Vangelo di Matteo – Discorso della Montagna

NATURA E CONTENUTO DEL DISCORSO DELLA MONTAGNA

Abbiamo già avuto modo di rilevare il suo inserimento nel Vangelo di Matteo dopo i racconti dell’infanzia, il Battesimo, le tentazioni, l’annuncio del regno, la chiamata dei primi discepoli, i miracoli. Si tratta, all’interno del Vangelo di Matteo, di un discorso contenente le esigenze etiche del messaggio di Cristo, preceduto però dal kerigma.

Inoltre l’inizio stesso del discorso è costituito da un annuncio di salvezza: le beatitudini prima di essere un insieme d’esigenze morali sono la proclamazione della salvezza giunta in Gesù Cristo, lieta novella per i poveri, luce per i ciechi, parola per i muti, consolazione per gli afflitti.

Gli studi più recenti sul discorso della montagna vedono in questo discorso compilato dall’evangelista Matteo, uno dei primi catechismi destinato ai catecumeni e ai neobattezzati. A questi che avevano sperimentato la salvezza divina e avevano accolto il dono della fede, era presentata una catechesi di tipo morale come espressione ed esemplificazione della nuova esistenza cristiana. Si comprende così come la legge nasca come conseguenza dell’annuncio del vangelo e sia in realtà un imperativo che poggia e trae valore dall’indicativo del dono salvifico di Dio. Le esigenze etiche trovano il loro fondamento nella vicinanza del regno e nella rivelazione definitiva della volontà del Padre che, liberando l’uomo dall’impotenza di amare, lo chiama ad amare con il suo amore misericordioso e indiscriminato. Vangelo e legge sono strettamente collegati. La salvezza data da Dio è salvezza dell’uomo, trasformatrice delle sue scelte e del suo agire. Il regno si anticipa nella storia rendendo possibile per grazia un precetto di amore altrimenti utopico e illusorio. Il comandamento trova la sua giustificazione nell’ambito delle nuove possibilità aperte all’uomo dall’iniziativa di Dio che è entrato nella storia come donatore di pace salvifica: per grazia siamo persone capaci di ricevere l’appello a cambiare radicalmente mentalità, scelte, azioni, per essere in sintonia con la novità del futuro che ha reso il presente aperto al suo superamento.

Il discorso della montagna non è un codice giuridico e neanche una raccolta di prescrizioni morali.

I tentativi di spiegazione sopraelencati s’accomunano, nonostante le loro divergenze, nel considerare il discorso della montagna come legge e in questo sta il loro errore. Affermare che le esigenze di Gesù non devono essere considerate come una legge o un codice di prescrizioni morali non equivale a negare il carattere vincolante delle prescrizioni di Cristo: significa soltanto porre l’accento che la loro obbligatorietà è di natura diversa da quella di una qualsiasi altra legislazione. Non vengono imposti dei precetti da osservare, ma l’uomo viene chiamato a rispondere al dono della salvezza e a tradurlo nella sua vita.

Si deve tenere inoltre presente il carattere escatologico del messaggio di Cristo.

La caratteristica propria dell’annuncio escatologico di Cristo consiste nel fatto che la salvezza inizia già a realizzarsi nella sua persona e nel suo operare pur non giungendo ancora al suo compimento. In quest’annuncio del regno presente e futuro insieme sta dunque il punto di partenza per l’imperativo morale di Gesù. Poiché Dio accorda il perdono e che avvengono segni di salvezza, per questo c’è già una salvezza efficace, non solo una vuota promessa per il futuro. Ma poiché Dio non accorda ancora l’intera salvezza, essa resta un’offerta, ma anche una promessa, la promessa della totale e definitiva liberazione e del rinnovamento del mondo. Solo colui che ora, nel tempo della salvezza, compie la volontà di Dio, entrerà nel regno di Dio.

Solo da questo punto di vista escatologico l’etica neotestamentaria acquista il suo vero significato. Essa non è un’etica provvisoria, cioè una morale d0eccezione per questo poco tempo che rimane prima della fine, in cui tutta la realtà terrestre diverrebbe completamente secondaria e senza importanza. Essa è invece un’etica escatologica, in cui la realtà terrestre svela il suo carattere di provvisorietà, precarietà, caducità. Il discorso della montagna descrive quale deve essere la vita di un uomo che appartiene al regno di Dio, ciò che significa essere figlio di Dio, come si deve esprimere nella vita la fede in Dio padre rivelatosi in Gesù Cristo.

Quanto dice Gesù non rappresenta un ordinamento completo della vita dei suoi discepoli, né mira ad esserlo; egli in un certo senso dice: voglio mostravi con alcuni esempi come è la nuova vita, e ciò che io vi mostro voi dovete trasferirlo in tutti i settori della vostra esistenza. Voi stessi dovete essere segni del venturo regno di Dio, segni posti ad indicare che qualcosa è avvenuto. Deve apparire dalla vostra vita agli occhi del mondo, e da tutti i settori di essa, che il regno di Dio è iniziato in questo mondo. Dalla vostra vita il regno di Dio deve farsi visibile.

Così nel linguaggio di Gesù spicca un tratto di radicalità se si vuole rigoroso. Gesù però non si presenta semplicemente come un nuovo legislatore, ma anche e soprattutto come il portatore della salvezza divina. Solo perché offre agli uomini l’amore e la salvezza di Dio, egli può e vuole esigere da essi, in nome di Dio, anche grandi cose.

Egli annuncia agli uomini l’illimitata misericordia di Dio e fa appello perciò anche alla più generosa e riconoscente risposta d’amore. Nel tempo escatologico Gesù richiede molto perché molto dona, pretende grandi cose perché egli accorda e promette cose ancora più grandi.

Per quanto riguarda il problema delle norme concrete e della loro attuabilità si devono evitare due posizioni estreme, ambedue errate.

  • Le norme non hanno alcun valore, non rivestono alcun carattere vincolante per l’uomo d’oggi;
  • Le prescrizioni contenute nel discorso della montagna devono essere osservate alla lettera.
  • Mentre la prima posizione è insostenibile per la serietà e la gravità con la quale Cristo presenta il suo messaggio morale, la seconda posizione non regge perché non tiene conto di:
  • Del fatto che il discorso della montagna non è una raccolta di leggi. La natura delle prescrizioni etiche di Cristo è profondamente diversa da quella di una qualsiasi altra legge. Non è richiesta un’esecuzione materiale delle indicazioni etiche suggerite da Cristo.
  • Non tiene conto inoltre del loro carattere paradossale (come abbiamo visto nel capitolo 5). Gesù usa cioè l’iperbole, un modo di esprimersi volutamente esagerato. Sottolineare quest’aspetto non significa per niente svigorire il valore delle richieste di Cristo. Certe affermazioni hanno soltanto il carattere di un’esemplificazione, dato il carattere iperbolico del linguaggio orientale: non è quindi lecito distruggere nella spiegazione delle immagini il radicale punto di vista do Gesù, ma neanche si possono assolutizzare gli esempi. Quando si vuole spiegare il vero senso delle prescrizioni di Cristo, bisogna fare riferimento alla sua vita e ai suoi atteggiamenti. Gesù affermò che non ci si deve arrabbiare (Mt.5,22), ma andò su tutte le furie e non solo una volta (Mt.23). Arrivò al punto di fare una frusta e cacciare i venditori dal tempio (Gv.2,13). Gesù affermò che non si possono insultare gli altri, ma lui stesso insultò e usò parole molto forti contro gli altri (Mt.23). Disse che bisogna dare la guancia destra a chi ti percuote sulla sinistra, ma lui stesso, quando ricevette uno schiaffo, non offerse l’altra guancia; anzi protestò energicamente e reagì con decisione (Gv.18,23). Disse che non dobbiamo preoccuparci per il mangiare, per il bere e per il vestire, ma aveva con sé i discepoli che pensavano a tutto e anche un gruppo di pie donne che gli prestavano assistenza con i loro beni (Lc.8,3) Disse che non si devono giudicare gli altri, ma a proposito dei Farisei affermò: “Fate tutto quello che i Farisei vi dicono, ma non imitate le loro opere, perché loro dicono, ma non fanno” (Mt.23,3).
  • Infine la Chiesa non ha mai considerato i precetti del discorso della montagna come articoli di un codice da applicare. Sempre è stata ammessa la legittima difesa; la norma circa i giuramenti non è stata intesa in maniera rigida, ma secondo il suo intento che è quello della richiesta di una lealtà in tutti momenti della vita. Questo suggerisce la necessità di fare riferimento all’interpretazione che la Chiesa ha dato e da delle richieste del discorso della montagna. Per alcuni problemi che esegeticamente non si possono risolvere con certezza, l’interpretazione della Chiesa deve servire come criterio di giudizio.

In conclusione: la teologia morale cattolica sostiene la possibilità e il dovere di adempiere le prescrizioni morali di Gesù; esse possono venir osservate da uomini che, aderendo a Cristo ed entrando a far parte del regno di Dio da lui annunciato e realizzato, ricevono una nuova vita che si esprime in atteggiamenti e in azioni nuove.

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