Vangelo di Matteo – Cap 4


Gesù nel deserto - Ivan Kramskoï

La prova messianica

capitolo 4, 1-11

*Poi lo Spirito condusse Gesù nel deserto perché fosse messo alla prova dal diavolo. *Dopo aver digiunato per quaranta giorni e quaranta notti ebbe fame. *Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: Se sei Figlio di Dio, comanda a queste pietre che diventino pani. *Rispose: La Scrittura dice: L’uomo non può vivere soltanto di pane, ma di ogni parola che Dio dice. *Allora il diavolo lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul tetto del tempio, *e gli disse: Se sei Figlio di Dio, gettati giù perché la Scrittura dice: Dio comanderà ai suoi angeli di portarti sulle loro mani, perché tu non inciampi in qualche pietra. *Gesù replicò: La scrittura dice anche: Non mettere alla prova il Signore tuo Dio. *Il diavolo lo condusse ancora su un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con il loro splendore, *e gli disse: Tutto questo io te lo darò, se ti getti ai miei piedi e mi adori. *Ma Gesù rispose: Via da me, Satana! La Scrittura dice: Prostrati davanti al Signore, tuo Dio, e a lui solo rendi culto. *Allora il diavolo lo lasciò, e vennero gli angeli di Dio a servirgli da mangiare.

Gesù, pieno di Spirito Santo, si avvia nel deserto per lasciarsi tentare dal diavolo e inizia un periodo di digiuno di quaranta giorni. Quaranta è un numero tipico dell’A.T., e riferito a giorni o ad anni ricorre in molti casi biblici: Mosè che rimase sul monte Sinai alla presenza di Jahvè (Es.34,28), un altro caso quello di Elia che dopo aver mangiato il cibo portatogli dall’angelo camminò con la forza di quel cibo fino all’ Horeb, il monte di Dio, inoltre la marcia eroica, al limite delle forze, estenuante, del popolo d’Israele che cammina nel deserto. Il deserto è il luogo della solitudine, dello smarrimento, della fame, delle tentazioni, ed è pure il luogo del silenzio e della preghiera. Gesù si rifugia nella solitudine e vive il digiuno, la penitenza, l’austerità, la fatica, il silenzio, la preghiera. Il deserto è anche luogo dove si compiono delle scelte, perché l’uomo è posto di fronte alle domande esistenzialmente più drammatiche. L’antico Israele in quella situazione fu trovato mancante, vale a dire che dove l’antico Israele aveva fallito, Gesù ora trionfa.

Dopo quaranta giorni e quaranta notti di digiuno, Gesù doveva essere molto affamato.

La prima prova (vv.3-4) consiste nella tentazione di trasformare le pietre in pane per nutrirsi. Gesù trae la sua risposta da Dt. 8,3. Il Figlio di Dio è nutrito dalla parola di Dio, non dal solo pane. Il tentatore aveva sfidato Gesù ad impiegare il potere, che egli aveva come Figlio di Dio, per ottenere uno scopo raggiungibile con mezzi non miracolosi; infatti, Gesù risponde che il pane necessario può essere ottenuto, oltreché per i soliti mezzi umani, anche per predisposizione divina come nel caso della manna, senza impiegare sconsideratamente poteri taumaturgici per istigazione altrui. La mira del tentatore, che aveva voluto esplorare se Gesù fosse ed avesse coscienza d’essere Figlio di Dio, era fallita; la sua istigazione ad operare un miracolo superfluo era rimasta inefficace; la cura del sostentamento materiale, a cui il tentatore aveva subordinato il potere taumaturgico, era invece subordinata da Gesù alla provvidenza di Dio.

La seconda prova (vv-6-8) consiste nel promettere a Gesù tutti i regni del mondo se egli adorerà il Diavolo. La risposta di Gesù, tratta da Dt. 6,13, il Figlio di Dio rende culto solo al suo Padre celeste.

Il tentatore richiede l’omaggio che si usava con i monarchi della terra e col Dio del cielo, quello di prostrarsi a terra adorando: si tratta dell’atto di chi si ritiene moralmente più basso dell’adorato, e ne accetta la superiorità su di sé.

Nella terza prova, Gesù è trasportato sullo strapiombo più alto delle mura che circondano il tempio di Gerusalemme. Il tentatore invita Gesù ad una prova messianica: se egli il Figlio di Dio, ne sarà una splendida dimostrazione davanti al popolo affollato negli atrii del Tempio quella di gettarsi nel vuoto, giacché gli angeli accorreranno a sostenere il lanciato Messia, affinché tocchi terra dolcemente come una foglia staccatasi da un albero e cullata da un venticello. Gesù risponde citando il Dt. 6,16: il Figlio di Dio non mette alla prova suo Padre con tali tentazioni assurde e magiche.

Gesù emerge come figura totalmente obbediente alla volontà di suo Padre. Il suo atteggiamento fornisce un modello a quei cristiani che potrebbero essere tentati a dare troppa considerazione ai beni materiali, a provocare Dio o a ricercare potenza e ricchezza senza riguardo alla giustizia e alla moralità.

Tutte e tre le tentazioni mostrano una chiara relazione con l’ufficio messianico di Gesù. La prima lo vorrebbe indurre ad un messianismo comodo ed agiato; la seconda ad un messianismo raccomandato a vuote esibizioni taumaturgiche; la terza, ad un messianismo che si esaurisca nella gloria politica.

Se riflettiamo sulle tre tentazioni e alla grandezza dell’evento in sé, cogliamo l’essenza che in tre sole parole, in tre sole frasi è riassunta la storia del mondo. Pensiamo forse che tutta la sapienza della terra riuscirebbe ad escogitare qualcosa di paragonabile, per forza e per profondità, a quelle tre domande che realmente furono proposte, quel giorno, nel deserto, dal possente e penetrante spirito maligno nella terra assetata? Se ben ci pensiamo, in queste tre domande è ricapitolata in blocco e predetta tutta la futura storia umana. Esse rappresentano un simbolo di tutte le tentazioni umane, delle crisi, delle sofferenze dell’umanità.

A Cafarnao

Capitolo 4, 12-17

*Venuto a sapere dell’arresto di Giovanni, Gesù si ritirò in Galilea. *E lasciata Nazareth venne ad abitare a Cafarnao, situata in riva al lago, nel territorio delle tribù di Zabulon e Neftali. *Ciò avvenne perché si realizzasse quanto era stato detto dal profeta Isaia: *Terra di zabulon e di Neftali, in direzione del lago, paese al di là del Giordano, Galilea dei pagani! *Il popolo che vive nella tenebra vedrà una grande luce; una luce sorgerà per quelli che abitano nell’oscuro paese della morte. *Da allora Gesù incominciò a proclamare: Cambiate vita, il regno dei cieli è vicino.

In questa breve sintesi Matteo utilizza il linguaggio della catechesi cristiana: Vangelo di Dio, convertirsi e credere. E’ passato il tempo delle promesse e dell’attesa: il Messia è venuto e sta iniziando il suo ministero. In altre parole è la sua presenza che colma i tempi rendendoli veicolo della misericordia di Dio Padre e storia della salvezza. Per questo motivo “il regno è vicino”, però non è ancora realtà completa, bensì in fase d’attuazione; la vicinanza diventerà presenza attuale, possesso personale quando l’uomo, accogliendo l’invito di Gesù avrà realizzato in sé le condizioni necessarie per entrarvi. Condizione primaria è la conversione, il cambiamento profondo della vita che esige anzitutto la lotta contro il peccato, la ripulsa di tutto ciò che fa deviare dall’amore e dalla legge di Dio. Conversione simile a quella che Dio aveva chiesto a Ninive per mezzo di Giona e che i Niniviti accolsero abbandonando la loro condotta perversa (Giona 3,10). Questa è la condizione richiesta per prendere parte a questa nuova possibilità, in pratica la decisione di cambiare, di convertirsi, e il coraggio di rischiare la vita su questa offerta annunciata: credere nel Vangelo. Una rottura con le paure e le schiavitù del passato e un’apertura piena e liberà al nuovo futuro offerto da Dio. E’ necessario aderire positivamente al vangelo con una fede vivificata dall’amore che non si accontenta di accettarlo in teoria, ma lo traduce in esistenza, lo mette in pratica. E’ quindi necessario deporre quella mentalità terrestre per cui l’uomo vive e agisce unicamente in vista d’interessi e felicità temporali. “Passa la figura di questo mondo” (1 Cor. 7,31) ci ammonisce San Paolo; non è cristiano attaccarsi al mondo come ostriche allo scoglio. Occorre farsi una mentalità evangelica capace di produrre desideri, intenzioni, abitudini, comportamenti del tutto conformi al vangelo di Gesù. Ciò è urgente giacché “il tempo ha avuto una svolta”, determinata appunto dalla venuta di Gesù perciò ora non resta che una fase della storia: quella che separa l’oggi dalla venuta finale di Gesù Cristo. Il tempo ormai non ha che un senso solo: ritmare il passo dell’uomo, come individuo e come comunità, nel suo cammino verso l’eterno. Nell’annuncio di Gesù è concentrata tutta la serietà e l’urgenza della parola di Dio come risuonava negli oracoli dei profeti. Ma ora essa non permette più rimandi cavillosi, né astuti compromessi, perché si presenta con la concretezza di una persona: il regno di Dio è qui, ora, in Gesù, il Cristo. Pace, felicità, salvezza caratterizzano l’irrompere del regno di Dio nei cuori e nella storia. E’ concluso il tempo dell’attesa, il tempo è compiuto, il momento è decisivo, l’occasione propizia e favorevole è giunta. Nella parola e nell’azione di Gesù si fa vicino il regno di Dio. Esso è qui ora, a portata di mano, come reale possibilità offerta a tutti, di liberazione, di giustizia, di pace e felicità. “Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”.

I primi discepoli

Capitolo 4,18-22

*Camminando lungo il lagi di Galilea, Gesù vide due fratelli, Simone chiamato Pietro e andrea. Erano pescatori e stavano gettando le reti in acqua. *Disse loro: Seguitemi e farò di voi pescatori di uomini. *Subito lasciarono le reti e andarono con lui. *Fatti alcuni passi. Gesù vide altri due fratelli, Giacomo e Giovanni. Erano u una barca, con Zebedeo loro padre, e riparavano le reti. Li chiamò. *Subito essi lasciarono la barca e il padre e andarono con lui.

L’annuncio del regno di Dio è rivolto a tutti, e tutti sono invitati a “cambiare”. Ma qualcuno riceve un invito particolare: un invito pressante e impegnativo, perché si tratterà di lasciare tutto per un ideale che non è ancora ben chiaro: ecco gli apostoli, che accoglieranno in maniera sempre più definitiva l’invito di Gesù. Infatti, i primi discepoli incontrarono Gesù mentre erano intenti alla loro occupazione quotidiana di pescatori nel lago di Galilea. Senza essere preparati, e con scarsa deliberazione, essi lasciano le loro occupazioni e le loro famiglie per seguire Gesù, e la risposta immediata dei primi discepoli – “Subito” – indica quanto doveva essere attraente l’invito a restare con Gesù. Ma essere discepoli implica anche la partecipazione alla missione di Gesù – “Pescatori di uomini” – e anche questa dimensione è evidenziata fin dal principio. Il modo in cui Gesù chiama i suoi discepoli al suo seguito è caratteristico dello stile nuovo che il giovane rabbi vuole imporre ai suoi. Non convoca attorno a sé, come facevano i rabbini e capiscuola del suo tempo, ma invita a seguirlo. Non è dunque un maestro di pensiero seduto alla sua cattedra e che riunisce ferventi uditori ai suoi piedi, ma un rabbi itinerante, in cammino incessante per andare dal più povero e dal più lontano. E’ precisamente ciò che Gesù esige ancora oggi dai suoi: gente che “fa”, che opera, che si pone a servizio dei più poveri, generosamente, con amore.

Riassunto dell’attività di Gesù

Capitolo 4, 23-25

*Gesù percorreva tutta la Galilea: insegnava nelle loro sinagoghe, proclamava il lieto annuncio del regno e guariva la gente da ogni malattia e infermità. *Si sentì parlar di lui in tutta la Siria e gli portarono tutti quelli che soffrivano di ogni sorta di malattie e tormenti: indemoniati, epilettici e paralitici, ed egli li guarì. *Moltissima gente si mise al suo seguito. Veniva dalla Galilea, dalla Decapoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e dalla transgiordania.

Quasi tutte le parole del riepilogo della predicazione, dell’ammaestramento e delle guarigioni operate da Gesù si ritrovano in alcuni passi di marco. Anche se l’attività di Gesù è limitata alla regione della Galilea, la fama si diffonde nell’intera provincia della Siria. Questa estensione della fama di Gesù risulta dal fatto che molte persone accorrevano a lui. Persone sofferenti di ogni sorta di male venivano condotte da Gesù e venivano guarite. Gente da ogni regione di Israele, eccetto la Samaria, si univa alle folle che lo seguivano. Tali persone, insieme ai discepoli, costituiranno il pubblico del discorso del monte.

Come preparazione al discorso del monte, Matteo ha stabilito la superiorità di Gesù su Giovanni il Battista (3,1-12), narrato il riconoscimento divino di Gesù come Figlio di Dio (3,13-17), e mostrato il carattere del Figlio di Dio (4, 1-11). Egli ha anche spiegato perché Gesù ammaestrava e guariva in Galilea (4,12-17), e come egli aveva attirato a sé una cerchia intima di discepoli (4,18-22), e un gruppo più ampio di seguaci interessati (4,23-25). Il discorso del monte rivelerà la potenza di Gesù come Maestro.

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