Chi è per noi

Siamo chiamati, fratelli e sorelle, ad essere tralci, a partecipare cioè profondamente alla vita di Cristo, se vogliamo veramente vivere come lui e come lui portare frutto. L’accoglienza sacramentale della sua vita è per noi della stessa importanza della decisione di servire gli uomini, se veramente vogliamo servirli.

L’Eucarestia non è un progetto tra gli altri a noi noti, ma il fatto e il progetto della vita cristiana, che realizza il nostro essere-tralci nella vigna di Dio.

Vediamo ora una delle connotazioni fondamentali di Gesù secondo il NT. E’ una connotazione di grande interesse che tocca, in particolare, uno dei problemi chiave del mondo moderno, preso da tensioni contrastanti e preda dell’aggressività, il problema della pace.

E’ certamente singolare che il NT parli di Gesù come “la nostra pace”, ed è più che probabile che spesso abbiamo inteso queste parole in modo riduttivo, delegando ad una sfera tutta spirituale quello che è anche problema e impegno concreto per i credenti.

Vediamo perciò che cosa significa affermare che Gesù è la pace e forse dovremo ammettere, ancora una volta, che anche in questo caso Gesù non è la risposta al problema ma il punto interrogativo che abita la coscienza dell’uomo e gli chiede sempre nuove decisioni.

PACE E ANTICO TESTAMENTO

E’difficile dire in sintesi che cosa sia “pace” per l’AT. Nonostante spesso si senta parlare di “pace” in senso biblico, veramente non si sa che cosa intendere con queste parole; infatti il termine ebraico Shalom, oramai noto a tutti, ha connotazioni di significato diverso a seconda dei testi in cui compare, tanto che non si può cogliere un senso univoco.

Dai testi profetici sappiamo soprattutto che la pace è legata all’intervento di Dio nella Storia, manifestato dai re di Giuda. E dato che questi re sono, per lo più, politicamente deludenti, il problema della pace sarà ben presto legato all’attesa del Re-Messia, e quindi proiettato alla fine dei tempi.

Gli Ebrei non sognano alcuna età dell’oro, come accade alla cultura greco-romana e anche al vicino Oriente Antico, le quali, avendo una coscienza ciclica della storia, attendono il ritorno della prima età, quella beata, in cui tutti, uomini e animali, vivevano in pace. Per il popolo di Dio la storia è un alinea retta che continua verso un suo sbocco: Dio vi interviene lungo il corso, ma indietro non si torna, la pace sta allo sbocco finale della linea, nella pienezza della manifestazione salvifica di Dio stesso.

E alla luce di questa visione generale della storia che vanno letti i più importanti oracoli di Isaia sulla pace: Is.2,2-5; 11,1-9; 9,5-6; 32,15-19; 57,14-21; etc..

Dunque già l’AT ci mette sull’avviso che la pace non è il parto della diplomazia ma dell’incontro degli atti salvifici di Dio col cuore dell’uomo disposto a riconoscerli e ad accoglierli. In sostanza, cioè, da parte dell’uomo la pace è il frutto della conversione.

LA DEFINIZIONE PAOLINA

Se ora consideriamo la parola “pace” riferita a Gesù Cristo, vediamo che l’affermazione più diretta in questo senso è quella dell’apostolo Paolo:

“Egli è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, distruggendo il muro che era frammezzo, sopprimendo nella sua carne l’inimicizia”(Ef.2,14).

Nei versetti che seguono (Ef.2,15-18) la parola “pace” ricorre ancora quattro volte: Gesù è venuto a fare la pace, a proclamare la pace, pace ai lontani e pace ai vicini, e questa consiste nel fatto che tutti pere Gesù hanno accesso al padre in un solo Spirito.

Consideriamo per un momento la prospettiva dell’apostolo. Per gli Ebrei del suo tempo il tempio di Gerusalemme era il luogo concreto dell’incontro tra l’uomo e Dio, che lo abitava con la sua gloria. D’altra parte non tutti gli uomini potevano accedere al santuario, bensì solo coloro che appartenevano alla discendenza di Abramo grazie alla circoncisione.

Dunque, c’era chi poteva accostarsi, per così dire, fisicamente, a Dio e chi non poteva. Nel tempio stesso una scritta sul muro dell’atrio interno separava i luoghi che anche i non circoncisi potevano frequentare da quelli riservati agli Ebrei.

Circoncisi e tempio hanno dunque spezzato in due l’umanità; Gesù ha abbattuto invece il muro di separazione che era frammezzo e ha reso possibile a tutti l’accesso a Dio, mediante il suo corpo di carne sacrificato nella sua Pasqua (2^cor.5,18-21; Col.1,21-22).

Vengono spontanee almeno due considerazioni, a questo punto. La prima è che se Gesù non solo proclama e fa la pace, ma addirittura è la personificazione della pace (la pace sostanziale), allora il tempo della storia è compiuto. Con la sua Pasqua la linea della storia ha raggiunto il suo termine ed ora non c’è più da “aspettare”, quindi a nostra volta, dobbiamo ripresentare questo compimento della salvezza a tutti gli uomini con la nostra vita.

La seconda è che questa pace messianica, compiuta nella persona di Gesù è le riconciliazione degli uomini con Dio e tra di loro: la promessa di Abramo riguarda tutti, anche i non circoncisi; a tutti è estesa la figliolanza del Figlio, dovranno dunque vivere da fratelli senza distinzioni che li separi, personificando a loro volta la pace realizzata da Gesù Cristo.