Nel Getsemani: Non sei anche tu…

…dei discepoli di quest’uomo? Egli rispose: “Non lo sono” (Gv.18,17).

La Chiesa –parrocchia sente di far parte di questo itinerario della passione. La strada che porta alla mia Chiesa riporta le impronte della via Crucis; ma seguiamo il percorso del Maestro. Gesù è catturato. Lo è tutti i giorni in qualche parte o in tutte le parti dell’umanità. L’ora delle tenebre è scandita dall’orologio dell’odio, di Satana, l’anticristo. La superiorità del male celebra i fasti della violenza, dei crimini, delle guerre, delle condanne a morte in massa in nome dei nazionalismi, delle religioni, delle ideologie, della lotta spietata dell’uomo forte nei confronti dell’uomo debole, ma, soprattutto in nome del denaro. Il Dio denaro occupa il cuore di tutti; oggi, l’anima è diventata “la piazza degli affari”.

La lotta contro chi osa denigrare il denaro e il progresso è spietata. Non meno pericolosa è la paura o la vigliaccheria di mostrare apertamente di appartenere a Cristo con la testimonianza dei propri atti e della propria professione religiosa.
Tutto ciò inizia nell’atrio di Pilato. Ad ascoltare il maestro è presente anche Pietro. La gente ormai lo conosce come un seguace permanente del profeta di Nazareth. E’ facile, quindi, alla ciurmaglia dell’atrio di Pilato, riconoscerlo come un discepolo di Gesù.

A Pietro vien chiesto la riconferma, ma l’apostolo nega con tutte le sue forze. Pietro ha paura, tanta paura. “Non conosco quell’uomo che voi dite!”. Come gli aveva profetizzato Gesù, gli risponde il canto del gallo della notte. Fra Pietro e Gesù c’è un abisso. Vedendolo, l’apostolo si ravvede, soprattutto quando i suoi occhi s’incontrano con quelli di Cristo nell’atrio di Pilato.

Anche noi andiamo sempre in Chiesa. Cari cristiani parrocchiani, ci sono momenti in cui sulla porta del tempio incontriamo la paura, tanta paura. Di fronte a tanta gente chiacchierona e maldicente, è facile modificare la nostra identità.

Forse noi ci indicheremo la cronaca, il quotidiano. E allora potremmo dire: “Guarda cosa ha fatto quel vescovo, quel prete, quella suora, quel laico cristiano tutto altare e rosario”.
Chi va in Chiesa è come gli altri; il brutto è che, invece, è peggio degli latri. Questa è una ragione di più, cari cristiani parrocchiani, per rivedere la nostra appartenenza alla Chiesa-parrocchia, potenziando l’autenticità, la verità del nostro essere cristiani, senza mettere mano o giudizio sulla condotta altrui, perché non spetta a noi giudicare né chi sta in alto, né chi sta in basso nella Chiesa del Signore.

La Chiesa è un’esperienza religiosa per una vita nuova, per una crescita interiore, legata agli stessi sentimenti di Cristo, mossa dallo Spirito Santo, “Il Maestro interiore”.
Certo, molti ritengono “bello” sposarsi in Chiesa, celebrare la notte di natale tra luci e canti, la Pasqua; è doveroso dare l’ultimo commiato alle persone care, festeggiare, in modo consumistico e borghese, la prima Comunione, la santa Cresima, il Matrimonio, ma nulla di più.

Questo meccanismo è frutto di una mentalità scristianizzata, benché, da parte della Chiesa sia purtroppo tollerato.
Chi è cristiano, oggi, deve ritenersi colpevole se non sa capire il laicismo, vera religione del futuro e non sa impostare un dialogo con il mondo che parta dal Vangelo e dall’Incarnazione di Cristo, e non dai luoghi comuni della cultura di massa. Il Santo Padre ha intuito questo dramma fin dall’inizio del suo pontificato: “Non abbiate paura di Cristo”. Pietro pianse amaramente. E noi?

Indice: Spiritualità del Cristiano