Vangelo di Luca – Cap 4,1-13 al 4,31-44


Paolo Veronese - tentazioni di Cristo

Vittoria di Gesù nella tentazione

Capitolo 4,1-13

*Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto, *dove fu tentato per quaranta giorni dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati ebbe fame. *Gli disse allora il diavolo: Se tu sei figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane. *Gesù gli rispose: Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo. *Poi il diavolo lo condusse in alto, e mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, *gli disse: Ti darò tutto questo potere e lo splendore di questi regni, perché a me sono stati dati e io li concedo a chi voglio. *Se dunque ti inginocchi davanti a me, tutto ciò sarà tuo. *Ma Gesù gli rispose: Sta scritto: Il Signore tuo Dio adorerai e a lui solo renderai culto. *Lo condusse allora a Gerusalemme e lo pose sullo strapiombo del tempio e gli disse: Se tu sei figlio di Dio, gettai giù di qui. *Sta scritto infatti: Agli angeli suoi darà ordine a tuo riguardo perché essi ti custodiscano, e anche: Essi ti sosteranno con le loro mani affinché non inciampi in qualche pietra. *Ma Gesù gli rispose: La Scrittura dice: Non tentare il Signore, il tuo Dio. *Dopo aver esaurito ogni possibile tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al tempo stabilito.

Gesù, pieno di Spirito Santo, si avvia nel deserto per lasciarsi tentare dal diavolo e inizia un periodo di digiuno di quaranta giorni. Quaranta è un numero tipico dell’A.T., e riferito a giorni o ad anni ricorre in molti casi biblici: Mosè che rimase sul monte Sinai alla presenza di Jahvè (Es.34,28), un altro caso quello di Elia che dopo aver mangiato il cibo portatogli dall’angelo camminò con la forza di quel cibo fino all’ Horeb, il monte di Dio, inoltre la marcia eroica, al limite delle forze, estenuante, del popolo d’Israele che cammina nel deserto. Il deserto è il luogo della solitudine, dello smarrimento, della fame, delle tentazioni, ed è pure il luogo del silenzio e della preghiera. Gesù si rifugia nella solitudine e vive il digiuno, la penitenza, l’austerità, la fatica, il silenzio, la preghiera. Il deserto è anche luogo dove si compiono delle scelte, perché l’uomo è posto di fronte alle domande esistenzialmente più drammatiche. L’antico Israele in quella situazione fu trovato mancante, vale a dire che dove l’antico Israele aveva fallito, Gesù ora trionfa.

Dopo quaranta giorni e quaranta notti di digiuno, Gesù doveva essere molto affamato. La prima prova (vv.3-4) consiste nella tentazione di trasformare le pietre in pane per nutrirsi. Gesù trae la sua risposta da Dt. 8,3. Il Figlio di Dio è nutrito dalla parola di Dio, non dal solo pane. Il tentatore aveva sfidato Gesù ad impiegare il potere, che egli aveva come Figlio di Dio, per ottenere uno scopo raggiungibile con mezzi non miracolosi; infatti, Gesù risponde che il pane necessario può essere ottenuto, oltreché per i soliti mezzi umani, anche per predisposizione divina come nel caso della manna, senza impiegare sconsideratamente poteri taumaturgici per istigazione altrui. La mira del tentatore, che aveva voluto esplorare se Gesù fosse ed avesse coscienza d’essere Figlio di Dio, era fallita; la sua istigazione ad operare un miracolo superfluo era rimasta inefficace; la cura del sostentamento materiale, a cui il tentatore aveva subordinato il potere taumaturgico, era invece subordinata da Gesù alla provvidenza di Dio.

La seconda prova (vv-6-8) consiste nel promettere a Gesù tutti i regni del mondo se egli adorerà il Diavolo. La risposta di Gesù, tratta da Dt. 6,13, il Figlio di Dio rende culto solo al suo Padre celeste. Il tentatore richiede l’omaggio che si usava con i monarchi della terra e col Dio del cielo, quello di prostrarsi a terra adorando: si tratta dell’atto di chi si ritiene moralmente più basso dell’adorato, e ne accetta la superiorità su di sé.

Nella terza prova, Gesù è trasportato sullo strapiombo più alto delle mura che circondano il tempio di Gerusalemme. Il tentatore invita Gesù ad una prova messianica: se egli il Figlio di Dio, ne sarà una splendida dimostrazione davanti al popolo affollato negli atrii del Tempio quella di gettarsi nel vuoto, giacché gli angeli accorreranno a sostenere il lanciato Messia, affinché tocchi terra dolcemente come una foglia staccatasi da un albero e cullata da un venticello. Gesù risponde citando il Dt. 6,16: il Figlio di Dio non mette alla prova suo Padre con tali tentazioni assurde e magiche.

Gesù emerge come figura totalmente obbediente alla volontà di suo Padre. Il suo atteggiamento fornisce un modello a quei cristiani che potrebbero essere tentati a dare troppa considerazione ai beni materiali, a provocare Dio o a ricercare potenza e ricchezza senza riguardo alla giustizia e alla moralità. Tutte e tre le tentazioni mostrano una chiara relazione con l’ufficio messianico di Gesù. La prima lo vorrebbe indurre ad un messianismo comodo ed agiato; la seconda ad un messianismo raccomandato a vuote esibizioni taumaturgiche; la terza, ad un messianismo che si esaurisca nella gloria politica.

Se riflettiamo sulle tre tentazioni e alla grandezza dell’evento in sé, cogliamo l’essenza che in tre sole parole, in tre sole frasi è riassunta la storia del mondo. Pensiamo forse che tutta la sapienza della terra riuscirebbe ad escogitare qualcosa di paragonabile, per forza e per profondità, a quelle tre domande che realmente furono proposte, quel giorno, nel deserto, dal possente e penetrante spirito maligno nella terra assetata? Se ben ci pensiamo, in queste tre domande è ricapitolata in blocco e predetta tutta la futura storia umana. Esse rappresentano un simbolo di tutte le tentazioni umane, delle crisi, delle sofferenze dell’umanità.

L’annuncio programmatico di Nazareth

Capitolo 4,14-30

*Poi Gesù ritornò con la potenza dello Spirito in Galilea e la sua fama si diffuse per tutta la regione. *Ed egli insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne parlavano bene. *Si recò a Nazareth, dove era stato allevato, e il sabato, come di consueto, entrò nella sinagoga e si alzò per fare la lettura. *Gli fu dato il Libro del profeta Isaia, e, apertolo, trovò il passo dove sta scritto: *”Lo Spirito del Signore è su di me, perché mi ha scelto, per dare una buona notizia ai poveri. *Mi ha mandato a proclamare la liberazione dei prigionieri, il recupero della vista ai ciechi, a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare un anno di salvezza da parte del Signore. *Quindi, arrotolato il volume e consegnatolo all’inserviente, si sedette. Gli occhi di tutti, nella sinagoga, erano fissi su di lui. *Allora cominciò a dire: Oggi questo passo della scrittura ha il suo compimento davanti a voi che l’ascoltate. *E tutti erano meravigliati delle sue parole cariche di salvezza ed erano ben disposti verso di lui. Ma dicevano: Non è questi il figlio di Giuseppe? *Allora egli disse loro: Certamente voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Abbiamo saputo tutto quello che è successo a Cafarnao, fa’ lo stesso qui nel tuo paese. *Poi aggiunse: Sì, vi assicuro che nessun profeta è bene accolto nella sua patria. *In realtà vi dico ancora che c’erano molte vedove in Israele ai tempi di Elia, quando non piovve per tre anni e sei mesi e una grande carestia colpì il paese. *Eppure Dio non mandò Elia a una donna del paese, ma nel territorio di Sidone a una vedova di Sarepta. *C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, eppure nessuno di questi fu risanato, ma solo Naaman, d’origine siriana. *Al sentire queste cose tutti nella sinagoga furono presi da un grande sdegno, *e, alzatisi, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fino a un dirupo della collina sulla quale la loro città era situata, per gettarlo giù. *Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

Le prime tre sequenze del vangelo di Luca, in cui Gesù è protagonista, si sviluppano sotto il segno dello Spirito Santo. Nel battesimo lo Spirito Santo discende su Gesù, nelle tentazioni Gesù è guidato dallo Spirito Santo, la predica inaugurale di Nazareth è la manifestazione salvifica del profeta inviato con la potenza dello Spirito Santo. Dopo l’investitura carismatica nel Giordano e la verifica della propria linea d’azione, Gesù dà inizio alla sua attività in Galilea con un discorso programmatico nel suo paese d’origine: Nazareth. Infatti, dopo aver letto un brano del profeta Isaia, consegnato il rotolo, dopo un istante di silenzio in cui gli occhi di tutti i presenti si concentrano sopra di lui, commenta il brano con solennità: con lui si apre un giubileo o anno santo (Lev. 25,10), un “anno di grazia” che non ha più termine; si compie un tempo d’eterna redenzione e d’universale liberazione.

L’annuncio messianico della salvezza che Gesù applica a se stesso, non riguarda soltanto la liberazione dal peccato, la salvezza dell’anima; ma implica la liberazione e la salvezza di tutto l’uomo, d’ogni uomo, da ogni forma di schiavitù, sfruttamento e degradazione. Una salvezza che avrà la sua attuazione completa alla fine del mondo, ma che diviene impegno d’azione per tutti i cristiani che desiderino collaborare con Cristo, per la liberazione di tutti i fratelli. In quest’apostolato di salvezza dalla schiavitù del peccato, dalla fame, del dolore, dell’abbrutimento, della sopraffazione, dell’ingiustizia…cioè da ogni forma che avvilisce la dignità di un figlio di Dio e di un fratello di Cristo Gesù.

Gesù si è rivelato come colui in cui si compiono le profezie e come lo scriba sapiente. Ora nella risposta alla prima reazione della folla, che Luca solo apparentemente presenta come favorevole, Gesù si presenta come un profeta che compie la sua missione nel modo voluto da Dio. Come ad Elia e ad Eliseo non fu data la possibilità di recare aiuto ai propri conterranei, ma dovettero rivolgersi a degli estranei, così anche a Gesù; non gli chiedano perciò dei segni. I Nazaretani sono invitati a riflettere sul fatto che Dio distribuisce i suoi doni a chi vuole; nel caso, alla gente di Cafarnao. Nessuno può accampare diritti.

La richiesta dei Nazaretani sembrerebbe legittima, eppure Gesù è di altro parere. Il profeta, proprio in virtù della sua vocazione, non dispone di se stesso, ma è totalmente alle dipendenze di Dio. Esigere da lui un miracolo significa voler imporre a Dio la nostra volontà e dimenticare che il miracolo, come pure lo stesso profeta, è un dono libero da parte di Dio. La fede che esige miracoli non è vera fede. Gesù stesso dirà: “Se non ascoltano Mosè e i profeti, non crederanno ad un morto resuscitato” (Lc.16,31). Inoltre l’espressione di Gesù: “Nessun profeta è bene accetto in patria”, ci rammenta quanto siamo restii ad accettare che uno del nostro ambiente, di cui crediamo di conoscere “virtù e miracoli”, diventi giudice del nostro comportamento sia pure in nome di Dio.

La reazione dei Nazaretani non si fa attendere. Essa richiama il linciaggio di Stefano e il furore dei giudei delle sinagoghe della diaspora, ai quali Paolo annuncia il Messia Gesù. Con questo accostamento Luca intende anche giustificare la missione ai pagani, che causò la persecuzione del gruppo giudaico, Questo primo attentato contro Gesù nel suo paese è solo un avvertimento della situazione conflittuale e contraddittoria in cui viene a trovarsi il “profeta” di Nazareth. Tuttavia il suo cammino non può essere interrotto, perché un profeta non può morire fuori Gerusalemme. La strada dell’evangelo di Gesù è chiaramente segnata: la buona novella della salvezza o liberazione dei poveri passa attraverso la fedeltà di Gesù e la sua vittoria ultima sulla morte.

Gesù a Cafarnao: Insegnamento e miracoli

Capitolo 4,31-44

*Poi discese a Cafarnao, città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente. *Rimanevano molto colpiti dal suo insegnamento, perché era pieno di autorità. *Nella sinagoga c’era un uomo sotto l’azione di uno spirito demoniaco impuro che si mise a gridare: *Lasciaci stare, perché ti intrometti tu, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene che tu sei: il Santo di Dio! *Ma Gesù lo minacciò: Taci ed esci da costui! E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì senza fargli alcun male. *Tutti furono colti da spavento e si dissero l’un l’altro: Che parola è mai questa? Egli comanda con autorità e potenza agli spiriti impuri e questi se ne vanno! *E la fama di lui si diffondeva dappertutto nella regione. *Uscito dalla sinagoga, Gesù entrò nella casa di Simone. Ora la suocera di Simone era in preda a una febbre violenta. Lo pregarono di fare qualche cosa per lei. *Egli si chinò su di lei, comandò alla febbre e ne fu liberata; ed essa, subito alzatasi, si mise a servirli. *Al tramonto del sole tutti quelli che avevano infermi colpiti da malattie di ogni sorta, li portarono a lui; ed egli, imponendo le mani su ciascuno di loro li guariva. *Da molti uscivano demoni gridando: Tu sei il Figlio di Dio! Ma egli li minacciava per impedire loro di manifestare quello che sapevano, cioè che egli era il Cristo. *Poi, sul far del giorno, uscì e andò in un luogo solitario. Ma le folle si misero a cercarlo e, raggiuntolo, lo volevano trattenere perché non si allontanasse da loro. *Ma egli disse loro: Bisogna che io annunci il regno di Dio anche alle altre città, perché per questo sono stato mandato. *E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

Respinto dai suoi compaesani a Nazareth, Gesù discende nella cittadina di Cafarnao, sulla costa nordovest del lago di Tiberiade. Qui Gesù continua a svolgere la sua attività d’insegnamento approfittando delle assemblee liturgiche del sabato nelle sinagoghe, dove può trovare riunita la gente. Luca, pur seguendo da vicino il vangelo di Marco, inserisce alcune variazioni stilistiche e tematiche che rivelano i suoi interessi particolari. Gesù manifesta la forza della sua “parola” salvifica in due episodi di liberazione; un esorcismo pubblico nella sinagoga, che lascia una forte impressione nella gente, e una guarigione in una casa privata, quella di Pietro, a favore della suocera del discepolo. Seguono altre due scene collettive: la sera una serie di guarigioni e scontri con le potenze del male (demoni) e, il mattino presto, partenza e distacco dalla folla, che cerca di trattenerlo.

Marco ci presenta nei dettagli la cronaca di una giornata tipo di Gesù. Ci troviamo a Cafarnao, un villaggio di pescatori, sulla riva nord del lago di Tiberiade. Nel villaggio abitano Pietro e Andrea, e Gesù è ospite nella loro casa. Con lui ci sono anche Giacomo e Giovanni, anche loro residenti nello stesso villaggio. L’evangelista Luca blocca in un solo racconto l’insegnamento e i segni liberatori di Gesù. Seguendo la successione degli episodi scopriamo come Luca ha costruito la narrazione dei primi fatti della vita pubblica di Gesù attorno ad una sequenza capace di farci conoscere una giornata tipica di Gesù, dal giorno festivo del sabato fino all’alba del giorno dopo.

Potremmo quasi affermare che Luca c’invita a stare 24 ore con Gesù, portandoci dentro la sua giornata, e la sequenza che lui ci fa conoscere si può descrivere in questo modo: il sabato Gesù partecipa alla celebrazione nella sinagoga; poi va a casa di Pietro; al tramonto “tutta la città era radunata davanti alla porta” e lui incontra e guarisce molti; la mattina presto, dopo qualche ora di sonno, si ritira in un luogo solitario a pregare.

Già all’inizio della sua vita pubblica Gesù manifesta la differenza tra il suo insegnamento e quello degli scribi, tra la sua opera e quella dei capi del suo popolo (farisei). Tale diversità è rilevata dalla folla prima ancora che Gesù dimostri la sua potenza sopra gli spiriti immondi. La liberazione dell’indemoniato conferma l’autorità di cui Gesù è investito dall’alto; anzi il demonio stesso gliela riconosce. Marco stabilisce un certo rapporto tra questa potenza e la risurrezione, segno della potenza di Gesù sulla morte: i segni (miracoli) appaiono così come le prime scaramucce di un combattimento che sarà combattuto in pieno sole nella morte e resurrezione. Questo è il Cristo nel quale crediamo e per il quale viviamo. Le nostre vittorie sul male e sul peccato sono possibili perché è lui che lotta con noi e in noi. Ora seguiamo Gesù durante questa giornata.

Al Mattino, in sinagoga. E’ sabato e Gesù, come ogni Ebreo, si reca nella sinagoga a pregare. Solitamente nella preghiera del sabato si ascoltano versetti dagli antichi rotoli dei profeti, si cantano inni, salmi e s’innalzano lodi e preghiere a JHWH, l’Altissimo. Quando era presente un ospite di riguardo, gli si affidava il commento delle Scritture. Così è accaduto in quel sabato a Gesù.

I presenti restano stupiti dell’insegnamento che odono, perché Gesù insegna come uno che ha autorità e non come gli scribi. Il pubblico ha davanti a sé uno che parla chiaro, che usa parole che riescono a comprendere, che nel profondo dell’animo diventano vive, parla il loro linguaggio. Per la prima volta in sinagoga non sono echeggiate le solite prediche pesanti che invece di far sentire più vicino Dio, lo mettono definitivamente in disparte perché presentato come un essere sempre più pretenzioso ed esigente da norme, precetti, comandi, divieti: erano queste cose a dipingere il volto di Dio.

Al contrario, colui che hanno davanti, parla un linguaggio nuovo. Soprattutto crede in quello che afferma e fa percepire nuovamente Dio dalla parte del povero. Nelle sue parole c’è novità!

Purtroppo Luca non ci ha riportato ciò che Gesù ha detto: ci sarebbe piaciuto sapere quale discorso aveva fatto quella mattina. Per Luca questo è un silenzio intenzionale. Lì sta la possibilità di conoscerlo. Le sue non sono parole, non sono prediche, ma sono l’invito a leggere dentro la propria vita ciò che è annunciato.

Lo dice chiaramente l’episodio dell’uomo posseduto dallo spirito immondo: “So chi sei, il Santo di Dio!” Si tratta di una conoscenza che non modifica niente, anzi che si ribella all’azione di Gesù. Infatti, a Gesù non interessa una conoscenza teorica della sua identità. Se c’è rifiuto della comunione, non serve a nulla sapere chi è Gesù. Conoscere chi è Gesù equivale a lasciarsi trasformare l’esistenza da lui. Questo è il vero problema. Di fronte alla proposta del vangelo il primo moto che proviamo è quello di mettere istintivamente in essere una resistenza adducendo i soliti pretesti: è troppo esigente, può andare bene per alcuni, sono d’accordo per alcune cose ma per altre…e così via!

E allora le parole: “Perché ti intrometti, Gesù nazareno? Sei venuto per distruggerci?”, probabilmente hanno un senso anche per noi. Il fatto è che l’essere umano è troppo abituato a sentirsi un tutt’uno con ciò che determina le proprie schiavitù, alcune nemmeno si riconoscono tanto sono radicate o sono giustificate come parte del carattere, delle abitudini, dei fatti che sono occorsi nell’arco degli anni. Questi brevi versetti hanno la stupefacente capacità di separare l’uomo – a cui Gesù vuole ridare piena dignità – dallo spirito immondo che lo separa interiormente, affinché tra l’uomo e ciò che lo tiene prigioniero possa inserirsi la potenza liberatrice della Parola.

“Taci ed esci da costui!” Non è ciò che opprime l’uomo che deve parlare, ma è la Parola che crea a dover agire. Come all’inizio della creazione, quando Dio separava la luce dalle tenebre, il cielo dalla terra, e dava un ordine ad ogni cosa, così anche per l’uomo della sinagoga avviene un’esperienza di separazione. Il perentorio comando di Gesù s’impone a ciò che divide interiormente ogni uomo.

Lo fa anche con noi, con autorità, ripetendo una parola che ci separa da tutto ciò che ci tiene lontani da Dio. Ed ogni separazione può avere un prezzo assai alto in termini di sofferenza, come testimonia il “contorcimento” che subisce l’uomo della sinagoga prima di recuperare la propria libertà. Il fatto è che per individuare quali sono le realtà che più operano questa divisione in noi, per comprendere quali sono le contraddizioni che ci portiamo dentro, a volte senza saperlo; esige un serio e paziente cammino di conoscenza di se stessi operando una battaglia spirituale. E’ facile, per esempio, affermare che amiamo tutti, ma è più difficile compiere gesti d’amore realmente liberi dalla “ricevuta di ritorno”! E’ altrettanto facile dirci disponibile per gli altri, ma è un’amara scoperta capire che perdiamo la stima di noi quando non veniamo considerati o valorizzati come vorremmo.

Gesù ci libera dalle divisioni, dalle contraddizioni che ci portiamo dentro…ma non ci toglie il dolore che questa liberazione comporta. Il confronto con la sua Parola evidenzia la nostra divisione interiore, ci fa intravedere la strada per fare unità dentro di noi, ci chiede se siamo disponibili a fare tutto ciò che è necessario per smascherare i nostri piccoli o grandi egoismi.

Uscito dalla sinagoga andò a casa di Simone. Gesù compie un altro segno. Gli parlano della suocera di Simone che è a letto con la febbre. Gesù, in una sola volta, infrange tre tabù: come uomo non potrebbe venire a contatto con una donna, eppure si “accosta a lei”, come Rabbi non potrebbe toccare chi è impuro, in questo caso la donna ha la febbre, e lui la “prende per mano”; come osservante della Legge sa che di sabato è assolutamente proibito curare e guarire, ma lui infrange le norme che non liberano. Perché Gesù compie questo miracolo? Perché il vero miracolo operato nella suocera di Simone non è solo la liberazione dalla febbre ma la conseguenza della guarigione: Marco dice “la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli”.

Succede sempre così quando s’incontra Gesù e ci si lascia guarire da lui: si viene liberati dal male più brutto, quello di volerci godere la vita da soli, egoisticamente. Gesù ci libera donandoci la possibilità di “servire” i fratelli. Il vero miracolo, il segno importante non è nulla di strabiliante: si tratta, in fondo, della capacità di amare. Nella suocera di Simone è nascosta la nostra vicenda umana di discepoli: ripiegati su noi stessi obblighiamo gli altri a servirci o, in altre circostanze, ci serviamo del prossimo perché ci sentiamo inadeguati e senza forze. Il contatto con Gesù ci trasforma rendendoci simili a lui, che del servizio ha fatto il suo stile abituale di vita. Servire può sembrare una piccola cosa e invece è ciò che trasforma la nostra realtà. L’amore ricevuto da Gesù ha senso solo se diventa amore donato.

E venuta la sera, dopo il tramonto del sole… Appena terminato il riposo del sabato, tutta la popolazione della città di Cafarnao si raduna davanti alla porta di casa di Simone. Infatti, si è sparsa la voce su Gesù, e gli sono portate tutte le persone più malate e bisognose.

Gesù ha una parola di conforto per chi ha bisogno di consolazione; per altri ha una parola di perdono; per molti ha anche una parola di guarigione. A tutti però Gesù impone il silenzio, il divieto di divulgare i suoi segni miracolosi. Perché questo divieto di dire chi è Gesù? Per evitare il rischio che sia fraintesa la sua opera. Gesù sa bene che dentro di ciascuno è racchiusa come una smania di seguire i “venditori di fumo”: guaritori, maghi, veggenti, lettori delle foglie di tè e dei fondi di caffè…non ne mancavano ai suoi tempi, così come non ne mancano ai nostri…( e questo rispecchia tutta l’insicurezza di fronte alla vita e al futuro). Tuttavia ciò che compie Gesù in favore degli uomini profondamente feriti nelle malattie del corpo e dello spirito, non è uno show per farsi pubblicità, ma realtà messianica.

La sottolineatura “Tutta la città era riunita davanti alla porta”, non è un’indicazione geografica, per farci sapere dove Gesù stava. Al contrario, davanti alla porta di casa di Simone, Gesù compie il suo giudizio di salvezza per tutti quelli che erano considerati “niente” dalla società. Ecco, è così che Luca inizia a farci comprendere che, dove c’è Gesù, qualcosa sta realmente cambiando. Non dobbiamo scordare un altro particolare di questi versetti che c’interpellano direttamente. Luca dice: “gli portarono tutti gli ammalati e gli indemoniati”. Nessuno va da Gesù per conto suo, o gli ammalati sono portati, o è Gesù a recarsi da loro. La logica di Dio è di avere bisogno degli uomini per incontrare gli uomini. Dio ha necessità di ciascuno di noi per incontrare chi ha bisogno di lui.

…se ne andò in un luogo solitario e là pregava. Gesù dopo l’intensa giornata trascorsa tra la predicazione in sinagoga, e l’incontro con gli ammalati, richiede fare un riassunto, in pratica di riprendere in mano il suo progetto di vita, di pensare e pregare per compiere scelte sempre più autentiche. Per questo “al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, se ne andò…” Gesù non cerca l’applauso e l’entusiasmo della gente. E’ cosciente che il successo potrebbe allontanarlo dalla missione affidatagli dal Padre. In lui è forte il desiderio di “riordinare” le cose secondo il disegno di Dio. Anche a Simone è piaciuta quella giornata intensa e faticosa, ma “riuscita”, una giornata in cui è possibile concludere: “Finalmente! Si vede qualcosa di concreto!” E per questo si mette sulle tracce del maestro e invita Gesù alla concretezza: “Tutti ti cercano!”, come a consigliare Gesù di non negarsi alla folla, ormai euforica, che ha ancora molte cose da chiedergli.

Gesù, in quei momenti, ha necessità di “interpellare il Padre”. Gesù è anche Maestro di discernimento, anche lui vuole capire cosa è meglio per tutti. L’incontro notturno con il Padre gli permette di non dare una risposta sull’onda dell’emozione ma realmente di “scegliere” sull’onda della volontà del Padre. La sua strada è la via della missione, non quella del successo e dell’affermazione personale. La comunione con il Padre gli fa scegliere di stare dalla parte degli uomini per servirli. Si tratta di una grande scuola di vita. Di una grande testimonianza per le nostre esistenze. In definitiva il criterio di come saper scegliere.

Infatti, Gesù rifiuta il ruolo di guaritore straordinario, come già l’aveva rifiutato a Nazareth. Il suo compito è di annunciare il regno di Dio. In altre parole la vicinanza e presenza salvatrice, che certo si rivela anche nella liberazione dalla malattia e dalle alienazioni spirituali dell’uomo, ma soltanto come anticipo della liberazione definitiva e piena, che strappa l’uomo dalla paura della morte. Per questo Gesù deve proseguire il suo cammino fino alla rivelazione ultima a Gerusalemme, da dove partirà l’annuncio della “buona notizia” al mondo intero. Noi forse siamo troppo abituati a ricercare ciò che ci piace. Ad essere al centro di tutto ciò che facciamo, sempre più insoddisfatti perché non riusciamo a sfondare, che entriamo in crisi perché “non tutti ci cercano”… siamo discepoli di un Maestro che ha rivisto quello che faceva, ha pregato, ha preso delle decisioni conseguenti a ciò che aveva capito essere nella volontà del Padre, ha ripreso, infine, il cammino. Similmente, anche noi, come discepoli, dobbiamo vedere e imparare. La preghiera non è un accessorio in più nella nostra vita, non è un lusso che ci possiamo concedere ogni tanto: è il luogo dove fare verità, riordinare la vita, scegliere il meglio, rimettersi in cammino!

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