Discorso della montagna


Carl Heinrich Bloch - il discorso della montagna

Cari fratelli e sorelle, gli storici antichi avevano definito paradosso un enunciato che andava contro l’opinione comune; in questo senso il discorso della montagna è il più ampio e più radicale paradosso che sia stato mai enunciato, perché per l’uomo la beatitudine consiste nella felicità, la sazieta nella saturità, il piacere è l’effetto dell’appagamento, l’onore è prodotto dalla stima; al contrario, e fin dalle prime parole il Discorso annunzia che per l’uomo la beatitudine consiste nell’infelicità, la sazieta nella famelicità, il piacere nell’inappagamento, l’onore nella disistima, il tutto in prospettiva del premio futuro.

Come possiamo ben comprendere nessun discorso recitato sulla Terra fu più sconvolgente, o meglio, più capovolgente, di questo: ciò che tutti prima definivano bianco qui è chiamato non già grigio o scuro ma addirittura nero; dove prima si sublimava la vetta adesso è posta la base, e dove si sprofondava la base è collocato la vetta. In confronto col Discorso della montagna, le massime teorie operate dall’uomo sulla terra sembrano nulla, come se le parole fossero dette da bambini. E questo capovolgimento è presentato, non già come conseguenza di lunghe investigazioni intellettuali, bensì con un tono decisamente imperativo che trova il suo appoggio soltanto sull’autorità dell’oratore: “Così è, perché ve lo dico io Gesù”.

Oggigiorno tutti si preoccupano di edificare un mondo più felice. Nondimeno nessuno riesce a trovare un progetto adatto per la costruzione. Basta guardarsi un po’ attorno, leggere i giornali, vedere i notiziari alla TV, ascoltare quello che si dice nel quartiere dove si vive e nel mondo, per convincersi che non è facile, se non impossibile, che l’uomo da solo riesca nell’impresa. C’è chi pensa in un modo, chi in un altro. Apparentemente tutti vogliono al stessa cosa, perché tutti parlano di pace, di giustizia, di libertà, di uguaglianza, di felicità. Tuttavia le strade scelte per arrivarci sono le più disparate perché seguono ideologie e filosofie terrene, tanto che sono opposte e contraddittorie. Ed è qui che si inserisce Dio col suo progetto, sino dall’inizio dei tempi, per mezzo del Suo Figlio Unigenito Gesù Cristo.

Gesù ci ha lasciata in eredità il progetto del Padre da realizzare col suo aiuto. Egli ci dice che se lo seguiremo e se orienteremo l’edificazione del mondo e della vita secondo i suggerimenti che vi sono indicati, potremo arrivare a costruire una “casa” molto solida in cui si possa abitare felici e contenti ( Mt.7,24-25)

Non solo Egli ci garantisce che il mondo sarà più felice e che la vita sarà più vita (Gv.10,10).

A questo punto risulta chiaro che il suo progetto per il mondo nuovo è la Parola del padre lasciataci in eredità da Gesù nel vangelo e la planimetria della “casa” è il Discorso della Montagna.

Fratelli e sorelle, per coglierne appieno il senso svolgiamo il progetto sul tavolo davanti a noi e diamogli uno sguardo d’insieme e cerchiamo di immaginarla, di visitarla, percorrendola dall’entrata fin su per i corridoi e le stanze.

Se vogliamo ottenere il massimo vantaggio dalla nostra fantastica visita, apriamo contemporaneamente il Vangelo e cominciamo a leggere quello che ha detto Gesù, la pietra d’angolo che impedisce che la casa crolli.

L’esordio del Discorso della Montagna inizia col dire che la casa della vita che noi dobbiamo costruire deve essere situata molto in alto, perché tutti devono poterla vedere, apprezzare ed imitare. (Mt.5,1-2).

Là sulla collina la prima cosa che vediamo è un cancello molto grande, bello, invitante anche se molto semplice e perfino povero del superfluo. E’ l’ingresso. ((Mt.5.3-2)

Dopo il cancello, si apre uno spiazzo molto vasto che impressiona per la quantità di gente che può ottenere, tanto che sembra infinito.

Per entrare nella casa necessita che oltrepassiamo lo spiazzo, da cui possiamo già immaginare la bellezza. (Mt.5,13-16)

Dopo aver varcato il cancello e percorso lo spiazzo, ci si apre dinanzi un sentiero tortuoso, stretto, aspro, pieno di giravolte che sembra perdersi lungo il crinale e pare stonare con la bellezza e con la semplicità del cancello e dello spiazzo. Ciò nonostante proviamo a percorrerlo, passiamo su di esso senza timore, finché raggiungiamo la scala che viene subito dopo e che apparentemente pare perdersi nelle pendici della collina.Al termine di essa ci si spalanca di fronte un posto stupendo che prelude alla magnificenza della costruzione. La natura ci appare intatta, proprio come Dio la volle quando la creò. Superiamo le difficoltà con coraggio, perché sappiamo che alla fine la casa ci ricompenserà della fatica. (Mt.5,17-42).

Lo stretto sentiero e la scala, a poco a poco, si allargano e ci conducono davanti alla porta principale della casa, che si vede, all’improvviso, là in cima alla collina, molto imponente e non ne siamo affatto delusi. (Mt.5,43-48).

A questo punto entriamo nella casa e varchiamo la soglia, la prima stanza (tralasciando ripostigli e servizi vari) che ci accoglie è una sala molto intima e familiare, odorante di fresco, riservata agli incontri privati dei componenti la famiglia e per le ore di riposo. (Mt.6.1-18).

Accanto a questa sala ce n’è un’altra, destinata al lavoro. Ma tra l’una e l’altra camera quasi non esiste separazione, perché sono state eliminate le porte. Anzi, non sembrano due stanze distinte: sono comunicanti fra loro. Ci si respira un’aria molto pura e gradevole, esente da qualsiasi contaminazione.

(Mt.6,19-24).

Confinate con queste due stanze ma con porta indipendente vi è un salone ancora più grande. E’ il luogo dove la famiglia riceve gli amici e le visite e dove si discutono le questioni del giorno. E’ una sala che ci fa sentire a nostro agio come a casa nostra. (Mt.6,25-34).

Nel cortiletto interno c’è un giardinetto ben curato che collega, tramite un chiostro, alla cucina e al bagno. Questa area è molto importante. Senza di essa la vita che si svolge nelle stanze appena visitate non potrebbe essere così tranquilla. (Mt.7,1-11).

Nella parte posteriore, il luogo più bello e intimo della casa è una veranda, che guarda la vallata sottostante. Vi si gode un panorama di rara bellezza, tanto che ci si può restare per ore e ore senza stancarsi mai. La famiglia vi trascorre la maggior parte del giorno e persino della notte, ogni volta che le occupazioni lo permettono. (Mt.7,12).

Le stanze da letto sono situate al piano superiore. Qui, in pace e serenità, la famiglia vi passa le ore del meritato riposo notturno. Alla planimetria ci sono allegate le istruzioni per i capomastri e i muratori, che devono realizzare l’opera. (Mt.7,13-23).

Ma non è finita; osserviamo anche le fondamenta, scavate in profondità e realizzate in maniera robusta, perché la casa resista alle sollecitazioni naturali. (Mt.7,24-27).

A conclusione del fantastico viaggio abbiamo potuto constatare quale sia la bellezza architettonica della casa, la felicità, la serenità, la pace, che se ne trae abitando in essa. Abbiamo lanciato un rapido sguardo all’edificio della vita, che Gesù ci ordina di costruire, dentro il quale gli uomini si sentono a loro agio. Abbiamo percorso tutti gli angoli, dall’inizio alla fine. Ora sappiamo qual è il contenuto, cerchiamo di approfondirne il senso.(Mt.7,28).

Il fatto è, se ci pensiamo bene, che non esiste al mondo un modello già pronto e definito, in base al quale noi possiamo vedere come si può incarnare il Discorso della Montagna e come si vive la vita secondo ciò che esso propone.

L’unico modello pronto e completo è Gesù Cristo, lui stesso e tutto quello che ha realizzato nella vita vissuta fra noi, qui in Terra.

Sono esistiti o esistono altri modelli, che in un modo o in un altro si sono avvicinati all’ideale: sono coloro che hanno seguito più da vicino Gesù e che hanno saputo vivere il Vangelo nella loro vita.

Quindi, vivere la vita secondo il Discorso della Montagna non è affatto facile, anzi. Tuttavia, come il volto di ogni persona è differente e nessuno è la copia perfetta dell’altro (al limite lo possiamo solo imitare). Il nostro volto ce lo dobbiamo creare, cioè, dobbiamo crearci il nostro modo di vivere, incarnando nell’esistenza nostra il Discorso della Montagna, con gli occhi sempre fissi sul grande ed entusiasmante modello, che è Gesù Cristo.

Se riusciremo in questo in comunione, riaccorgeremmo che i particolari del Discorso della Montagna, benché si tratti di un progetto sempre nuovo e differente, corrisponde esattamente a ciò che noi desideriamo, ciò a cui aspiriamo.

Quindi, il Discorso della Montagna, rappresenta nel suo paradosso, il progetto comune che possiamo immaginare, ecco l’importanza dei cenacoli e della Comunità. Così comune e così semplice che serve a tutta l’umanità perché esso è l’espressione autentica dell’amore divino. Ed è tanto comune, ma tanto comune, che è al di fuori dal comune. E’ così semplice, ma così semplice, che diventa perfino difficile a realizzarsi. A noi umani, che siamo nati dal peccato, piace tanto complicare le cose. Solo i semplici e gli umili riescono a capire e a realizzare ciò che ha insegnato Gesù, perché Egli ha colto in pieno le esigenze dell’uomo: e non poteva essere altrimenti!

Concludiamo questa esposizione rammentandoci le parole dette da Gesù in Matteo 18,3: “..e disse: Ve l’assicuro, se non cambiate e diventate come bambini, non potrete entrare nel regno dei cieli”.