L’aborto

Le argomentazioni etiche

Per formare un giudizio sul valore morale dell’aborto, la coscienza tiene presente uno dei pochi principi etici assoluti. Esso afferma: la vita dell’uomo è sottratta all’intervento di un altro uomo (il comandamento “Non uccidere”); essa dipende dal potere e dalla volontà discrezionale di Dio. Il diritto alla vita, che è il principio di tutti gli altri diritti, deve occupare un posto di preminenza rispetto a qualsiasi altro valore d’ordine giuridico, terreno. Non deve essere subordinato a valori di secondo ordine, poiché esso è un diritto umano prestatale, è inalienabile e inviolabile per tutti gli esseri umani. Ma la vita non ancora venuta alla luce ha lo stesso diritto all’assoluta protezione giuridica come la vita già completa?

L’unità dello sviluppo embrionale permette di rispondere affermativamente alla domanda. Ogni sviluppo presuppone una costante, altrimenti ne andrebbe di mezzo l’identità. Anche se le cellule nel corso della rigenerazione animale dell’uomo si rinnovano, le cellule del sistema nervoso sono sempre le stesse dal primo momento della loro formazione. Quindi l’inizio e il termine della vita umana si svolgono come un unico processo. Iniziato questo processo, nessun uomo ha più il diritto di intervenire direttamente su di esso. Il rispetto di fronte all’ingresso della vita deve essere uguale al rispetto che si ha di fronte alla sua crescita. Non solo, non posso negare che la liberalizzazione dell’aborto favorisce in fondo la liberalizzazione dell’eutanasia.

Tra i principi fondamentali si deve affermare che il feto, nel senso di vita degna di protezione, è presente fino dalla fecondazione. Questa vita è inviolabile e non è a disposizione di terzi. Ciò vale anche per la madre, perché il feto non deve essere considerato come parte del suo corpo (come erroneamente si pensa) ma come vita affidatale. La considerazione morale deve condurci a concludere che nessuna delle date successive dello sviluppo del feto è paragonabile alla fecondazione come data originaria del sorgere della vita umana.

La Chiesa dunque con le sue proposizioni dogmatiche, quando si pronuncia contro la liberalizzazione giuridica, la legalizzazione dell’aborto, essa non fa altro che difendere i diritti dell’uomo antecedenti allo Stato, a favore anche degli inermi che ancora non hanno visto la luce. A questa sua condotta essa ispira la funzione critica nei riguardi della società, anche se oggigiorno è sovente poco ben accetta.
L’aborto, voglio ricordarlo ancora, priva il bambino della sua evoluzione vitale sul piano naturale e soprannaturale, grave infrazione al precetto fondamentale dell’amore.

Le conseguenze dall’entrata in vigore della legalizzazione dell’aborto

E’ urgente riflettere sulle complicazioni nate e derivate dalla liberalizzazione dell’aborto. E’ sorta una mentalità dell’aborto, perché molti uomini concepiscono tale liberalizzazione come giustificazione morale. Ossia, dalla costrizione a partorire, quando è stata allentata la disciplina dell’aborto, si è passati a una costrizione ad abortire a cui si è esposta contro la sua volontà la futura madre da parte del padre del bambino o addirittura dei parenti.

Poiché la distruzione e la conservazione della vita umana sono state soggette a semplici considerazioni di ordine utilitaristico, cioè sono state condizionate da una mentalità efficientistica, questo ci ha portati al cedimento di un argine morale che ci ha condotti ineluttabilmente alla distruzione di altre norme morali. L’inviolabilità della vita umana, è bene non scordarlo mai, è ben più di una prescrizione morale ad altissimo livello.

Essa risponde alla comune sensibilità morale e fa parte del minimo di moralità, del criterio più elementare che regola i comportamenti indispensabili a rendere possibile la convivenza degli uomini. Se analizzassimo il concetto di “Libertà religiosa” (vedi anche dalla rubrica oggi parliamo di: “La libertà e le libertà”) rifletteremmo sul fatto che la libertà dalla coercizione nella società civile trova un limite, quando la società terrena nella doverosa difesa della moralità pubblica intesa come garanzia dell’ordine pubblico, deve proteggere la libertà dall’abuso.

Le tesi che sostengono l’aborto non sono solide. Inoltre, riguardo alla teoria, “l’utero mi appartiene” si deve dire che il bambino concepito non è una proprietà di cui la madre può disporre a piacimento, ma rappresenta un organismo in sé. Vale a dire che a differenza di tutte le altre membra, la madre nel momento della nascita lo deve dare. Fino ad allora il concepito è affidato alle sue cure.

Sul piano morale, l’aborto, essendo eliminazione di una vita umana, è e resta un oggettivamente omicidio, anche se nel caso singolo possano esserci motivi attenuanti.
Esistono pochi problemi morali, in cui la concretizzazione del principio morale assoluto, vale a dire l’inviolabilità della vita umana, è così logica come nella questione aborto.

Ecco perché diventa importante per le madri in attesa di rivolgersi ad un consultorio, dove possono affrontare la tematica della questione sia dal punto di vista medico, morale e giuridico.
Ma c’è un altro aspetto da tenere presente. Nel rapporto etica-diritto è subentrata una mentalità diversa circa la funzione del diritto in una società pluralistica. Nell’ambito privato delle sue decisioni di ordine morale la persona è, per quanto possibile, affrancato da regolamentazioni giuridiche. La moralità presuppone conoscenza e libertà. Vale a dire che la persona non può essere oggetto di costrizione dal di fuori. Il potere “coercitivo” dello Stato deve limitarsi alla difesa dei comportamenti nocivi della società.

Quindi lo Stato non è tenuto a punire ogni comportamento che sia di per sé immorale. Etica e diritto non coincidono. Tuttavia con ciò non dico che essi non abbiano tra loro delle interferenze. Nessuno Stato può trincerarsi in una posizione moderatrice neutrale di fronte ai valori. Esistono delle idee-valore universalmente valide e giuste, preesistenti allo Stato, tra cui i diritti dell’uomo (difesa della vita), ai quali anche il legislatore è tenuto (ciò che non è stato fatto nella legislazione dell’aborto). Altrimenti lo Stato non è in condizione di conservare l’ordine pubblico fra coloro che convivono nella società statale. Nel momento in cui si sopprime il rapporto tra etica e diritto, le persone, come indicano le vicende non di rado terrificanti nella storia, vivono l’esperienza della totale mancanza di libertà propria delle ideologie totalitarie.

Ma si può stabilire in concreto il limite preciso oltre il quale il potere dello Stato deve impedire gli attacchi contro l’ordine morale con misure coercitive? Purtroppo, data la storicità dell’uomo e di tutte le istituzioni umane, questo limite non può essere fissato una volta per sempre. Ecco perché nei riguardi dell’aborto ancora oggi si discute con passione sui limiti precisi dell’intervento statale.

Cosa hanno fatto allora i legislatori? La trasgressione continua di una legge penale ha finito con lo screditare tutto il sistema legislativo. Per giungere a un controllo statale e medico delle possibili conseguenze nocive di ordine giuridico e medico prodotte dalla valanga dell’aborto, si è liberalizzato l’aborto fino al terzo mese (soluzione delle scadenze) e di allargare la lista delle circostanze in cui esso è lecito (soluzione delle indicazioni).
Al contrario, a mio avviso, bisogna introdurre l’obbligo giuridico per la madre e il padre di ricorrere ad un consultorio.

Come abbiamo visto, la soluzione delle scadenze e la soluzione delle indicazioni, sono molto discutibile, dal momento che aggirano il problema senza affrontarlo.
Infatti, i teologi non si stancano di ripetere che un bambino dal momento che è concepito e generato non rappresenta neppure in una società materialisticamente orientata un bene di cui si possa disporre a piacimento. Non si può eliminarlo con un aborto, come non si può sopprimere la colpa di un aborto, anche se migliaia di donne e di madri cadute in colpa hanno visto legalizzato il loro delitto in maniera particolarmente ampia (per queste donne pare non esista Dio Padre, Creatore e Redentore, con il suo progetto di Salvezza).

Certo, come ho detto in precedenza, esiste una distinzione fra etica e diritto, ma non si può disattendere impunemente l’unità di tensione che esiste tra di essi. Uno dei compiti dello Stato, a mio avviso, ed è stato disatteso, è quello di garantire con sanzioni giuridiche l’inviolabilità degli altri valori morali, tra cui il rispetto alla vita. Sempre a mio avviso, si deve educare all’amore secondo l’esempio del Salvatore (Lc.4,18) il cristiano deve aiutare la madre in stato di emergenza, non condannandola. Misure repressiva non risolvono mai un problema, tanto meno quello dell’aborto. Limitarsi a un verdetto sull’aborto è una controgiustificazione farisaica.

E’ invece determinate l’amore fattivo (non quello mercificato in genere dai media) La pienezza dell”amore si raggiunge solo in una reciproca, personale e totale dedizione; fallisce quando decade al livello di abbandono, di oggetto o di sfruttamento sessuale. E qui apro un parentesi, per acquisire la capacità di amare e di amore è necessario adottare nella scuola e nell’insegnamento dei giovani e degli adulti una ben chiara intesa pedagogia sessuale, abbinata alla Verità del Vangeli, che abbia come oggetto una concezione e una prassi del matrimonio degna di un essere umano.