A Cana di Galilea

Al quale partecipava la madre di Gesù.
Con la solita capacità di descrivere ciò che è, ciò che accade nella cattedrale dell’Incarnazione, ciò che diviene con la partecipazione di tutti, l’evangelista Giovanni annuncia che alla celebrazione “partecipava la madre di Gesù”. La notizia induce a cercarne il motivo. Biblisti ed esegeti danno vita alla teoria dei “forse”. Forse si tratta di aprenti, forse di amici, forse di conoscenti, forse si tratta di un’occasione fortuita.
E’ certo che Maria doveva essere presente secondo la volontà e i disegni di Dio. Partendo dalla visione di fede nell’opera di Dio provvidente ed amoroso e non dalla visione od ottica semplicemente umana, è logico pensare al compito che Maria, piena di grazia e speranza nostra, doveva svolgere, poiché Dio non spreca mai l’essere presente nel tempo, né lo fa sprecare agli altri, ai suoi figli o alle sue creature.
L’amore è la misura del tempo. Chi ama in modo perfetto, come ama Colui che è Amore per essenza (cfr.Gv.4,8), è oltre il tempo, perché partecipa all’eternità del ” è già e non ancora”.
Maria Vergine reca alla celebrazione del matrimonio certamente una dimensione soprannaturale di “piena di grazia”, “speranza nostra”, di “sposa dello Spirito Santo”, di Madre di Cristo, di “termine fisso d’eterno consiglio”, di madre del genere umano, di madre e regina dell’Amore. A quel matrimonio nessuno dei partecipanti poteva offrire doni superiori a quelli portati da Maria Vergine con la sua presenza.

Anche Gesù con i suoi discepoli fu invitato alle nozze.
Dopo avere descritto, in breve, la dimensione mariana alla celebrazione delle nozze, ora dobbiamo descrivere la dimensione cristologia. Due dimensioni trascendenti, incorporate nella cronaca della cattedrale dell’Incarnazione.
La presenza di Gesù a Cana in questa occasione diventa un segno, in quanto ciò che accade qui va visto nella linea dell’epifania di Dio nell’epifania dell’uomo fatto Dio per cambiare le sorti dell’umanità, rivolgendole verso la salvezza mediante la sua passione, morte di croce e resurrezione.
Ciò che Gesù in questa circostanza compie va oltre la risposta al fabbisogno della festa di nozze. Gesù, non scordiamolo mai, “è il Dio che viene”. Di fronte a Lui, il Dio-con-noi, ciascuno è richiamato a ridefinire la propria identità, a valutare il modo in cui viene annunciata e vissuta la fede nel tempo presente, ad interrogarsi sulla capacità di essere segno di salvezza e di rispondere al bisogno di senso di questa società.
Di fronte a Gesù occorre ridefinire anche l’essenza dell’amore umano. Che cos’è? Donde viene? L’Amore è da Dio. Oggi è necessario riordinare il senso cristiano del matrimonio per non confonderlo col senso pagano o liberale, predicato dalla cultura laicista moderna.
A Cana di Galilea avviene qualcosa di rivoluzionario perché decade qualcosa di vecchio e compare nel Cristo Gesù qualcosa di nuovo, capace di trasformare i cuori e le strade dell’autenticità dell’amore oblativo.

Ad un certo punto non ci fu più vino.
L’evangelista non si limita ad annotare i particolari ma, al contrario, dimostra di saper distinguere tra particolare e particolare. Infatti nel dichiarare quasi all’improvviso “non hanno più vino”, il cronista dà un peso particolare, fattuale e decisionale all’esaurimento della loro disponibilità di vino per mantenere il tenore della festa entro i confini della gioia, della trasformazione, del cambiamento e dell’azione successiva. Si tratta di uno shock generale.
Ora ritornano a primeggiare la dimensione mariana e cristologica della situazione. Poiché, nessuno lo può negare, si evidenziano la povertà, la limitatezza, la finitudine delle prestazioni o interventi umani. L’uomo non ha più vino, più verità, più luce, più energia, più fede, più profezia, più speranza, più futuro, più compimento, se non interviene qualcuno a rimediare o a guarire “il male che ci impedisce di essere uomini”.
La cultura delle risorse e delle tradizioni umane non può confrontarsi con la cultura dell’essere amore donato, offerto, gratuitamente immolato a beneficio di tutti.
Tutti in quel momento sono poveri di amore di Dio. Ecco, a Cana Gesù fa capire all’uomo e all’umanità che nell’esperienza dell’amore Egli è necessario. Senza di Lui l’amore umano non ha futuro. Si esaurisce. Gli uomini non hanno più amore, quindi non sanno più amare.