Gesù è morto per noi

Le vicende internazionali di questi ultimi mesi (torri gemelle negli USA, guerra in Afghanistan, medio-oriente ecc) hanno provocato in tutti noi non solo sconcerto, ma anche timore verso il futuro e disagio sul senso della vita.
Il mistero della Pasqua che abbiamo celebrato quest’anno ha qualcosa da dirci con riferimento a tutto quanto è accaduto e sta succedendo?

Gesù che soffre, muore, risorge è la risposta più vera alla domanda fondamentale della nostra vita: perché noi esistiamo, che senso ha la nostra vita? La nostra vita ha un senso nella misura in cui, come quella di Cristo, diventa un dono per amore.
La Pasqua è stata rinascita, in altre parole passaggio alla vita nuova. Cristo è la nostra Pasqua: in Lui la nostra umanità è passata dal peccato alla libertà. La Pasqua è stata la contemplazione della passione, morte, e resurrezione del Signore Gesù, per questo contempliamolo vivente tra noi in Spirito, come duemila anni fa. La Pasqua è sempre un mistero che ci coinvolge: non ne siamo solo spettatori, ne siamo partecipi, e destinatari.

Il triduo pasquale si era aperto, come preludio, con “la cena del Signore”, il giovedì sera. Quella celebrazione ha affermato che noi siamo chiamati, invitati a divenire “corpo di Cristo”, quindi Eucaristia per gli altri, per passare con Lui dalla morte alla vita.

Consideriamo i gesti e le parole di Gesù nell’ultima cena e lasciamoci coinvolgere: ” Ho desiderato ardentemente mangiare questa pasqua con voi”, ho sognato e atteso di condividere con voi questo passaggio di liberazione, di morte e risurrezione. “Con voi: vale a dire con Giuda, con Pietro, con Giacomo e Giovanni…con coloro che poi lo avrebbero venduto, rinnegato, tradito, abbandonato…Probabilmente noi avremmo detto: non ho desiderato, ma mi dispiace assai. Colpisce come Gesù dia fiducia di là dei fallimenti e tradimenti. Egli gioca la sua vita con loro e per loro e per noi.
Signore, ti ringrazio perché mi dici: “Ho desiderato ardentemente di magiare questa pasqua con te. Io, noi, tutti non siamo meno degni di Pietro, Giovanni, Giuda…ma questa sua fiducia incondizionata ci rinnova e ci dà coraggio.

“Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”. Ha affermato che quel pane e quel calice contengono la sua vita, la sua forza, il suo amore, la sua fedeltà. L’Eucaristia è il modo più bello di Gesù per spiegare che la sua vita è stato un dono offerto a tutti, offerto a noi, un dono che ognuno di noi è invitato a fare proprio, al punto da “mangiarlo”. In tal modo Dio ha dichiarato che ci ama proprio “da morire”, che nulla può fermare il suo amore per noi.

Osserviamo anche la lavanda dei piedi. Con la parola comunitaria, aveva raggiunto l’insieme del gruppo, ma con questo gesto raggiunge ognuno personalmente. Ha dovuto allora guardare ciascuno negli occhi, con amore particolare, chiamandolo con il suo nome. Davanti ad ogni tradimento Gesù offre se stesso in ginocchio, e lava i piedi, compiendo in quel modo un gesto che facevano gli schiavi: quando uno entrava nella casa e aveva i piedi impolverati, si faceva un gesto di servizio lavandogli i piedi.
Lavò i piedi di Pietro, perdonandolo in anticipo, poiché qualche ora più tardi egli lo rinnegherà tre volte. Lavò i piedi di Giuda, come se gli dicesse “Ti amo, qualsiasi cosa succeda, ti amo e ti amerò sempre; conosco la tua fragilità, le tue ferite; conosco la gelosia che abita nel tuo cuore; so che il demonio ti ha conquistato; ma io ti amo, voglio che tu viva, che tu sia libero dalle tue paure, soprattutto dal diavolo.

Questo è l’amore di Dio, questo è l’amore di Dio per noi, per me, per te! Lasciamoci coinvolgere!Venerdì fu il giorno della contemplazione della croce. E’ importante, è fonda,mentale per tutti i cristiani trovare le risorse coraggiose di sostare sotto la croce.
Molto spesso ci sentiamo a disagio sotto la croce, davanti a Gesù crocifisso. Non solo perché di fronte alla morte si prova sempre una certa difficoltà, ma soprattutto perché quel Signore Gesù, quel giusto che è morto in croce ci rammenta che anche oggi come ieri siamo capaci di dare morte, che è possibile ancora ai nostri giorni che vi siano crocifissi e crocifissori, circondati da una moltitudine d’indifferenti, di nuovi Pilato che se ne lavano le mani, che tacciano davanti alle ingiustizie.

Quel crocifisso ci ricorda che ancora oggi noi siamo capaci di dare morte quando coltiviamo nel cuore sentimenti di tradimento, forze di divisione, di condanna, di giudizio, interessi di parte e di rivalsa, un senso d’amarezza, delusione, solitudine, accusa…Le logiche di morte sono ancora terribilmente forti e potenti attorno a noi ed anche in noi. Anche noi siamo capaci di mettere a morte il Giusto.

Ma la croce quella sera ci ha parlato anche di un Amore senza limiti, un amore più forte d’ogni forza di morte. L’evangelista Giovanni dice: “Li amò sino alla fine”, li amò così tanto che di più non si può neppure immaginare. E continua a farlo ancora. Infatti, se ci pensiamo, durante tutta la passione Gesù ha avuto gesti di misericordia verso tutti: per Giuda, che lo sta tradendo e vendendolo ai nemici, lui lo chiama amico; per Malco che era rimasto ferito ad un orecchio da Pietro mentre lo andava ad arrestare al Getsemani, Gesù compie il miracolo di risanarlo; per coloro che sotto la croce lo stavano deridendo: “Se sei figlio di Dio scendi dalla croce” ( credo non sia possibile una sofferenza peggiore di quella di morire per salvare una persona e venire proprio da questa deriso) per costoro Egli prega il Padre.

“Perdonali, perché non sanno quello che fanno”; lo stesso con l’uomo che gli sta crocifisso accanto e che lo implora: “Ricordati di me, quando sarai nel tuo Regno” ( se noi fossimo stati là, certamente avremmo suggerito al Signore: ti sei preoccupato degli altri in tutta la tua esistenza, non hai mai avuto tempo per te, almeno ora che sei giunto agli ultimi istanti della tua vita, almeno ora lascia stare l’uomo e pensa a te stesso, preparati a morire) Gesù invece ha parole d’attenzione e di speranza anche verso l’uomo: “Oggi sarai con me in paradiso”; per non parlare di sua madre: era l’unico affetto che gli era rimasto, l’unica cosa bella che gli potesse dare consolazione, forza e sostegno nel patire, eppure anche di lei ci fa dono: “Donna, ecco tuo figlio”. E non dimentichiamo il suo atteggiamento verso gli apostoli: erano amici, stavano insieme con lui da anni, eppure durante la passione tutti sono fuggiti, lungo la via del calvario tutti l’hanno lasciato solo al punto tale che per portare a termine l’orribile tortura i Romani hanno dovuto arruolare uno straniero, uno di Cirene, eppure anche con loro, quando appare dopo la risurrezione, non dice: “Adesso facciamo i conti!”, dice soltanto: “Pace a voi”. Ecco chi è quel crocifisso, ecco chi è il nostro Dio, il Dio dell’amore senza limiti.

Ma voglio invitarti a riflettere su un particolare: il cuore trafitto e “chinato il capo, spirò”. I Padri dicono che “Il chinare il capo è il gesto di chi si addormenta, di chi entra nel sonno” (Gesù entra nel sonno della morte), e tale gesto ricorda la scena primordiale del giardino di Dio, dove a Adamo è tolto, nel sonno, il fianco perché sia formata Eva. Perciò dal costato aperto di Cristo nasce la Chiesa, così come dal costato d’Adamo è tratta Eva. Noi siamo nati da Cristo, Egli di noi dice: “E’ osso delle mie ossa, carne della mia carne”.
Quel corpo deposto dalla croce è l’amore di Dio consegnato a noi! Lasciamoci coinvolgere!

Il giorno del sabato è stato il giorno dell’attesa, il giorno della speranza. Maria, la madre di Gesù è stata il grande esempio: lei come avrà atteso la resurrezione di Cristo? Il sabato santo è stato il tempo della riflessione dove a tutti si chiede di prendere in mano la propria vita per confrontarla con quella di Gesù. E allora siamo disposto morire con Lui per risorgere con Lui? Non esistono riti che possano sostituirci, c’è solo la vita; non possiamo nasconderci dietro la facciata di gesti rituali, c’è solo la nostra risposta personale di fronte allo scandalo della croce. Il tempo della decisione, per riappropriarci della Parola, per rivivere il nostro “sì” a Dio pronunciato nel battesimo, per riscoprire la verità di un amore che si fa pane per il cammino, certezza per il,presente e speranza per il futuro. Tutto tace, ma una voce la possiamo sentire se ascolteremo non con la testa, ma col cuore.

La notte di Pasqua siamo stati raggiunti da un annuncio che ci ha riempito di gioia e di meraviglia: Cristo è risorto, e anche noi, con Lui, siamo passati a vita nuova.
Quella notte è risorto quel Gesù che aveva vissuto una vita nell’amore, nel dono, nel servizio, nella bontà, nella disponibilità, nell’attenzione agli altri. E’ risorto quel Gesù che all’interno di una condanna dettata dall’ingiustizia e dall’odio seppe seminare gesti di novità rivoluzionaria: “Padre, perdonali perché non sanno quel che fanno”. E’ risorto quel Gesù che dentro l’insignificanza della morte e la tragicità della croce seppe gridare “Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”.

Gesù lasciò il sepolcro e ritornò, da vivente, nella storia. E’ questo l’annuncio potente, di novità e di speranza. E’ l’annuncio che da tempo le genti attendevano e che finalmente si è compiuto: la morte è vinta, il nostro peggiore nemico è vinto. Sì, perché è la paura di morire che ci fa morire un poco ogni giorno. E’ la paura di essere servi, di impegnarci fino in fondo per ciò in cui crediamo, è la paura di morire nel perdono, nel servizio, nel dialogo, nell’accoglienza, nella disponibilità…che ci spegne interiormente. Chi può accettare di farsi espropriare la vita, chi può accettare di morire da servo, nell’amore, se non chi ha la certezza di una vita risorta? Ecco la grande e stupefacente forza della risurrezione: la morte è stata vinta, l’ultima parola spetta alla vita, all’amore, alla speranza. Nel crocifisso risorto ogni crocifisso risorge.

La risurrezione è l’annuncio di un Dio che non è insensibile di fronte al soffrire dell’uomo, di fronte alle stragi delle strade, di fronte alle stragi delle cosche mafiose, di fronte alle guerre, alle violenze, agli odi, alle vendette che insanguinano la nostra storia e la nostra vita. La risurrezione è l’affermazione che la paura definitiva del nostro travaglio e della nostra storia non sarà la morte, l’ingiustizia, la violenza…ma sarà la vita e tutto ciò che è legato ad essa. La risurrezione è l’annuncio che le logiche della prepotenza, dell’arroganza, della superbia, del razzismo e quant’altro non hanno futuro. La storia, il futuro è affidato ai poveri, ai miti, agli operatori di pace perché…loro sono beati!

La risurrezione, quindi, non è un bel sogno; è una meravigliosa realtà che ci coinvolge. La risurrezione è la possibilità di porci all’interno, in prima persona, in questa storia sempre nuova. Dovessimo anche morire per questo, dovessimo donare la vita per il compimento di questa novità…sappiamo che risorgeremo con il nostro domani, perché il domani ci appartiene; sappiamo che con Gesù, il Vivente, saremo anche noi vincitori, sappiamo che nella nostra capacità di essere miti, servi, poveri…avremo domani la possibilità di giudicare la storia, di riconoscere ciò che è stato autentico e ciò che non lo è stato, ciò che ha dato la vita e ciò che ha dato la morte.

La salvezza si è compiuta da duemila anni…e questo ci deve bastare per continuare a costruire salvezza. La risurrezione si compie nelle piccole e grandi cose di ogni giorno, dove cresce la nostra voglia di pace, di giustizia. La risurrezione si compie nelle attenzioni ai malati, sì anche quello che abita accanto, agli anziani di casa nostra, all’attenzione ai bambini, ai piccoli, alle persone amiche e non che sappiamo avere bisogno di aiuto, di essere ascoltate con gentilezza, dolcezza e umanità…quanti sono i gesti di risurrezione, di vita affidati alla nostra immaginazione.
Ecco, quindi, l’annuncio della Pasqua appena celebrata: noi siamo risorti con Cristo! In noi, da quel giorno, si incarna la presenza del Risorto.

Amen,alleluia,amen!