Vangelo di Luca – Cap 2,1-20 al 2,41-52

Gerard van Honthorst - nascita di Gesù

Nascita di Gesù

Capitolo 2,1-20

*Ora in quel tempo un editto di Cesare Augusto ordinò che si facesse un censimento di tutto l’impero. *Questo primo censimento avvenne mentre Quirinio era governatore della Siria. *E tutti andavano a farsi registrare, ciascuno nella sua città. *Anche Giuseppe si recò dalla città di Nazareth di Galilea alla città di Davide, chiamata Betlemme, in Giudea, perché egli era della famiglia e discendenza di Davide; *salì per farsi registrare con Maria, sua sposa, che era incinta. *Ora, mentre si trovavano in quel luogo, giunse per lei il momento del parto, * e dette alla luce il suo primogenito, e lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non vi era posto per loro nella stanza comune. *In quella regione alcuni pastori pernottavano nei campi a guardia del loro gregge. *Un angelo del Signore si presentò a loro in uno splendore divino irraggiante. Allora furono presi da grande spavento. *Ma l’angelo disse loro: Non temete, perché io vengo per portarvi un grande annuncio che sarà motivo di grande gioia per tutto il popolo: *Oggi nella città di Davide è nato per voi un salvatore, che è il messia, il Signore. *E questo è il segno per voi: Troverete il bimbo avvolto in fasce e giacente in una mangiatoia. *In quell’istante si raccolse intorno all’angelo una moltitudine delle schiere celesti, che lodava Dio e diceva: *Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace sulla terra per gli uomini che egli ama. *Appena gli angeli si furono allontanati verso il cielo, i pastori dicevano fra loro: Andiamo fino a Betlemme a vedere questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere. *Andarono dunque senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bimbo che giaceva nella mangiatoia. *Dopo aver visto, divulgarono quanto era stato detto di quel bambino. *E tutti coloro che udirono furono stupiti di ciò che raccontavano i pastori. *Maria da parte sua conservava tutti questi fatti rimeditandoli in cuor suo. *I pastori poi se ne tornarono rendendo gloria a Dio per tutto ciò che avevano visto e udito, come era stato loro annunciato.

A Betlemme per farsi registrare. A Dio, ogni passo d’uomo va bene, purché l’uomo cammini e non segni il passo. La libertà degli uomini anche se contro la sua volontà esplicita della Legge di Dio e del suo divino amore, non può impedire alla libertà di Dio d’incorporarla nei suoi voleri, senza togliere nulla alle decisioni dell’autorità umana o alla libertà di coscienza, “perché nulla è impossibile a Dio” (Lc.1,37). Sulla strada di Damasco Paolo attua liberamente il piano di persecuzione contro i cristiani, ma sulla stessa strada, qualcuno sa fermarlo per presentargli una proposta diversa, quella di passare da persecutore a perseguitato e da osservante ebreo ad apostolo del Signore. Prima di Paolo, lo Spirito Santo conduce Marita e Giuseppe sulla strada di Betlemme per obbedire all’imperatore di Roma; ma, su quella strada, nei pressi della città, accade qualcosa che muterà il corso della storia e delle coscienze. Nei tempi della città terrena ci sono i tempi della città di Dio; nel regno umano è presente il regno dei cieli. “Il mio regno non è di questo mondo” (Gv.18,36).

La terra è patria dell’uomo e “tenda del Figlio di Dio”. “Il Verbo si è fatto carne e s’attendò fra noi” (Gv.1,14). Sul registro non è stato scritto il nome di Gesù, perciò l’impero ignora la presenza. Ma Cristo per mano di Maria e di Giuseppe, come oggi, per mezzo mio, tuo e di tutti i cristiani autentici, è presente ovunque. Anche oggi non risulta registrato all’anagrafe, né il suo nome è memorizzato nei computers dei vari comuni, ma Egli, il Dio presente e nascosto, è vivo, è il vivente e il veniente tra gli uomini, il suo nome “è al di sopra di ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; ed ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore” (Fil.2,9-11).

Gesù nasce a Betlemme. Nel silenzio che avvolge il mistero dell’Incarnatus est, mistero della nascita di Cristo, domandiamoci quali furono i primi attimi dell’anima di Gesù, nel momento del Fiat di Maria, nel sentirsi unita ipostaticamente al Verbo. Che cosa dovette provare il Figlio di Dio, nell’essere ricevuto, per la sua unione con il Verbo nel seno del Padre, nel Sancta Sanctorum della Divinità? Maria non poteva essere distratta, modello dell’anima orante, immobile, restava in ginocchio, con il capo chino sul petto, con tutto il suo essere avvolto in un silenzio di quiete e d’adorazione, contemplava nel suo seno, il mistero incomparabile dell’Incarnatus est!

La vita della piccola fanciulla di Nazareth, dopo l’Incarnazione fu una triplice orazione continua: orazione di quiete, orazione di passione, orazione d’amore. Orazione di quiete poiché in nessuno dei suoi atti, Maria ricercava se stessa. Cercava solo Gesù. In loro restava silenziosa, lontana da se stessa, nessuna azione la poteva oramai distrarre, dalla contemplazione del Verbo.

Orazione di passione, poiché pur presagendo le sofferenze, le incomprensioni di Giuseppe, adempiva l’Ecce Ancilla domini, libera da ogni giudizio che le avrebbe causato la nascita del Figlio di Dio. Orazione d’amore, poiché vivendo completamente di là di se stessa, senz’altra occupazione che quella di amare il verbo Incarnato nel suo seno, s’inabissava sempre di più in questo mistero per mezzo di un abbandono totale, e ad ogni istante ripetuto nel soffio dello Spirito Santo che ormai l’abitava interamente. Dio, mistero d’amore, si rivela prima al cuore e poi alla mente. Egli ha bussato al cuore di Maria per svelarle la verità a cui lei è invitata a dare liberamente il consenso. Altrettanto il sogno rivelatore in cui Giuseppe ottiene la spiegazione dei fatti oscuri che lo riguardano, parla, prima di tutto, al cuore della fede, sensibile, disponibile e obbediente alla volontà di Dio. In entrambi i casi c’è un abbandono totale ai voleri dell’altissimo per questo essi non hanno bisogno d’ulteriori spiegazioni. In loro è chiara l’opera di Dio.

Per Dio, entrato nel tempo dell’uomo, giunge il momento del parto. Maria e Giuseppe, non avendo trovato alloggio si rifugiano in una specie di grotta adibita per gli animali in occasione d’intemperie. Qui Gesù apre gli occhi ed emette il suo primo respiro, il suo primo vagito e pianto e grida di disagio. Il suo seno verginale fu dunque la prima grotta di Betlemme, il primo tabernacolo. Era lei la Betlemme di Dio, la casa del pane dell’eterno, poiché il suo grembo, dopo il misterioso Fiat, aveva scaldato, nutrito, accolto il Verbo, ancora prima della reale stalla della piccola città della Giudea. Se l’uomo non è invaso da questo sacro mistero dell’Incarnazione del Cristo, trasmesso con tanta dolcezza, rimane estraneo al messaggio della salvezza.

E’ necessario, per ogni tempo e più particolarmente per la tenebra che sta avvolgendo la storia umana, poter entrare con tutto il nostro essere nel più profondo segreto che riguarda l’universo intero, altrimenti la grotta di Betlemme, i pastori, i magi, l’asino e il bue, sembrano una leggenda. E’ necessario che la certezza di un Dio che s’incarna nel seno di una vergine, diventi una realtà, un atto di vita e d’amore per ognuno di noi. Per accettare queste grandi realtà, per riceverle con certezza e amore, fiducia, gioia e con liberazione, bisogna avere compreso che non vi è soluzione di pace, di vita eterna, di là della morte senza la venuta di un Essere Nuovo.

Perché la razza umana fosse trasformata ontologicamente (che concerne l’essere in quanto tale), quest’Essere, non doveva provenire unicamente dalla stirpe adamitica. E così Dio è entrato nell’umanità pur rimanendo Dio e divenendo uomo perfetto. Nella città di Betlemme, in quella notte misteriosa, una stella illuminò l’universo, gli angeli spiegavano nel cielo il loro volo, cantando: “Gloria d Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà”.

Questo è il messaggio del mistero della natività, lasciato direttamente da Dio, al piccolo uomo della terra: sii un uomo di buona volontà e avrai parte nel regno.

La presentazione di Gesù al tempio

Capitolo 2,21-40

*Otto giorni dopo, quando venne il momento di circoncidere il bambino, gli fu posto il nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito.

La circoncisione di Gesù, come segno d’inserimento ufficiale nel popolo di Dio, è soltanto un’occasione per dare rilievo all’imposizione del nome. Un nome che riassume tutto il compito storico del neonato. Yehoshuah (abbreviato: Yeshuah), “il Signore è salvezza o salva”. Come il nome, così la sua missione salvifica è una scelta e decisione che viene solo da Dio.

*Quando venne il tempo per compiere il rito della loro purificazione, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino Gesù a Gerusalemme per presentarlo al Signore. *Così infatti sta scritto nella legge del Signore: Ogni primogenito maschio sarà consacrato al Signore, *e per offrire in sacrificio un paio di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. *Ora c’era a Gerusalemme un uomo chiamato Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la salvezza d’Israele. *Egli era guidato dallo Spirito Santo e dallo stesso Spirito aveva avuto la rivelazione che non sarebbe morto prima di aver veduto il messia del Signore. *Mosso dunque dallo Spirito, egli venne nel tempio e, mentre i genitori portavano il bambino Gesù per adempiere a suo riguardo la legge, *egli lo prese tra le braccia e benedisse Dio esclamando: *Ora lascia, Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola, *perché i miei occhi hanno veduto la tua salvezza, *che hai preparato per tutti i popoli: *luce per la rivelazione ai pagani e gloria d’Israele tuo popolo. *Il padre e la madre di Gesù erano meravigliati di ciò che si diceva di lui. *E Simeone li benedisse e disse a Maria sua madre: Ecco, egli è stabilito per la rovina e la salvezza di molti in Israele, come segno che sarà oggetto di contraddizione, *perché siano resi manifesti i progetti segreti di ognuno. E anche a te una spada trapasserà l’anima. *C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuel, della tribù di Aser, molto anziana. Era vissuta sette anni col marito dopo che si era sposata, *e, rimasta vedova, aveva raggiuntogli ottantaquattro anni; non si allontanava mai dal tempio, ma partecipava al culto notte e giorno con digiuni e preghiere. *Sopraggiunta in quel momento, si mise a lodare Dio e a parlare del bambino a tutti coloro che aspettavano la liberazione di Gerusalemme. *Quando ebbero compiuto tutto secondo quello che prescriveva la legge del Signore, ritornarono in Galilea nella loro città di Nazareth. *E il bambino cresceva, e si fortificava, colmo di sapienza, e il favore di Dio era su di lui.

Un uomo chiamato Simeone. Ogni avvenimento arricchisce Maria, piena di grazia. Lo svolgersi dei primi momenti della vita terrena di Cristo e della divina maternità, spalanca la via della conoscenza di ciò che era avvolto nell’oscuro a Maria, quanto mai attenta ad accogliere tutto per amore, per fede, per obbedienza all’Altissimo, prima ancora di piegarsi agli avvenimenti in nome della ragione, della tradizione e della cultura del proprio tempo.

Maria si concepisce come Dio l’ha concepita, ossia “Piena di grazia, il Signore è con te” (Lc.1,28). Prima e soprattutto di Dio, in un certo senso, prestata agli uomini, ma la sua posizione di creatura concepita senza peccato originale fa di lei una creatura del cielo e non della terra. Le cause seconde sono quelle che Dio usa come strumenti per comunicare la sua volontà nelle circostanze o nelle situazioni esistenziali. Ora, la legge che prescrive che i maschi siano consacrati a Dio, diventa un’occasione attraverso cui Dio rivela la sua volontà a Maria. La persona scelta è il profeta Simeone, “uomo giusto e pio che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui” (Lc. 2,25).

Dio stabilisce i suoi rapporti con ciascuno di noi con lo stile del “Padre nostro”. Direttamente o indirettamente, Egli ci fa conoscere la sua volontà attraverso le facoltà dello Spirito, l’intelligenza, la volontà, la memoria, il Battesimo e gli altri sacramenti, il Vangelo, la Chiesa, il magistero del Papa e dei Vescovi uniti nell’unica verità del Credo, simbolo apostolico. Essere cristiano vuol dire seguire Gesù ed avere in noi gli stessi sentimenti che erano in Lui (Fil.2,5), vuol dire essere chiesa. Poiché non costruisci la Chiesa se Cristo non è nel cuore. Ma questo esige una scelta chiara per Cristo, sull’esempio di Maria. “Riconoscerete che il Signore è Dio; Egli ci ha fatti e noi siamo suoi” (Sal.99,3).

Egli lo prese tra le sue braccia. Maria scorge negli occhi del profeta Simeone lo sguardo soprannaturale. In lui, qualcuno è presente. Qualcuno deve condurla all’approfondimento interiore di se stessa, affinché possa attingere quella forza soprannaturale in cui è stata concepita per far fronte alle prove del percorso di madre di Gesù. I rapporti personali e interpersonali tra madre e figlio partono dall’amore e dal reciproco legame d’interdipendenza ormai sviluppato: l’io di Maria e il tu di Gesù.

Il profeta Simeone si sofferma a rivelare, in nome di Dio, i rapporti di Gesù con gli altri, le genti pagane (Lc.2,32). L’alterità dell’amore verso gli altri consiste nel collocare chi lo professa nella condizione di servo degli altri fino al sacrificio di sé. Un sacrificio d’espiazione e di rigenerazione che pone il genere umano nella dimensione di figli adottivi di Dio in Gesù, morto e risorto. “Ecco, questi è posto a rovina e a risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione” (Lc.2,34). Chi respinge Cristo, da Cristo sarà giudicato. “Chi non è con me, è contro di me” (Lc.11,23). Chi, invece, accoglie Cristo per amore, per libera scelta, a sua volta diventa “luce per illuminare le genti pagane” (Lc.2,32), perché Cristo è “la luce del mondo” (Gv.9,5). Ora, la luce non si può non vedere. Ecco il peccato: peccare contro la luce, nella luce, nella verità, ossia pur sapendo e vedendo ciò che Gesù ha fatto per me, io mi rifiuto di credergli e di lasciarmi rigenerare dal suo sangue, dal sangue del martire più grande della storia, il Figlio di Dio.

L’alterigia della cultura liberista-radical-borghese, insegna oggi, da tutti i pulpiti dell’informazione, che l’uomo è per l’uomo l’essere supremo. Il futuro dipende dalle mani dell’uomo. “Io sono la mia resurrezione o la mia rovina”. “Tutti gli uomini, insieme sulla bilancia, sono meno di un soffio” (Sal.61,10).

A te stessa una spada attraverserà l’anima. La meraviglia, lo stupore, la sorpresa, l’ineffabile, il divino compongono l’atmosfera del cuore di Maria e di Giuseppe dopo le parole del profeta Simeone. “Il padre e la madre erano meravigliati delle cose che si dicevano di lui” (Lc.2,33). Gli occhi del profeta sono depositari del messaggio di Dio a quella singolare famiglia davanti all’Altissimo ma non certo agli uomini. Di nuovo compaiono nella vicenda dell’incarnazione l’esistenza di due fili o vie, oppure due cammini sui quali essa si realizza. Il filo socio-religioso-culturale, in tutto simile a qualsiasi altro nucleo familiare, e il cammino nascosto interiore che Cristo, Maria e Giuseppe percorrono nell’adempimento della volontà di Dio.

L’Incarnazione, a questo punto, coinvolge tutti, benché siano evidenti i ruoli e i compiti assegnati a ciascuno. La strada della presenza di Dio nascosta nell’umano, in quella misteriosa forma, chiede sacrifici solidali per attuare la dimensione dell’amore di Dio nel cuore umano. Maria è generatrice anche di questo cammino, sotto l’azione dello Spirito santo, essendone la sposa e la piena di grazia.

L’idea del Figlio sacrificato in croce per la Redenzione si delinea nelle parole del profeta Simeone quando recita: “A te stessa una spada trapasserà l’anima” (Lc.2,35). Maria è una testimone vivete del modello cristiano del vivere. Di lei, tutto è destinato a tutti. Allo stesso modo delle madri, Lei dona tutta se stessa per i figli, sia per la nascita in questo mondo, sia per la nascita alla vita di Dio in previsione della comunione eterna. Maria libera gli uomini dal vuoto di Dio, impedendo di divenire umanità priva della figliolanza divina. Maria è protagonista, insieme con Gesù, nel sacrificare se stessa per noi. Restare fedeli a Gesù, anche nell’ora della tempesta dell’anima o della storia, dell’uomo vecchio contro l’uomo nuovo, vuol dire vivere fino in fondo l’impegno con Cristo. Vuol dire amarlo fino alla fine.

Il testo evangelico non riporta nessuna parola pronunciata da Maria, ma l’insieme della narrazione, dal profumo di questo passo della scrittura, emana la certezza che la parola di Simeone penetrò la Santissima Vergine e in quel momento Lei ha assunto e compiuto con la sua accettazione, tutto il mistero di quel dolore. Le profezie che erano state loro annunciate, riguardavano l’avvenire. Quand’ebbero adempiuto la Legge, ritornarono in Galilea nella città di Nazareth, riprendendo la vita ordinaria senza movimenti e fatti esteriori straordinari.

Per quanto ci riguarda sovente la vita d’ogni giorno ci appare insopportabile, abbiamo sempre bisogno di cose straordinarie per sentirci di buon umore e ottimisti. Ma è bene pensare che le cose straordinarie passano, mentre quelle eterne non passano. Il segreto della vita eterna è che non ha eventi straordinari, essa è continua.

Ad ogni istante della vita, dobbiamo fare come la Santissima Vergine e san Giuseppe: andare, venire, sull’autobus, per strada, al lavoro con la certezza che il segreto della vita eterna è il vivere nell’attesa.

Rivelazione di Gesù nel tempio

Capitolo 2,41-52

*Ogni anno i suoi genitori si recavano a Gerusalemme per la festa di Pasqua. *Ora, quando egli giunse all’età di dodici anni, vi salirono secondo l’usanza della festa. *Passati i giorni della solennità, si avviarono per fare ritorno mentre il giovane Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. *Pensando che egli fosse nella comitiva, camminarono per una giornata, poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; *ma non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. *Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e poneva loro delle domande. *E tutti quelli che lo ascoltavano erano pieni di stupore per la profondità delle sue risposte. *Al vederlo rimasero sorpresi, e sua madre gli disse: Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io ti abbiamo cercato angosciati. *Rispose loro: Perché mi cercavate? Non sapevate che io debbo stare nella casa del Padre mio? *Ma essi non capirono ciò che aveva detto loro. *Poi partì con loro per tornare a Nazareth, ed era loro sottomesso. E sua madre serbava tutti questi avvenimenti nel suo cuore. *Gesù cresceva in sapienza e statura e nel favore davanti a Dio e agli uomini.

Questo episodio della vita di Gesù, rompe il silenzio degli anni di Nazareth e serve ad indicare la vera identità di Gesù e la sua missione. Il nostro centro d’interesse sta nella frase profetica di Gesù al tempio: “Non sapevate che io debbo stare nella casa del Padre mio?”.

Gesù ci rivela il suo rapporto unico con Dio, il Padre, com’era stato annunciato dall’Angelo. Il legame profondo col Padre diventa il principio guida delle sue scelte. In questa prima frase di Gesù al Tempio si avverte già il timbro delle parole che dirà nella sua esistenza pubblica, quando interpreterà la sua missione salvifica per gli uomini. Tutti gli altri particolari dell’episodio, la festa di pasqua, la sua presenza nel tempio tra i maestri, la domanda della madre, sono subordinati al motivo centrale e da questo ricevono nuovo significato. Non scordiamo che il pellegrinaggio delle famiglie a Gerusalemme per la pasqua rientrava nelle usanze religiose ebraiche. La partecipazione del giovane Gesù, nell’anno che precede il riconoscimento della maturità religiosa del giovane ebreo, fissata tredici anni, rende comprensibile anche la sua permanenza nelle adiacenze del tempio, dove i maestri tenevano le loro lezioni sulla Legge religiosa per i giovani che dovevano essere riconosciuti “adulti”, con il diritto di leggere la Torah nella sinagoga. Gesù partecipa alla discussione, ascoltando e ponendo domande, secondo il metodo d’insegnamento in uso nelle scuole rabbiniche.

Tuttavia, noi, rileggiamo questi dati alla luce della rivelazione successiva di Gesù. Egli non è soltanto pieno di sapienza, ma è la sapienza stessa, vale a dire la rivelazione piena della divina volontà. In tale situazione anche la permanenza di Gesù a Gerusalemme, nel tempio, la ricerca angosciosa di Maria e Giuseppe, sono tratti allusivi al dramma della passione che si svolgerà a Gerusalemme circa vent’anni più tardi.

La domanda della madre, formulata secondo un’espressione stereotipata della letteratura biblica, perde ogni sfumatura di rimprovero. Essa rivela, se mai, stupore e un oscuro presentimento del futuro. Maria non comprende la risposta di Gesù, come non la comprenderanno gli apostoli che rimarranno stupiti e impauriti davanti all’annuncio della passione. La realtà profonda di Gesù, in particolare la sua missione, che passa attraverso la morte per arrivare alla gloria, può essere accolta soltanto per mezzo della fede. Questo è precisamente l’atteggiamento di Maria di Nazareth: una fede riflessiva e attenta, una fede progressiva che matura e si approfondisce fino all’esperienza pasquale.

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