Gesù il buon pastore

Gesù il buon pastoreL’evangelista san Marco nel cap.6,vers.30-44, ci narra la notizia del ritorno dei dodici mandati in missione.Questa serve a introdurre il primo racconto importante della cosiddetta sezione del pane.

Al centro di questi due fatti domina la figura di Gesù pastore, che si prende cura amorosa del popolo.

San Marco racconta con questo motivo tematico:“Quando Gesù sbarcò e vide tanta folla, ne ebbe compassione perché erano come pecore senza pastore” (6,34). A san Marco e alla sua comunità la folla numerosa raccolta attorno a Gesù nel luogo deserto ove si trovavano appare come l’antico popolo di Dio in marcia durante il peregrinare dell’esodo.

L’evangelista san Luca riprende il tema di Gesù buon pastore nel cap.15,vers.4-6, utilizzando immagini consuete della vita palestinese dell’epoca: “Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto per andare in cerca di quella perduta finché non la trova? E,trovatala, se la mette sulle spalle tutto contento e,giunto a casa, chiama gli amici e i vicini, e dice loro:Rallegratevi con me perché ho ritrovato la mia pecora, quella che era perduta”.

Gesù ci fa riflettere su una realtà nota ai suoi ascoltatori: la vita del pastore, il suo attaccamento al gregge, l’importanza anche di una sola pecora.

Ebbene, cari fratelli e sorelle, Dio è come un pastore a cui stanno a cuore tutte le pecore, una a una:infatti non esita a lasciare le altre novantanove per cercare l’unica pecora che si è smarrita.

Ma dobbiamo vedere che anche sotto un altro aspetto la parabola suonava familiare agli orecchi degli ascoltatori (così come deve essere oggi per noi): pastore e gregge sono una cosa sola. Come allora ogni israelita sentiva leggere e commentare nella sinagoga il capitolo 34 del profeta Ezechiele: Dio, il vero pastore, si preoccupa delle pecore più deboli, fascia quelle ferite e riunisce le disperse. Gesù, allo stesso modo, ci mostra che la sua accoglienza dei peccatori e di quanti soffrono (Egli partecipa e condivide con ognuno di noi) è conforme alle Scritture. Allora lo scandalo di Scribi e Farisei di ieri e di oggi contraddicono proprio quelle Scritture che essi dicono di venerare.

Fratelli e sorelle, anche prescindendo dall’ambiente culturale e dal retroterra biblico, la parabola è trasparente e parla da sé: basta osservarne la struttura, il centro e alcuni particolari.

Il racconto è diviso in due quadri. Entrambi sono significativi e indispensabili, tuttavia il peso della narrazione cade sul secondo. Il primo descrive l’iniziativa del pastore e la sua ricerca, il secondo la gioia del ritrovamento. E’ questo il cuore del messaggio che ci trasmette Gesù. E’ questo il motivo conduttore che scandisce i tre tempi della storia raccontata nel secondo quadro: la gioia del ritrovamento, la festa con gli amici e i vicini, la gioia del cielo. Nella realtà è la gioia che Gesù prova vedendo che i peccatori e i sofferenti lo ascoltano, credono e hanno fede, dunque un sentimento che egli vuole condividere con tutti. E’ la gioia che in Gesù si fa visibile, è la gioia di Dio Padre per i peccatori che si convertono.

La parabola svolge dunque il tema della conversione? In un certo senso sì, ma da un punto di vista del tutto insolito. La conversione non è vista dalla parte del peccatore, ma da quella di Dio.

Infatti, l’attenzione è tutta concentrata su Dio –su ciò che egli fa cercare il peccatore smarrito e su ciò che prova quando lo ritrova-, non su che cosa debba fare il peccatore per essere riaccolto da Dio.

E’ a questo punto che l’ascolto di Dio, da parte del cristiano convertito, significa in concreto l’ascolto della Parola contenuta nella Bibbia. Il contatto con questa Parola scritta porta, infatti, a una ricchezza di vita inaspettata.

E per chiarire questo concetto, ribaltiamo la situazione iniziale, e pensiamo al pastore che ci ha tratto in salvo.

Leggiamo insieme il Salmo 23.

Il signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca,mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
Sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno
compagne tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.

E’ un Salmo che abbiamo cantato tante volte nella liturgia delle Messe domenicali e feriali, eppure forse non lo conosciamo sul serio. Questo Salmo, il Salmo del Pastore, ci procurerà tanta luce e conforto, perché parla di un pastore, anzi del Signore sotto l’immagine del pastore, come abbiamo meditato all’inizio, e ne sviluppa il simbolo.

In esso si esprime molto bene la tensione spirituale, psicologica, umana e teologica dell’invocazione “Perché tu sei con me”, è un’affermazione che sta, quasi visivamente, a metà del canto, della preghiera del salmista, e riassume tutto in una espressione di grande fiducia: tu sei con me.

Cerchiamo di capire che cosa significa in pratica. Vediamo di sottolineare i personaggi, i soggetti che agiscono nel testo.Sono due:il Signore e io, cioè colui che parla.

Le azioni attribuite al Signore sono nove:egli è il mio pastore;mi fa riposare;mi conduce;mi rinfranca;mi dà sicurezza;prepara una mensa;cosparge di olio:

Nove designazioni che indicano la cura, la premura, l’attenzione, espresse con metafore, con parabole,con simboli:esse definiscono il Signore come Colui che si prende cura di me.

Di fronte a questo soggetto principale, ci sto io che affermo di non mancare di nulla, di non temere alcun male, affermo che il mio calice trabocca;che sento la felicità e la grazia come compagne di vita, che voglio abitare nella casa del Signore.

Si tratta di un dialogo affettuoso, fiducioso, familiare tra il Signore e me:che cosa è lui, che cosa fa per me, che cosa io gli dico.Si tratta di una preghiera semplicissima, che non chiede nulla, non ringrazia, non loda, ma proprio per questo è ricchissima;se poi volessimo esaminare la portata dei simboli che presenta, troveremmo una vastità di applicazioni, come dimostra la storia dell’esegesi del Salmo 23.

Possiamo ora rileggere le strofe dal punto di vista delle immagini.Abbiamo già parlato delle due fondamentali:il pastore e l’ospite, cioè l’immagine del pascolo e della convivialità,dell’ospitalità a mensa.

L’immagine del pastore (Giovanni 10) viene specificata:”su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce”. E’ la sosta del gregge su pascoli verdi e presso ad acque tranquille, si sa come sia difficile trovare un pascolo verde in Palestina: Quando un pastore riesce a scoprirlo, egli è davvero la gioia del gregge; chi ha provato la sete del deserto, può comprendere che cosa significa incontrare qualcuno capace di indicare dove c’è una sorgente d’acqua, magari nascosta sotto le pietre.

Quindi il pastore del salmo sa fare sostare il gregge nei luoghi giusti.

Inoltre sa far viaggiare: c’è infatti l’immagine del gregge in sosta su pascoli erbosi e c’è quella del gregge in movimento, guidato per sentieri giusti, per piste che portano a buon fine. In questo viaggio si può anche camminare in una valle oscura,(pensiamo al deserto di Giuda e alle sue valli pietrose, incassate, dirupate, molto pericolose se di notte ci si perde o se, inciampando,si cade in qualche dirupo!). Il pastore del salmo sa guidare pure in una valle oscura, di notte, tra le tentazioni del mondo.

Le immagini si moltiplicano:quella del bastone e del vincastro. Probabilmente per bastone si intende una mazza corta e adatta a difendere il gregge dai lupi;il vincastro, invece,è quello che oggi è il Pastorale del Vescovo, un bastone lungo ricurvo, su cui il pastore si appoggia, che serve per appendervi in sacco o per tastare il terreno, per tenere lontani i cani randagi. Una metafora molto pittoresca, che evoca tutto quanto il pastore fa per amore del suo gregge, per condurlo; ed è ciò che il Signore per noi.

Seguono le immagini conviviali: “davanti a me tu prepari una mensa”.

Figuriamoci di essere sotto una tenda, su una stuoia stesa per terra, e sulla stuoia cibi succulenti, che si prendono con le mani, si mette un poco di una focaccia in una salsa e vi si intingono bocconcini di carne; figuriamoci di godere ore e ore in questa cena comune. Prima che la mensa abbia inizio, colui che ha invitato cosparge di profumo, “cosparge di olio il mio capo”,come ha fatto Maria di Betania quando Gesù entra nella sua casa.

Sulla mensa c’è un anche una coppa, un calice traboccante di vino spumeggiante, che dà gioia.

Le immagini conviviali sfociano nel vers.6, nell’immagine della casa del Signore:”abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni”;la tenda ospitale diventa, ad un certo punto,il tempio, la casa di Dio, dove si è veramente a casa.

Ho richiamato semplicemente qualche metafora, ma su ciascuna di esse ci si potrebbe fermare per altre riflessioni.

Che cosa vuol dire “acque tranquille” per esempio? Non soltanto pozze di acqua da cui si beve in pace e senza pericoli; in realtà, è evocato un cammino di pace, un cammino spirituale verso la pace interiore, dove ci si ristora alla fine di un lungo e pericoloso viaggio.

Che cosa vuol dire “valle oscura?, tenebrosa? Non è soltanto un dirupo dove non arriva la luce, dove la notte è fonda; nella psicologia della persona umana, è piuttosto la paura del buio della morte, quella paura che affiora nella coscienza e che non si placa, a meno che non venga una voce dall’alto a portare la parola di conforto.

Ecco allora il messaggio: Signore, io non manco di nulla perché tu sei con me, mi dai sicurezza e abito nella tua casa.

Quando rileggiamo il salmo 23, andiamo al di là delle parole per toccare il volto di Gesù presente dietro a ogni pagina e in ogni pagina della Scrittura. Prendiamo spunto da un’invocazione, da una preghiera nella quale esprimo al Signore i sentimenti provati ascoltando le parole di uno o di un altro versetto, ma improvvisamente la preghiera non è più esercizio della mente, bensì della lode, silenzio davanti a Colui che mi si è rivelato, che mi parla come amico, come medico, come salvatore.

E’ così che il cuore del Risorto è in mezzo a noi come il Signore della nostra vita e Signore della storia.

Alleluia,amen,alleluia