Vangelo di Giovanni – Cap 11,1-44 a 11,45-57

Sebastiano del Piombo - la resurrezione di Lazzaro

Il settimo segno: la risurrezione di Lazzaro

Capitolo 11, 1-44

*Si era ammalato un certo Lazzaro di Bethania, il villaggio di Marta e Maria sua sorella. *Maria è la donna che profumò il Signore con un unguento e poi gli asciugò i piedi coi suoi capelli. L’ammalato era suo fratello Lazzaro. *Le sorelle mandarono a dire a Gesù: Signore, colui che tu ami è ammalato. *Sentita la notizia Gesù disse: Questa malattia non si concluderà con la morte, ma servirà alla gloria di Dio: per suo mezzo il Figlio sarà glorificato. *Gesù amava Marta, sua sorella e Lazzaro. *Tuttavia, udito che questi s’era ammalato, rimase ancora due giorni nel luogo in cui si trovava. *Poi disse ai discepoli: Ritorniamo in Giudea. *I discepoli osservarono: Maestro, i giudei hanno appena cercato di lapidarti, e tu ritorni là? *Gesù rispose: Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno non inciampa perché vede la luce di questo mondo. *Ma se uno cammina di notte inciampa perché gli manca la luce. *Disse questo e soggiunse: Il nostro amico Lazzaro dorme, ma vado a svegliarlo. *E i discepoli: Signore, se dorme guarirà. *Gesù aveva parlato della sua morte, ma i discepoli avevano inteso che egli parlasse del riposo del sonno. *Allora Gesù disse apertamente: Lazzaro è morto, *e sono contento per voi di non essere stato là, affinché crediate. Ma andiamo da lui. *A queste parole Tommaso, che significa gemello, si rivolse agli altri discepoli e disse: Andiamo anche noi a morire con lui. *Al suo arrivo, Gesù trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. *Dato che Bethania dista da Gerusalemme soltanto pochi chilometri, *molti giudei erano andati da Marta e Marita a fare le condoglianze per la morte del fratello. *Marta, appena seppe dell’arrivo di Gesù, gli andò incontro. Marita invece rimase in casa. *Marta disse a Gesù: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto; *ma so che anche ora, qualunque cosa chiederai a Dio, Dio te la concederà. *Gesù rispose: Tuo fratello risorgerà. *E Marta: Sì, lo so che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno. *Gesù soggiunse: Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se morto, vivrà. *Chiunque vive e crede in me non morirà in eterno. Credi tu questo? *Rispose: Sì, Signore, credo che tu sei il Messia, il Figlio di Dio, colui che doveva venire nel mondo. *Poi andò a chiamare Marita, sua sorella, dicendole a bassa voce: il Maestro è qui e ti chiama. A queste parole Maria si alzò in fretta e gli andò incontro. *Gesù non era ancora entrato nel villaggio, ma si trovava sempre nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. *I giudei che si trovavano in casa con lei a confortarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando che andasse al sepolcro a piangere. *Maria invece, giunta dove stava Gesù, vedendolo si buttò ai suoi piedi dicendogli: Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. *Gesù, vedendola piangere e insieme a lei piangere i giudei che l’accompagnavano, fremette nel suo cuore e si turbò. *Disse: Dove l’avete deposto? Gli risposero: Signore, vieni a vedere. *Gesù pianse. *I giudei dicevano: Guarda come lo amava! *Ma altri dicevano: Non poteva costui che ha aperto gli occhi al cieco fare anche in modo che questi non morisse? *Gesù, ancora fremendo dentro di sé, giunse al sepolcro. Era una grotta, con l’ingresso chiuso da una pietra. *Gesù ordinò: Togliete la pietra. E a Marta, la sorella del morto, che gli osservava: Signore, già puzza, è sepolto da quattro giorni, *rispose: Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio? *Tolsero la pietra. Gesù, alzato lo sguardo al cielo, disse: Padre, ti ringrazio di avermi ascoltato. *Sapevo che tu mi ascolti sempre. Ma ho parlato così per la folla che mi circonda, affinché creda che tu mi hai mandato. *Detto questo, gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori! *Il morto uscì, le mani e i piedi legati con bende e il volto coperto da un sudario. Gesù disse: Scioglietelo e lasciatelo andare.

Gesù nella sua peregrinazione scendendo dai confini della Galilea si era avvicinato al Giordano e aveva seguito per un certo tratto la strada che, fiancheggiando il fiume, portava verso Gerusalemme. Ad un certo punto egli, attraversato il fiume, rimase per qualche giorno in Transgiordania. In quei giorni lo raggiunse una notizia molto triste da Bethania, il villaggio di Marta e Maria: il loro fratello Lazzaro, era ammalato in maniera grave ed era in pericolo di vita. Le due sorelle, pur restando a casa ad assistere il fratello infermo, erano informate in modo approssimativo dei viaggi e delle soste di Gesù, e saputolo in Transgiordania a circa una giornata di cammino da Bethania, gli inviarono un messaggio per comunicargli le condizioni del loro fratello: confidando nell’affetto particolare che egli portava a tutte e tre della famiglia, esse speravano che Gesù sarebbe accorso e con la sua presenza avrebbe impedito la morte. Nelle meditazioni del vangelo giovanneo abbiamo incontrato il segno dell’ “acqua” (la samaritana); poi il segno della “luce” (il cieco); in questo capitolo un altro segno, “la vita”, che sintetizza tutto il cammino del cristiano, che è un continuo esodo dalla morte alla vita. Il racconto di Giovanni ha un modo di procedere simile ad un dramma che tiene il lettore sospeso, per il continuo susseguirsi di conseguenze.

La risurrezione di Lazzaro è l’ultimo e il più grande segno operato da Gesù prima della sua morte, ed è anche il motivo più immediato della sua condanna a morte (Gv.11,47-53). Molti temi s’intrecciano nel racconto: L’amore di Gesù a Lazzaro e alle sue sorelle, il presentimento della sua morte imminente, la risurrezione, l’autorivelazione di Gesù come risurrezione e vita, ecc…ma soprattutto la manifestazione della sua gloria e la fede corrispondente. La drammatizzazione dell’episodio è al servizio di un insegnamento profondo e articolato. Quand’è lontano (vv.1-16), all’annuncio della malattia, Gesù afferma che questo è per la gloria di Dio, perché sia glorificato il Figlio di Dio (v.4): e lo scopo della morte di Lazzaro è “che crediate” (v.15). L’incontro con Marta e Maria (vv.17-32) è tutto incentrato sulla fede e la speranza nella risurrezione, che è Cristo stesso, risurrezione e vita (v.25). Nella risurrezione di Lazzaro (vv.34-45) infine, troviamo una frase che riassume il duplice tema: “Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?” (v.40).

“Questa malattia non è per la morte”. Gesù aspetta senza preoccuparsi che l’amico Lazzaro sia morto (vv. 6.11). Egli attende che il ciclo della morte si compia in Lazzaro, affinché l’iniziativa del Dio della vita si manifesti in tutto il suo spessore. Ma, soprattutto, Gesù vuol preparare i discepoli a comprendere il miracolo come un “segno” ( Gv 2,11), in cui possano scoprire la gloria del Padre e di Gesù (v. 4b), affinché i discepoli credano, e nella fede incontrino la vita.

“Il dialogo tra Gesù e Marta”. Diversamente da quanto avviene nell’episodio della cena narrato da Lc 10, 38-42, qui è Marta, e non Maria, ad avere il ruolo principale e a comprendere meglio ciò che sta per accadere. Marta crede che “qualunque cosa Gesù chiederà a Dio, Dio gliela concederà” (v. 22). Da questo inizio di fede, passando attraverso la professione sulla “risurrezione nell’ultimo giorno” (v. 24), Marta è condotta da Gesù di fronte ad un nuovo appuntamento della fede: viene da lui provocata ad una fede più grande nella sua persona (vv. 25-26). Si tratta di credere in lui già ora, al presente e non soltanto al futuro: “Gesù è la risurrezione e la vita” (v. 25).

“Credi tu questo?”. La risurrezione di Lazzaro non è soltanto un segno della risurrezione generale, nell’ultimo giorno, ma anche il segno concreto della potenza vivificante di colui che già ora ha “parole di vita eterna” (Gv 6,68) perché “come il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso anche al Figlio di avere la vita in se stesso (Gv 5,26).

Gesù offre a Marta la più grande rivelazione cristologia che si possa immaginare quando, con quel “Io sono la risurrezione e la vita” (v. 25), pone se stesso sullo stesso piano dell’Io Sono di Dio nella teofania a Mosè: “Io sono colui che sono” (Es 3,14).

Gesù è in piedi davanti al sepolcro. Maria e Marta, i loro amici e alcuni giudei sono vicini a lui. La tomba è una grotta, il cui ingresso è chiuso da una grossa pietra. Nella tomba, il corpo di Lazzaro, morto da quattro giorni, è già in cattivo stato. Quando Gesù disse: “Togliete la pietra”, Marta gli fa osservare: “Signore, già manda cattivo odore, perché è di quattro giorni”. Il Figlio di Dio, il Verbo coeterno del Padre per mezzo del quale tutto è stato fatto e per mezzo del quale gli uomini sono stati creati, il Signore, e il Padrone di tutto. In lui è la vita. Egli porta agli uomini la vita della grazia. E’ il Signore della vita e della morte, venuto a portare agli uomini la vita eterna. Egli manifesterà ora pubblicamente che ha il potere di dare agli uomini la vita che non ha fine. Tutti i presenti sono in stupita e trepida attesa. La voce imperativa di Gesù a Lazzaro, cadavere da quattro giorni (v. 43), è la voce di colui che già ora rivolge ai suoi la parola di Dio, chiamandoli alla vita.

“Lazzaro, vieni fuori!” Poi un profondo silenzio e oltre all’attesa un senso di terrore. Ed ecco il miracolo, il segno: Lazzaro, avvolto in bende dalla testa ai piedi, s’è alzato – visione allucinante per i presenti – per ubbidire alla voce di colui che lo ha chiamato.

E’ avvenuto quello che gli uomini stimavano impossibile: un morto è stato richiamato alla vita. Il segno folgora con la sua potenza: gli spettatori sono sbalorditi. Consideriamo il senso del segno. Prima di compiere il segno, Gesù ne vuole precisare lo scopo: alza gli occhi al cielo e dice: “Padre ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”.

Ecco perché i morti “dormono soltanto” (v. 11), “vivono anche se muoiono” (v. 25), e “morire” non è più morte (v. 26). Gesù chiama alla vita non soltanto Lazzaro, ma tutti noi perché mediante la fede veniamo alla vera vita: “Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna…” (5, 24).

Crediamo, noi questo? Per bocca di Marta, la comunità di Bethania confessa la sua fede: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo” (v. 27).

La decisione di uccidere Gesù

Capitolo 11,45-57

*Molti giudei, che erano andati da Marita, constatando ciò che Gesù aveva fatto, credettero in lui. *Alcuni invece andarono dai farisei a raccontare l’accaduto. *Allora i capi dei sacerdoti e i farisei convocarono un consiglio. E dicevano: Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. *Se lo lasciamo fare, tutti crederanno in lui, e verranno i romani e distruggeranno il tempio e la nostra nazione. *Uno di essi, chiamato Caifa, che i quell’anno occupava la carica di sommo sacerdote, disse loro: Voi non capite nulla, *non riflettete che è meglio che un uomo solo muoia per il popolo, piuttosto che correre il rischio che perisca tutta la nazione. *Non disse questo da se stesso ma, essendo in quell’anno sommo sacerdote, profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione, *e non soltanto per la nazione, ma per ricondurre all’unità tutti i figli di Dio dispersi. *Pertanto da quel giorno deliberarono di farlo morire. *Per questo Gesù non si mostrava più fra i giudei, in pubblico, ma si ritirò ai margini del deserto, in una città chiamata Efraim: si fermò là con i suoi discepoli. *Si avvicinava la pasqua dei giudei, e molti da quella regione salirono a Gerusalemme per purificarsi prima della festa. *Cercavano Gesù e, stando nel tempio, si chiedevano l’un l’altro: Pensate che verrà alla festa? *Nel frattempo i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove era Gesù lo denunciasse per poterlo arrestare.

Dopo la risurrezione di Lazzaro, era ormai impossibile arrestare l’ondata popolare verso Gesù. Il giudizio di morte, decretato da Caifa per paura di una sommossa popolare e di una conseguente guerra distruggitrice da parte dei Romani, è presentato da Giovanni con un profondo senso teologico della morte sacrificale di Gesù (E’ meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera, v.50). Nulla di nuovo. La solita reazione: c’è chi crede e chi condanna. Rispetto ad altre simili annotazioni c’è una precisazione: l’uomo può nascondere il proprio rifiuto, che ha ben altre ragioni, dietro il pretesto d’interessi religiosi e politici, dietro l’alibi del bene comune. Vediamo in queste annotazioni finali dell’evangelista un esempio di quella che potremmo chiamare la sua ironia, ma che è l’ironia di Dio che guida la storia a dispetto degli uomini, smentendo le loro sicurezze, confondendoli, servendosi per i propri fini di ciò che gli uomini hanno progettato per i loro. Gesù compie un gesto che gli permette di affermare: Io sono la risurrezione e la vita, ma è tale gesto che convince i giudei della necessità di ucciderlo.

Esempio d’assoluta cecità: gli uomini si ostinano a rifiutare ciò che vanno cercando. I segni di Dio sono un giudizio e costringono gli uomini a svelarsi. Alle volte gli uomini s’illudono: mostraci un segno e crederemo (2,18); ma messi di fronte al segno di Dio – un segno che non è giustificazione di se stessi e strumentalizzazione per se stessi – rifiutano proprio perché il segno è compiuto. Ecco l’ironia di Dio che entra in gioco, come appare dal commento di Giovanni (v.51ss): Caifa pronuncia una condanna su Cristo e non si accorge di fare una profezia sulla dimensione salvifica della sua morte; egli crede di eliminare il Cristo e invece gli offre l’occasione di portare a compimento la sua missione di salvezza e d’umanità. L’uomo si crede protagonista, e invece il protagonista è Dio. Giovanni nel v.51 ci offre un’interpretazione della morte di Gesù. In 10,16 Gesù aveva espresso una volontà: gli uomini, giudei e pagani, diverranno un solo gregge. Ora ci viene detto quando e come. La spiegazione di Giovanni è contenuta in questo v.51. In altre parole: innocente o colpevole Gesù deve essere sacrificato alla ragione di stato. Tuttavia Giovanni legge la storia in una luce superiore e vede nelle parole di Caifa, e precisamente in dipendenza col suo ufficio di sommo sacerdote, una profezia: Gesù deve morire per la salvezza della nazione, che allargando l’orizzonte è, in effetti, per radunare tutti i figli di Dio dispersi, i pagani.

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