualizzarsi poco a poco: è l’allegrezza indicibile di un mondo restaurato nella sua perfezione primitiva (Is.35). E’ la perfetta consolazione degli eletti che Dio prende sulle sue ginocchia come fa una madre coi suoi figli. E’ la creazione di cieli nuovi e di una nuova terra, dove non ci saranno più pianti né grida di angoscia (Is.65,17-24; 66,10-14). 

E’ la partecipazione degli eletti a un banchetto di gioia, offerto da Dio nel suo Tempio, e la soppressione del dolore e della morte (Is.24,1-6. 18-23; 25,6-10). I profeti amano usare immagini del Paradiso ritrovato; i loro continuatori rendono comprensibile poco a poco le contenute intelligibili di queste immagini. Così la salvezza attesa sorpassa di molto i limiti di una restaurazione nazionale: si tratta di una restaurazione del genere umano nella sua condizione primitiva, così come era prima del peccato. E’ una salvezza quale l’attende il cristiano, frutto del sacrificio di Cristo.

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