L’uomo in esilio

Quando cerco Gesù, percorrendo la strada dell’Incarnazione, nel tentativo di realizzare pienamente me stesso secondo la sua Parola, io mi riconosco, coscientemente, uomo in esilio, lontano dalla terra promessa, dalla patria, dalla beatitudine eterna. Tutti gli uomini sono in esilio, poiché la nostra dimora non è la terra e i suoi beni materiali e visibili, bensì il cielo e i suoi beni invisibili, dove Cristo stesso si trova alla destra del Padre.

Ci sono uomini che si considerano in esilio pensando a quei beni e a quei traguardi umani secondo la mentalità del mondo, nella quale certamente conta l’esaltazione dell’uomo in quanto artefice di se stesso, del mondo, della storia, essendo in possesso di poteri scientifici, politici, economici, tecnologici e culturali di valore indiscusso. Tra essi, egli fa dipendere il suo progresso e la conquista della signoria del regno dell’uomo i cui confini s’identificano con i confini stessi dell’universo.

L’uomo del terzo millennio ha piazzato il seme e la radice della sua presenza nella profondità del mistero e dell’atomo come negli spazi celesti. Nessuno può fermarlo nella corsa per il dominio del mondo, nel quale non si considera in esilio, anzi, giudica importante la sua radice terrena, la sua mutevolezza, finitudine, temporalità, perché in queste reali dimensioni, egli pensa di sottrarsi alla mortalità, alla precarietà, alla contingenza e al provvisorio.

Gesù mette in guardia chiunque da quest’illusoria filosofia quando afferma: “Guardatevi dai falsi profeti, i quali vengono a voi in veste di pecora, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li potrete riconoscere” (Mt.7,15-16).

Quindi siamo esiliati in un mondo che non conosciamo. Eppure la terra, e tutto ciò che contiene, e il cielo, con tutto ciò che possiede, narrano la gloria di Dio creatore e non dell’uomo rapace e divoratore della grandezza altrui. Non abbiamo “nella e sulla” terra la nostra patria, il nostro paradiso, la nostra felicità, la nostra pace integrale. La nostra patria è il cielo, ossia Dio raggiunto mediante Cristo, Salvatore e Maestro di vita che porta al cielo. San Paolo ammonisce: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rm.12,2).

Vivere secondo Dio contribuisce a fortificare la speranza e l’avvento della sua giustizia, poiché la fede in lui si traduce in un cammino che va oltre i confini dell’esperienza terrena.
“Giustificati per la fede, siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo. Infatti l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm.5,5).

Il “canta e cammina” di S.Agostino passa attraverso l’uomo della croce e della Pasqua. “Non vi lascerò orfani: ritornerò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi rivedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi comprenderete che sono nel Padre mio e voi in me e io in voi” (Gv.14,18-20).
Noi non siamo del mondo.

Gesù, insegnaci a vegliare e ad aspettare il nostro giorno

INDICE