L’aborto

La tematica dell’animazione

Anticamente filosofi e teologi erano convinti dell’animazione graduale del feto. Essi pensavano che l’anima, essendo la forza vitale del corpo (escludendo quindi lo spirito), creasse un corpo che le fosse adeguato. Ecco perché affermavano che lo sviluppo della forma esteriore dell’embrione raggiungeva il compimento con l’ingresso dell’anima, passando dallo stato vegetativo ad uno sensitivo per concludere questo iter allo stadio umano. E fino all’inizio del secolo ventesimo una gran parte dei teologi seguiva un’altra opinione ancor più rigida sulla quale influiva notevolmente la dottrina dell’infusione dell’anima a da parte di Dio. Tuttavia la vera tesi era un’altra: dal momento che la vita allo stato embrionale è irreversibilmente destinata a diventare vita umana, è ovvio che nell’embrione c’è già, potenzialmente, un essere umano. Conseguentemente l’aborto è peccato mortale anche nel momento in cui l’embrione è negli stadi iniziali, poiché si tratta di un crimine anticipato.

Al contrario, dal punto di vista della teoria all’animazione simultanea, l’essere umano è presente nel momento stesso del concepimento (tesi sostenuta dagli scrittori protocristiani). Oggi noi sappiamo che questa tesi è stata confermata dalle conoscenze di fisiologia della riproduzione, condotte negli ultimi cento anni.
“Poiché un ovulo umano è composto in modo da essere riconoscibile nella sua specifica forma umana, noi siamo obbligati a partire da ciò: l’insieme delle reazioni che noi chiamiamo sviluppo dell’ovulo umano non è trasformazione sostanziale, ma una modificazione dell’immagine esteriore dell’uomo” ( così ha dichiarato l’autorevole professore d’anatomia, Blechschmidt).

E la Costituzione pastorale del Vaticano II° (51,3) riassume il punto di vista dello studioso sopra citato con la seguente proposizione: “La vita fin dal concepimento va protetta con la massima attenzione. L’aborto e l’uccisione del bambino sono delitti detestabili”.

La formazione della persona

Alla teoria della congiunzione, secondo la quale la vita umana avrebbe inizio quando l’ovulo si fonde con la cellula seminale, è stata contrapposta la teoria dell’annidamento. Secondo questa teoria la vita dell’uomo ha inizio dopo la fusione dei gameti. Qualcuno può parlare quindi di vita di una persona solo dopo il fatto dell’annidamento dell’ovulo nell’utero. A questo proposito, cioè fino al 13° o 14° giorno dopo il concepimento, l’ovulo fecondato potrebbe dividersi ancora in gemelli monoovulari. Ora, dicono costoro, un uomo non può certo essere diviso. L’uomo è un essere indivisibile, un individuo, tant’è che dichiarano: “Finché è possibile comporre e dividere, non si può parlare d’individuo in senso antropologico. Esattamente questa è la differenza tra il punto di vista biologico e antropologico”. Un altro aggiungerà: “Secondo questa teoria, fondata su buone argomentazioni, non si può ancora parlare di un soggetto di diritto e neppure di un vero e proprio diritto alla vita, perché non ci troviamo ancora di fronte ad una individualità”.

Ecco perché molte donne, molti ginecologi e giudici hanno accolto la teoria dell’annidamento (a giustificazione delle loro scelte); essa permette la prescrizione della “pillola del giorno dopo”, l’introduzione di una spirale di materia sintetica nell’utero e d’altri “strumenti” necessari ad evitare il concepimento.

Tuttavia i giuristi ammettono apertamente che la considerazione del momento dell’annidamento può essere ammessa solo sul piano politico-giuridico, perché non è possibile frenare i mezzi moderni per evitare l’annidamento, e per ragioni mediche e a causa della loro larga diffusione.

Sul piano filosofico dobbiamo riflettere sul fatto che il concetto d’individuo deriva da un’epoca in cui il pensiero aveva un orientamento in prevalenza meccanicistico e che esso, a rigor di termini, è inesatto come criterio di vitalità, autonomia, perché l’indivisibilità formale è semplicemente la conseguenza di una ulteriore differenziazione ed evoluzione organica. Quindi, totalità e indivisibilità non si escludono così a vicenda. L’indivisibilità perciò è una conseguenza di qualcosa, ma non un principio.

Inoltre giuridicamente si afferma che l’inizio della vita coincide con il concepimento. Da questa premessa sorge il problema se alla vita in formazione debba ancora o non debba più accordarsi completamente la protezione del codice penale. Non appena dunque ci si scosta dal momento del concepimento, non esiste più un punto fermo sicuro, e tutta la protezione che può derivare dal codice penale tentenna. Infatti, lo sviluppo dell’embrione dà ragione al pensiero. Una persona umana può aversi a quattro settimane dopo il concepimento, perché allora il cervello sarebbe formato e pronto a svolgere attività spirituali. La morte di un uomo non subentra però solo quando il cervello si ferma ma quando si estingue il tronco cerebrale. Alla stessa stregua la vita non comincia solo quando il cervello diventa capace di funzionare. La varietà delle determinazioni di tempo dimostra l’assoluta arbitrarietà della disposizione. Contro chi minimizza la gravità dell’aborto emerge una contraddizione che fa riflettere: mentre dopo la nascita si vuole che la vita sia circondata da un sistema illimitato di protezione, prima della nascita si vorrebbe condannare ad un assoluto abbandono.