L’uomo della vita eterna

Se tutto ha un termine, anche la supplica a Dio: “Insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore”, deve giungere alla fine. Tutto ciò che “conta”, che “vale”, oltre lo spazio del tempo determinato spettante ad ogni vivente, non verrà mai meno.

E’ certo, quindi, che l’uomo interiore, abbandonando la sfera corporale, sensoriale, sensitiva, visibile, materiale, s’incontrerà con lo spirito di Dio in Gesù e nello Spirito Santo, e approderà alla vita eterna. Pertanto a noi interessa sviluppare la dimensione ultraterrena dell’uomo destinato alla vita eterna, affinché non approdi distratto, impreparato, per caso, senza consapevolezza, senza responsabilità di coscienza, senza conoscenza di fede su ciò che l’attende.

Quest’uomo della vita eterna, sei tu, siamo noi, uomini di questo tempo in cammino verso il termine ultimo, di cui non sappiamo il “quando, come, dove”. Dal vangelo parte la pedagogia della vita eterna. Infatti, nel Vangelo, Cristo traccia il percorso interiore di ciascun uomo in modo quasi circostanziato, raccontato attraverso gli avvenimenti quotidiani, costruito con il cuore e la mente di colui che ha preso dimora in mezzo agli uomini.

Dall’Incarnazione alla Pasqua, dalla Pentecoste alla Chiesa degli ultimi avvenimenti , è avvenuta nel mondo “l’invasione dell’eternità”. Così si esprime l’evangelista Giovanni: “In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il verbo era Dio. Tutte le cose furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla e stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini….La luce vera che illumina ogni uomo stava per venire nel mondo”. In Gesù, Figlio di Dio, l’eternità dilaga nella storia degli uomini e del cosmo. La sua presenza: “Egli era nel mondo e il mondo per mezzo di lui fu fatto e il mondo non lo riconobbe”, sfuma, nel disinteresse della ragione e della fede, avendo l’uomo invaso con la sua temporalità il posto della divinità, del Creatore, della Provvidenza e del Padre che attende il ritorno dell’umanità.

Egli provoca l’incontro nel Cristo, nello Spirito Santo, nella Chiesa, nella divina rivelazione mediante la sua Parola. Tuttavia “venne nella casa, e i suoi non l’accolsero“. La cecità, la durezza del cuore, l’orgoglio del superuomo chiudono l’uomo in se stesso, rendendolo insensibile alla voce di Dio nella storia e sulla strada del quotidiano, in cui ogni uomo cammina verso qualcosa e verso qualcuno che, purtroppo, non sa più leggere con gli occhi della trascendenza e dell’inquietudine agostiniana: “Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te”.

Occorre recuperare l’incontro con Cristo: “Senza di me non potete far nulla”; bisogna rinascere dall’acqua e dallo Spirito Santo: “Dovete nascere dall’alto”; è necessario convertirsi sulle tracce del figliol prodigo: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio, trattami come l’ultimo dei tuoi servi”. Dentro questo spirito di umile accoglienza del proprio mistero, i giorni si riempiono di Dio. Contarli non è più necessario.

“Tutto il giorno ti chiamo, o Signore, verso di te protendo le mie mani” (Sal.87,10).
“Ricordati quanto è breve la mia vita. Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo? I pensieri dell’uomo non sono che un soffio. Chi è uguale a Te, Signore, Dio degli eserciti?” (Sal.88,9).
Amen,alleluia,amen!

Gesù, insegnaci a vegliare e ad aspettare il nostro giorno

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