STORIA DEL POPOLO EBRAICO
ATTRAVERSO LA BIBBIA

SECONDA PARTE: DAL POSTESILIO A GESU' CRISTO

DOMINAZIONE PERSIANA (538-332 A.C)

Israele si riedifica nella propria patria

 

Fonti di conoscenza

Le notizie concernenti questo periodo provengono quasi esclusivamente dai libri di Esdra e Neemia (vedi profeti) costituenti la seconda parte dell’opera cronachistica composta nel periodo ellenista, posteriore al nostro.
Nella loro utilizzazione va ricordato anzitutto la natura “giudaica” di tutta l’opera, molto influenzata da alcune tesi religiose che già la rendono “tendenziosa” ( non necessariamente in senso deteriore) e incompleta. 

L’incompletezza è poi accentuata dal fatto che l’opera cronachistica segue gli avvenimenti fino alla riforma di Esdra e Neemia fermandosi quindi a metà circa del nostro periodo. Infine i nostri due libri contengono varie fonti (cronaca aramaica, documenti ebraici, memorie di Esdra e Neemia) di valore sommamente storico, ma che l’autore, lungi dal manipolare, presenta come sono, raggruppandoli non cronologicamente ma per analogia, in conformità a temi: ostruzione samaritana, costruzione del Tempio, celebrazione della Pasqua, edificazione delle mura, matrimoni misti, ecc…L’ordine cronologico, a me tanto caro, ne resta sovvertito. 

Ne risulta perciò l’impossibilità di ricostruire i fatti narrati nella loro esatta successione. L’esempio più lampante di tale difficoltà è costituito dalla cronologia di Esdra e Neemia: chi fu a operare per primo, Esdra o Neemia? Oppure, come vogliono alcuni, l’attività di Esdra va posta tra la prima e la seconda fase del lavoro di Neemia?

Situazione storica

I re persiani e la loro politica. Come è sorta la potenza persiana? I medi, che avevano avuto parte decisiva nella caduta di Ninive, si erano presi un vasto territorio a nord e ad est della Mesopotamia. In questa federazione di popoli ariani, i Persiani, che fino allora avevano svolto un ruolo secondario, conquistarono il predominio con Ciro il quale, dopo aver vinto il suo sovrano Astiage nel 553, conquistò la Lidia nel 546. Si volse allora contro l’impero neobabilonese, togliendoli dapprima le province periferiche ed entrando finalmente da vincitore in Babilonia nel 539. Nel 538, cioè ad un solo anno di distanza dal suo insediamento, con un editto permise agli Ebrei esiliati di ritornare nella loro patria per riedificare il Tempio di Gerusalemme a spese dello stato, riutilizzando gli arredi sacri che Nabucodonosor aveva rubato (Esd.1,2-4; 6, 3-5).

Ormai, fin che l’impero persiano tramonterà, i suoi re saranno i signori incontrastati della Palestina. Conosciamo tutta la lunga serie dei loro nomi: Ciro (538-530), Cambise (530-522), Dario I° (521-486), Serse I° (486-465), Artaserse I° (464-424), Serse II° (424), Dario II° (424-404), Artaserse II° (404-358), Artaserse III° Oco (358-338), Arses (338-337), Dario III° Codomano (336-330).

Mentre molti di questi re metteranno a soqquadro tutto l’assetto del Medio Oriente e del bacino orientale del mediterraneo (Egitto, Grecia), permetteranno invece al popolo ebraico di attendere pacificamente alla ricostruzione, senza essere coinvolto e travolto dalle turbinose vicende del “gran mondo”.

Come organizzavano i re persiani il loro regno? Più che per le conquiste militari l’impero persiano aveva superato quelli precedenti per l’organizzazione. L’artefice principale di ciò fu Dario I°. Alla testa dell’impero c’era il re, autorità ereditaria non per generazione, ma per destinazione del re. Il suo potere monarchico era assoluto, benché spesso dividesse l’amministrazione con due o più figli che comandavano le varie regioni e in alcune regioni con veri tributari.
La politica generale era basata sulla tolleranza, rispettosa delle leggi e dei costumi legali delle varie regioni. Già Ciro aveva diviso l’impero in satrapie, ma fu Dario che le fece salire a venti, dividendole e organizzandole con nuovi criteri
La Va satrapia, con capitale Damasco, comprendeva la Fenicia, la Siria, la Palestina e Cipro, e si chiamava ‘ABAR NAHARA’ (=oltre il fiume Eufrate). Le satrapie erano divise a loro volta in distretti giudiziari (medinah). La medinah di Jehud (Giudea), staccata da Samaria dal tempo di Neemia, comprendeva cinque capoluoghi (Gerusalemme, Bet.hak-Kerem, Mispah, Bet-Sur, Qe’ ilah).

Le medinah potevano riunirsi in confederazioni, intorno a una sede unica. Dentro una medinah ci potevano essere delle riserve demaniali per formare il “pardes del re”, amministrate da intendenti regi. La satrapia era governata da un satrapo, specie di viceré, capo dell’amministrazione civile, militare e fiscale. Di solito era un uomo di alti natali, membro e imparentato con la famiglia reale, o discendente da principi locali. In pratica questa dignità era ereditaria, benché sottoposta al placet del gran re…grande sfarzo…i poteri del satrapo erano grandi, ma nelle questioni disputate ricorreva a Susa (che divideva il privilegio di essere capitale con Babilonia d’inverno, mentre d’estate diventava capitale Ecbatana.

Sul piano della politica religiosa i principi persiani, benché fossero fedeli al mazdeismo (Ahura Mazda), a Gaumata il Mago e allo zoroastrismo, esclusi alcuni rari esemplari di fanatismo, furono non solo liberali, ma spesso anche diligenti organizzatori dei vari culti dei loro sudditi. Pare, infatti, che la corte persiana conoscesse persino un ministero del culto con periti, cancellieri e scribi, che si preoccupavano delle varie liturgie dell’impero e redigeva, secondo l’indole delle singole religioni, decreti e rescritti.

Questa politica liberale giustifica l’atteggiamento persiano verso la religione ebraica, senza che si debba così ricorrere alla supposizione solitamente avanzata secondo cui i persiani, per propiziarsi i sudditi, avessero agito nei riguardi degli Ebrei in modo speciale per la somiglianza esistente tra il loro culto e quello ebraico (culto di Ahura Mazda di carattere spirituale, non idolatrino: inoltre il suo nome significherebbe: Dio del cielo). Così, Artaserse I° (464-424), anche ammesso che non sia quello di Esdra, è certamente il re nel cui 20° anno Neemia può compiere la sua riforma politico-religiosa nella provincia di Giuda.

Dario II° (424-404) è il re che fa costruire nell’oasi di Elefantina il tempio di Amon, che permette a Banani, segretario del satrapo, di intervenire nel 419 a regolare la festa degli Azzimi, e a Bagohi, pedah di Gerusalemme, di autorizzare la riedificazione del tempio di Jehu devastato. Artaserse II° Manone (404-358) deve avere fatto la stessa cosa per la comunità di Gerusalemme, qualora l’anno settimo di cui parla Esdra si debba riferire a lui. E così avrebbero fatto tutti gli altri re achemenidi, essendo questa una politica piuttosto generale e comune a tutta la mentalità persiana (fatte alcune eccezioni momentanee).

La corte si preoccupava quindi dei sacrifici, delle offerte e libagioni, prevedeva collette sacre, l’esecuzione delle imposte per il clero dei vari culti e l’ordinamento del calendario liturgico e delle feste. Elevarono a dignità di “legge del re” le leggi e i costumi delle singole regioni. Il fondo perciò delle riforme di Esdra e di Neemia…è nella linea politica della corte achemenide.

Vicenda degli ebrei

Tenendomi al disopra della concatenazione dei singoli eventi storici, sempre tanto complessi già per loro natura e qui ancora di più per il modo dottrinale e a tesi con cui ce li presenta la fonte, cercherò di rilevare con la maggior approssimazione possibile le loro fasi salienti.

  1. In Palestina, dopo l’editto di Ciro del 538, la prima carovana rientrò nel 537 guidata da Sheshbassarm figlio del re prigioniero Joiachim, ed era formata da soli Ebrei “entusiasti” decisi a ricostruire il Tempio. I più restarono in Babilonia, poiché la prosperità materiale da loro raggiunta faceva loro preferire la vita sicura in Mesopotamia alle incognite della ricostruzione in Giudea. Essi avrebbero appoggiato l’opera dei rimpatriati con offerte generose, ma sarebbero sempre rimasti lontani. Segno, questo, di un certo indifferentismo religioso diffuso persino nella classe sacerdotale. In tal modo si andava intanto stabilizzando il fenomeno della “diaspora” o dispersione, costituita da tutti quegli Ebrei che vivevano fuori dei confini della madrepatria, in territorio pagano. I lavori della ricostruzione trovarono ostacoli nelle angustie e lotte che si dovevano affrontare per sopravvivere, nella scarsità dei raccolti, nella diffidenza di cui erano circondati i reduci che, dal canto loro, si consideravano il vero Israele contrapposto a quelli che erano rimasti in patria. In più, i mezzi messi a loro disposizione dal governo centrale erano scarsi, ed i contributi promessi per la riedificazione del Tempio tardavano ad arrivare.
  2. Una seconda carovana giunse in Palestina guidata da Zorobabel, figlio di Salatile a sua volta figlio maggiore di Joiachim, nel periodo che va dal 538 al 520. Il cronista pone come capo spirituale di questa carovana il sacerdote Giosué, figlio di Iosadak. Eretto l’altare degli olocausti, celebrata la festa dei Tabernacoli, dopo la colletta si riprese con nuovo ardore l’edificazione del Tempio. Si dovette tuttavia interromperla a causa delle calunnie mosse dall’autorità Samaritana presso la corte imperiale. Verso il 520 il Tempio non si elevava ancora al di sopra delle fondamenta: una vera delusione! In questo periodo sorge il Tritoisaia (Is.56-66) i cui canti in onore della novella Sion vogliono essere un incitamento all’azione dei ricostruttori.
  3. Dal 522 al 520 il regno persiano è scosso da una crisi: morto Cambise, il trono è conteso tra Dario I° da una parte e Gaumata (Pseudo Smerdis) dall’altra, pupillo del clero e idolatrato dalla plebe nonché anche da altri pretendenti. Pare addirittura che torni in auge la potenza Babilonese con Nabucodonosor IV°. Intanto che l’efficiente leadership di Dario il grande si sta imponendo, gli Ebrei si chiedono che senso possono avere questi avvenimenti. In Babilonia sorge allora il profeta Daniele (vocazione al 7 maggio 521) il quale afferma che le forze demoniache in atto non possono né arrestare né annientare il Regno di Dio. Invece, in Palestina, ove si pensava che i lavori di riedificazione di Gerusalemme potessero venire nuovamente bloccati e si considerava vano ogni sforzo in tal senso, ecco entrare in scena Aggeo e Zaccaria. Grazie ai loro incitamenti, dopo circa venti anni dal primo rimpatrio il Tempio fu finalmente riedificato.
  4. La pace assicurata agli Ebrei dalla dominazione persiana, da un lato permise loro di espandersi liberamente in Babilonia e in Persia, in Asia Minore (Sardi, in Egitto (esempio dell’isola di Elefantina); dall’altro non li metteva al riparo da rivalità interne e da difficoltà oggettive nel darsi una strutturazione nuova, aumentate peraltro dalla tentazione di assorbire il clima pagano dell’ambiente. Si levarono allora gli ultimi profeti, tuonando contro l’indifferenza religiosa prodotta anche dal benessere relativo di quel tempo, preparando in tal modo la prossima riforma di Esdra e Neemia. Più o meno in questo periodo collochiamo Malachia, Abdia e Gioele.
  5. Il moto di rinnovamento iniziato con i rimpatriati del 537 era ben lungi da una sua soluzione. Così, negli anni successivi al 450, quando la potenza persiana stava riprendendosi dalle sconfitte subite dai greci, e la Grecia raggiungeva la sua età aurea con la fioritura di statisti, filosofi, poeti ed artisti quali Pericle, Socrate, Sofocle, Eschilo e Fidia, sopravvennero due uomini che all’ebraismo risorto dalla tomba della cattività babilonese diedero un’impronta particolare, rimasta sotto certi aspetti fino ad oggi. Sono ESDRA e NEEMIA, la cui importanza per la storia (religiosa) del mondo non può essere considerata inferiore a quella dei greci. A parte il problema cronologico, posso dire che Neemia, venuto a Gerusalemme per incarico del re persiano, vi ha attuato una riforma civile; in due missioni ha riedificato le mura di Gerusalemme dando sicurezza alla sua popolazione e ha rimesso in sesto la situazione economica; ha regolato poi la situazione dei leviti, rimesso in vigore l’osservanza del riposo del sabbatico, proibito l’uso dei matrimoni misti. Esdra, invece, sempre per ordine del re, ha promosso una riforma religiosa in tutta la satrapia dell’Abar Nahara (Siria e Palestina). Venuto a Gerusalemme alla testa di una carovana di reduci e con i tesori del Tempio, nel corso della prima solennità ha proceduto alla lettura della Legge ( la Torah ebraica, cioè il nostro Pentateuco, fatto da questo momento libro di base della religione ebraica), alla norma dei matrimoni misti e alla stipulazione di un patto nazionale sottoscritto da principi, sacerdoti e leviti.

 

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