Dove sei?

In Genesi c’è una parola,“Dove sei?”, che pone alcuni interrogativi che cercheremo di risolvere.

L’albero del bene e del male.

Adamo e Eva - Peter Paul RubensChiariamo in modo definitivo che si parla fin troppo della famosa “mela”, a volte anche a sproposito. L’albero in generale è un simbolo sapienziale. “Bene e male” sono due poli estremi dell’ordine morale e indicano la totalità della realtà sotto il profilo morale-religioso. Un’espressione popolare si ha quando si indicano i due estremi per abbracciare tutta la realtà tra loro contenuta (esempio notte e giorno, per dire sempre; sopra-sotto, per dire dappertutto). Situato su questo sfondo, il peccato ha attinenza a un problema che coinvolge la profondità dell’uomo: perché non posso essere io a fissare ciò che per me è bene in modo tale che lo sia veramente e senza possibilità che un altro vi si inserisca?

Anche il verbo “conoscere” è collegato in ogni ceppo linguistico a qualcosa di arcano e, in particolare, in ebraico connota l’idea di dominio, suggerita dal riferimento alla parola “mano”, che insieme con il braccio e con la destra, appare come elemento risolutore delle battaglie. Conoscere bene e male significa, quindi, assicurarsi il dominio di tutto ciò per cui il bene si distingue dal male. Ora questo è un attributo proprio di Dio. Affermare che l’uomo stende la sua mano e mangia il frutto dell’albero della sapienza è come dire, mediante un linguaggio convenzionale, che egli vuole dominare e determinare tutta la realtà sotto il profilo del volere religioso-morale per conto proprio. Ma tutto ciò equivale a essere come Dio.

In altre parole, il grande peccato consiste nel volere che quel che facciamo sia bene solo per il fatto che siamo noi a farlo. Quindi, peccato di “autonomia” in contrapposizione a Dio, di attacco alla sfera di Dio, di appropriazione indebita di una prerogativa esclusivamente divina, in pratica di ateismo, che in fondo è il desiderio che Dio non ci sia, rifiuto di fidarsi e di appoggiarsi su di Lui, mancanza di fede. Insomma, esasperata volontà di dominio, che, invece di mettere a disposizione la propria libertà al piano di Dio per lavorare con Lui da alleati per edificare quella storia che porta fino all’albero della vita, erige la propria libertà a valore assoluto, tentando di determinare la realtà per altra via che non sia quella della Rivelazione, della Parola di Dio, della sua Sapienza. Il peccato originale non può, quindi, essere ridotto a una particolare forma di peccato sessuale per esempio; è, invece, il peccato radicale dell’uomo, che è sotteso a tutti i vari peccati personali e da loro è costantemente manifestato.

Nessun testo antico, al di fuori della Bibbia, spiega l’esistenza del male sulla terra col male dell’uomo. E’ esclusivamente biblico-cristiana la concezione etico-religiosa di un peccato che comporti libertà, volontarietà, autocoscienza, relazione a un Dio personale.

Il rifiuto del disegno di Dio.

“Il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: “Dove sei?”. Rispose: “Ho udito il tuo passo nel giardino (in ebraico “Gan Eden”): ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto”. Riprese: “Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?” Rispose l’uomo: “La donna che mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato”. Il Signore Dio disse alla donna: “Che hai fatto?”. Rispose la donna: “Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato”.

Questo dialogo serrato tra Dio e l’uomo fa emergere la confusione, l’oscurità, la vergogna del peccato dell’uomo. Quattro volte parla il Signore e i primi tre interventi sono domande precise: Dove sei? Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Che cosa hai fatto?

E le tre domande perentorie sono seguite da una terribile profezia che indica uno stato di inimicizia e di divisione all’internon dell’esperienza umana e della storia.

Alle quattro parole di Dio, tre volte rispondono gli uomini e lo fanno con risposte timide, incerte, reticenti e, in parte menzognere. Adamo afferma di avere paura, paura di Dio. Denuncia così un rapporto falsato con quel Dio d’amore in cui non sa più riconoscere il Padre, il Misericordioso di cui non scopre più il volto. E aggiunge, accusando Eva: la donna che mi hai posto accanto mi ha dato dell’albero e io ho mangiato. Denuncia quindi anche un suo rapporto irresponsabile con la compagna della sua vita, ributtando su di lei la colpa che gli rimorde la coscienza.

Da parte sua la donna, in timore e confusione, risponde: il serpente mi ha ingannata, mostrando un rapporto irresponsabile con se stessa, con la sua colpevolezza personale, con la chiarezza delle sue responsabilità.

Nell’insieme, Adamo ed Eva, con le loro parole, sottolineano la divisione, l’oscurità, la confusione che derivano all’uomo dallo stato di peccato, cioè di lontananza da Dio.

Esaminiamo la costruzione più da vicino.
“Dove sei?” è la domanda che Dio rivolge ad Adamo e a ciascuno di noi, uomini di ogni tempo e di ogni luogo. Ogni volta che Dio pone una domanda di questo genere non è perché l’uomo gli faccia conoscere qualcosa che lui ancora ignora: vuole invece provocare nell’uomo una reazione suscitabile per l’appunto solo attraverso una simile domanda, a condizione che questa colpisca al cuore l’uomo e che l’uomo da essa si lasci colpire al cuore.

Adamo si nasconde per non dovere rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita. Così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo. Per sfuggire alla responsabilità della vita che si è vissuta, l’esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento. Proprio nascondendosi così e persistendo sempre in questo nascondimento “davanti al volto di Dio”, l’uomo scivola sempre, e sempre più profondamente, nella falsità e nella paura.

La paura di Adamo ha segnato tutta la storia, ha segnato l’umanità che teme Dio immaginandolo come un tremendo punitore, che ha paura della morte, della sofferenza, di ogni forma di privazione o di pericolo. Rifiutando Dio, noi e la nostra società non andremo lontano e le conquiste del progresso potranno essere addirittura la nostra babele e la nostra morte. L’unica risposta al “Dove sei?” di Dio, è una parola che stenta a salire dalle labbra di ogni uomo, proprio perché si è perso di vista il vero volto di Dio: “Ho peccato contro di te!”.

“Dove sei?”. Questa voce non giunge, infatti, durante una tempesta che mette in pericolo la vita dell’uomo; è “la voce di un silenzio simile a un soffio interiore”, ed è facile soffocarla. Finché questo avviene, la vita dell’uomo non può diventare cammino. Per quanto ampio sia il successo e il godimento di un uomo, per quanto vasto sia il suo potere e colossale la sua opera, la sua vita resta priva di un cammino finché non affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. Ecco, qui inizia il cammino dell’uomo e la sua risposta.