Il razzismo

L’Olocausto

Il 30 gennaio 1933 si rivelerà il giorno più nefasto della storia europea: Adolf Hitler, un ex imbianchino di origine austriaca, ex caporale della grande guerra, diventa cancelliere del Reich, cioè dell’impero germanico. Come tutti sappiamo è il leader del Partito nazionalsocialista, abbreviato in Nazismo, suo simbolo è la croce uncinata. Il suo pensiero e i suoi programmi sono terribili e chiarissimi ed esposti nel libro: Mein Kampf (la mia battaglia). Se i governanti europei del tempo l’avessero letto e preso sul serio, forse si sarebbero accordati per fermare questo folle sanguinario prima che traducesse in fatti le sue deliranti idee. Tuttavia la storia non si fa con i se e con i ma. Il nazismo, facendo leva sui sentimenti pangermanici del popolo tedesco, ma soprattutto sulle frustrazioni a causa della sconfitta nella prima guerra mondiale e dal trattato di Versailles (sconfitta attribuita, oltre a Francia ed Inghilterra, ad un inesistente complotto interno ordito, manco a dirlo, dagli ebrei) presenta subito il suo biglietto da visita. Un paio di mesi dalla sua elezione a cancelliere le bande hitleriane delle S.A. assaltano il tribunale di Breslavia ed aggrediscono i giudici e gli avvocati ebrei, con il beneplacito della polizia che non interviene. In pochi mesi gli ebrei tedeschi sono espulsi dalle scuole e assistono al rogo dei loro libri arsi sulle piazze, mentre Goebbels, genio demoniaco della propaganda nazista, urla: “Queste fiamme non illuminano soltanto la fine della nostra epoca, ma anche l’inizio di un’epoca nuova”.

La scienza e l’economia sono rese judenrein in altre parole depurate dall’ebraismo. Viene persino fondato un comitato per dimostrare che Gesù non era ebreo. Nel 35 le famigerate leggi di Norimberga (nel 38 accolte dal fascismo italico) privano gli ebrei della cittadinanza tedesca. Accade così che gli ebrei si trovino senza patria dall’oggi al domani. Sempre più indesiderati e perseguitati nel Terzo Reich. Migliaia sono i suicidi, mentre i più fortunati riescono ad emigrare clandestinamente in Palestina. Chaim Weizmann affermerà che il mondo si divide tra “i paesi dove gli ebrei non possono vivere e quelli dove non possono andare”. Nel 38 Hitler annette l’Austria, e così anche per gli ebrei austriaci inizia lo stesso calvario degli ebrei tedeschi. A Evian, sempre in quell’anno, si tiene una Conferenza internazionale per il problema dei profughi, alla presenza di trenta paesi. I delegati, uno dopo l’altro, non fanno altro che confermare che in casa loro, per gli ebrei, non c’è posto. Soltanto tre paesi aprono le porte ai perseguitati in cerca di scampo: Olanda, Danimarca e Santo Domingo.

L’escalation germanica ingloba la Cecoslovacchia, la Polonia, il Belgio, l’Olanda, la Francia, la Danimarca, la Russia con la tragica campagna, la Jugoslavia, la Grecia, l’Ungheria. Il terzo Reich annette tutto quanto, simile ad una bestia famelica. Nel 1942 gli ebrei che vivono nei territori occupati sono ormai dieci milioni. E’ a questo punto che inizia la nascita dei famigerati “campi”: Bergen Belsen, Buchenwald, Flossenburg, Dachau, Terezin, Dora, Niedewrhagen, Sachsenhausen, Ravensbruck, Mauthausen, Chelmno, Stutthof, Treblinka, Auschwitz, Majdanek, Belzec, Sobibor, Babi Yar, Ialy Trostinets,Ponary, Jasenovac, Sajmiste e altri sinistri nomi. In questi luoghi di dolore, d’annullamento, di morte saranno sterminati gli ebrei, ma anche tutti i “diversi” che minacciano la pura razza ariana: negri, zingari, omosessuali, handicappati. Solo al termine della seconda guerra mondiale (ma qualcuno sapeva), quando gli anglo-americani da una parte e i russi dall’altra entrano nei recinti dei lager, e si scoprono le camere a gas, i forni crematori, le fosse comuni, le cataste di scheletri umani che di umano non hanno più nulla, il mondo apprende lo spaventoso bilancio dell’olocausto: sono stati uccisi sei milioni di ebrei, tre milioni di polacchi, un milione e mezzo di russi, 500mila rumeni, 200mila cecoslovacchi, 200mila tedeschi, 180mila ungheresi, 100mila olandesi, 80mila francesi, 200mila tra austriaci, belgi, greci, italiani, jugoslavi.

Tuttavia durante quegli anni bui, una delle più grandi pagine eroiche fu scritta dagli ebrei nella rivolta del ghetto di Varsavia nel 1943. Certi di eliminare il ghetto in tre giorni, truppe tedesche ben armate si ritrovarono a fronteggiare la fiera ed eroica resistenza di uomini e donne. I tedeschi impiegarono circa un mese prima di raggiungere il loro obiettivo. A mio avviso personale, la nazione ebraica nacque in quei giorni. Tutto il razzismo contro gli ebrei dovrebbe averci insegnato qualcosa. Invece ancora oggi a distanza di 60 anni, un gruppo di sedicenti storici francesi, inglesi e tedeschi ha fondato la corrente del “revisionismo”, che si propone di dimostrare che l’Olocausto non è mai avvenuto, e che il nazifascismo non è responsabile di tutti quei morti e di quegli orrori.

Per questa gente Primo Levi (e tanti altri come lui sopravvissutI) è un bugiardo o vittima di un brutto incubo. Papa Giovanni Paolo II ha riconosciuto con grande coraggio gli errori della Chiesa, prima nella sinagoga di Roma chiedendo scusa agli ebrei delle incomprensioni e dei pregiudizi del passato, poi durante la sua visita in Israele, ha chiesto perdono, abbracciando simbolicamente gli ebrei come “fratelli maggiori dei cristiani”. Non dobbiamo mai scordare che Gesù era ebreo, ebrei erano i suoi discepoli e i primi cristiani, ebrea era Maria, e noi tutti condividiamo con gli ebrei la grande eredità dell’Antico Testamento.