Apocalisse – 1

Lectio Divina – 15

4,11; 5, 9. 10. 12. 13. 14

Introductio: Preghiamo la Madonna, con l’Ave Maria, perché ci assista Nell’accogliere lo Spirito Santo.

“Vieni, Spirito Santo, nei nostri cuori e accendi
in essi il fuoco del tuo amore. Vieni, Spirito Santo,
e donaci per intercessione di Maria che ha saputo
contemplare, raccogliere gli eventi della vita di
Cristo e farne memoria operosa, la grazia di
Leggere e rileggere le Scritture per farne anche
In noi memoria viva e operosa.
Donaci, Spirito Santo, di lasciarci nutrire da questi
Eventi e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, Ti preghiamo, una grazia ancora più
Grande, quella di cogliere l’opera di Dio nella
Chiesa visibile e operante nel mondo”.- Amen.

Lectio.

La quarta parte del N.T. è costituita da un solo libro, l’Apocalisse. E’ l’unico libro profetico del N.T., che prospetta il corso della storia dell’uomo sulla terra e oltre la vita terrena. Inoltre nel libro troviamo un quadro di ciò che sarà la vita in paradiso e la nostra unione con il Signore.

La lettura e la meditazione dell’Apocalisse richiedono qualche fatica. Ma è un libro affascinante e lo sforzo è compensato. Si tratta di un libro incomprensibile? No, molte sono, al contrario, le cose che si comprendono anche ad un primo approccio. Resta, in ogni modo, vero che nel suo insieme è un libro inafferrabile. Temi, scene ed espressioni, alle volte con facilità, alle volte con fatica, si possono chiarire, ma l’insieme non cessa di sfuggirci.

Chiariamo subito che la parola “apocalisse” è la trascrizione di una parola greca che significa “rivelazione”. Pertanto quando parliamo d’apocalisse ci riferiamo ad una rivelazione da parte di Dio agli uomini di cose nascoste e conosciute solo a Lui. Specialmente di cose che riguardano l’avvenire.

Nel libro c’è un’originalità: mentre gli antichi profeti ascoltavano le rivelazioni divine e le trasmettevano oralmente, l’autore di un’apocalisse invece riceve le rivelazioni in forma di visione, che riferisce per iscritto.

Le visioni hanno valore soprattutto per il simbolismo di cui sono cariche. Tutto, infatti, o quasi, ha valore simbolico, le cifre, le cose, le parti del corpo, gli stessi personaggi che entrano in scena. In sostanza quando descrive una visione, il veggente traduce in simboli le idee che Dio gli suggerisce. Precedenti indicativi in questo particolare genere letterario li troviamo nelle visioni di profeti come Ezechiele o Zaccaria, e nel libro di Daniele.

Il libro fu scritto durante un periodo di persecuzione. Giovanni, esiliato a Patos, era probabilmente condannato a lavorare duramente nelle cave di pietra dell’isola. Alcuni cristiani erano stati uccisi e altri imprigionati per la loro fede. Ma il peggio doveva ancora venire e sarebbe giunto con l’imposizione obbligatoria del culto dell’imperatore romano. I primi cristiani vivevano in un’attesa spasmodica del ritorno di Cristo, attesa non ancora realizzata a sessanta anni dalla sua morte e resurrezione (infatti, nessuno, tranne Dio Padre, sa quando questo avverrà). Era naturale che alcuni vacillassero. Per questo motivo, le lettere dirette alle Chiese e tutto il libro cercano di incoraggiarli a perseverare. Dio rimane sovrano, nonostante le apparenze. E’ Cristo il Signore della Storia, non l’imperatore; lui ha in mano la chiave del destino e verrà a giudicare. Un futuro glorioso e fantastico attende il credente fedele e in particolare quanti danno la vita per Cristo. Questo mondo e quanto avviene in esso è nelle mani di Dio, che ama e si prende cura del suo popolo.

Schema del libro;

-Le sette lettere alle Chiese cap. 1,1 – 3,22;

-Il corso della storia cap. 4,1 – 19,21;

-Il giudizio finale cap. 20,1-15;

Nuovo cielo e nuova terra cap. 21,1 – 22,20.

In queste tre ultime lectio divine del ciclo, mediteremo su “Il corso della storia”.

+Tu sei degno, o Signore e Dio nostro,

di ricevere la gloria, l’onore e la potenza,

perché tu hai creato tutte le cose,

per la tua volontà furono create,

per il tuo volere sussistono.

+Tu sei degno, o Signore, di prendere il libro

E di aprire i sigilli,

perché sei stato immolato e hai riscattato

per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù,

lingua, popolo e nazione

e li hai costituiti per il nostro Dio

un regno di sacerdoti

e regneranno sulla terra.

L’Agnello che fu immolato è degno di potenza,

ricchezza, sapienza e forza,

onore, gloria e benedizione.

A Colui che siede sul trono e all’Agnello

Lode, onore, gloria e potenza,

nei secoli dei secoli. Amen.

Meditatio.

La visione inaugurale descrive la sovranità di Dio Creatore che domina in cielo, padrone assoluto dei destini umani: “Tu sei degno, Signore Dio nostro, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché hai fatto tutte le cose”. L’insistenza sulla creazione (come del resto in tutta la Bibbia) è in funzione della Storia. Il trono del sovrano dell’intera creazione è circondato dall’arcobaleno, che è il segno della pace: “Sarà il segno dell’alleanza che io stabilisco tra me e tutti gli esseri viventi, presenti e futuro…le acque non diventeranno più un diluvio per distruggere ogni cosa” (Gn.9,12ss).

Utilizzando l’immagine dell’arcobaleno Giovanni ci comunica che la Parola di Dio, che sostiene il mondo e gli impone una direzione, è una parola fedele e alleata. Il diluvio e le forze della distruzione non avranno mai più l’ultima parola. Di fronte al male dilagante nessuna paura: la potenza di Dio Creatore è dalla nostra parte.

A questo punto possiamo comprendere perché Giovanni, prima di iniziare il racconto di ciò che “sta per avvenire”, ha voluto mostrarci la visione celeste della corte di Dio per rassicuraci, quasi per vaccinarci contro i tumulti e le contraddizioni della storia. Con calma sublime, Dio Creatore, seduto sul trono, regge imperturbabile i destini del mondo e dell’umanità. Gli esseri umani si agitano, ma non Dio. Il racconto degli eventi tumultuosi della storia si apre (4,1-14) e si chiude (cap.21) con una visione di pace, simboleggiata appunto dal trono di Dio. La storia va da pace e a pace: il peccato e l’idolatria degli uomini non possono infrangere questo disegno.

Il Dio Creatore tiene in mano il Libro, che rappresenta il destino del mondo; esso è chiuso da sette sigilli; contiene, assolutamente segreti, tutti gli avvenimenti della storia; nessuno può aprirlo. L’Angelo chiede: “Chi è degno di aprire il Libro e scioglierne i sigilli?”. Esiste un mediatore della rivelazione, il Leone di Giuda, il Germoglio di Davide. Viene annunciato un leone, ma appare un Agnello, Vivente proprio perché è stato ucciso, che comunica a tutta la terra la vita di Dio, cioè il suo Spirito Santo. L’Agnello “prese” il libro ed esplode l’adorazione ed il canto perché l Cristo glorioso ha accolto perfettamente il piano di Dio fino ad essere sacrificato e morto sulla croce e risorgere tre giorni dopo. La sua “capacità” viene offerta a tutti gli uomini senza alcuna distinzione la diversità della nazioni, delle razze e delle lingue non sono più sentite come un ostacolo, ma come una ricchezza.

Ha fatto di noi un regno di sacerdoti per Dio e Padre suo. La comunità cristiana, liberata dal Cristo, possiede il senso di appartenenza del regno, percepisce di appartenere totalmente al Padre di Gesù Cristo e di condividere con lui la funzione sacerdotale di mediazione e di salvezza; tutti i cristiani sono sacerdoti e condividono una responsabilità attiva, e collaborano con Cristo per fare della storia il Regno di Dio.

Contemplatio.

Dio Onnipotente, nei versetti che stiamo contemplando, noi avvertiamo e percepiamo nel cuore e nella mente le mirabili e stupefacenti parole del tuo piano di salvezza, dalla creazione fino alla passione, morte e resurrezione di Gesù, il Figlio tuo diletto, che lo porta a compimento, accompagnato

dalla presenza dello Spirito Santo.

Per capire meglio il senso, la natura e lo scopo, noi consideriamo la continuazione ininterrotta dell’azione del Tuo Spirito, lungo tutto l’arco della storia della salvezza.

Ogni pagina della Sacra Scrittura porta l’impronta del tuo Spirito Santo, non solo come ispiratore di quelle parole, ma anche come protagonista di quei fenomeni prodigiosi. Fin dall’alba della creazione, che è opera del tuo amore, tu che sei l’amore eterno, ti manifestasti già come artefice di ordine e di unità, tra il caos degli elementi primordiali. Tuttavia il caos ritornò nel creato, a causa della colpa originale, e tu Padre annunciasti il piano di salvezza, e lo Spirito Santo s’impegnò a prepararlo lungo i millenni, e a curarne l’esecuzione, al momento della pienezza dei tempi.

I figli di Adamo e di Caino, divennero carne mortale, e furono inghiottiti dalle acque del diluvio. Ma il tuo Spirito custodì la promessa nell’arca, al sicuro dalla furia delle acque devastatrici, adombrato nella misteriosa colomba che volteggiò sulla natura rinata, come portatrice di pace, di gioia e di vita. La promessa era salva, e il tuo Spirito la depose nel cuore dei patriarchi perché la trasmettessero di generazione in generazione. Giacobbe la portò in Egitto e, morente, la consegnò ai dodici figli che formarono il popolo della promessa. Un popolo che avrà uno scettro, cioè un regno che durerà fino alla venuta di Colui a cui appartiene, e a Colui i popoli dovranno obbedire (Gn.49,10).

Ma il popolo della promessa diventò un gregge di schiavi del Faraone. E da quel momento il tuo Spirito si manifestò come una forza irresistibile ed invincibile, a fianco del tuo popolo. Egli rivestì con sovrumana potenza un pastore dell’Oreb, Mosè, trasformandolo in condottiero e liberatore del popolo eletto. Il tuo Spirito flagellò ben dieci volte l’Egitto, e donò al bastone di Mosè la potenza di aprire il mare, e di far scaturire l’acqua dalla roccia. A distanza di cinquanta giorni dall’uscita dall’Egitto, quel gregge di schiavi, alle falde del Sinai, s’incontrò per la prima volta con te Padre Onnipotente.

A ben pensarci, Signore, questa è la prima Pentecoste. In altre parole, la presa di coscienza della propria dignità come tuo popolo e oggetto delle tue predilezioni.

Ma la terra promessa era ancora lontana. Quel popolo abituato ad impastare creta e paglia, si trovò costretto a dover fronteggiare nemici agguerritissimi. E sarà sempre il Tuo Spirito a renderli invincibili, ad armare il braccio dei suoi condottieri, ad annientare tutti quelli che contrasteranno il loro cammino, ad abbattere le mura di Gerico, e a fermare le acque del Giordano. Più Tardi, quando furono diventati padroni della terra promessa, e sempre circondati da terribili nemici, sarai il tuo Spirito Santo che combatterà a fianco di Giosuè, di Gedeone, e abbatterà con la misteriosa fionda del piccolo Davide il gigante Golia.

Spirito Santo, forza irresistibile nella guida e nella difesa del popolo, ma anche luce e fuoco che accese la mente dei profeti per tenere desta la fiamma della speranza nel futuro redentore.

E’ sempre il tuo Spirito che canta sull’arpa di Davide le sofferenze, le umiliazioni, le gioie e i trionfi del Cristo venturo. Sei sempre Tu che descrivi nei dettagli, attraverso le profezie d’Isaia di Geremia e degli altri profeti, le opere misericordiose del Messia. Sei sempre Tu che canti le ebbrezze estasianti dell’amore di Dio e delle anime elette, nel cantico dei Cantici.

Ma nonostante questo, una seconda schiavitù fu riservata al popolo eletto. Esso peccò, il cuore s’indurì, e il peccato è schiavitù e morte. Sulle rive dei fiumi di babilonia, essi non cantarono più: appesero le cetre, dopo averle bagnate di pianto. Le promesse svanirono dai cuori, e le gioie inebrianti dell’attesa redenzione divennero ossa aride. E così attraverso le profezie di Ezechiele: “…Così parla il Signore; vieni o Spirito, dai quattro venti e spira su questi morti, perché rivivano!…poi lo Spirito entrò in quelle ossa, che presero vita e si rizzarono in piedi: erano un numero grande, sterminato” (Ez.37,9-10). “Io darò a voi un cuore nuovo, e porrò in voi uno spirito nuovo: toglierò il cuore di pietra dal vostro corpo, e vi darò un cuore di carne. Porrò in voi il mio Spirito…”(Ez.36,26-27).

E da Geremia abbiamo: “Ecco vengono giorni, dice il Signore, in cui io farò con la casa d’Israele e quella di Giuda una nuova alleanza…metterò la mia legge in loro…la scriverò nei loro cuori…essi saranno il mio popolo…mi conosceranno…poiché io perdonerò la loro iniquità e non ricorderò più il loro peccato” (Ger.31,31-34).

Si tratta, a ben vedere, di una nuova alleanza, non più scritta su tavole di Pietra, ma di natura spirituale, intima, nei cuori e sarà un Pentecoste universale come predisse Gioele: una nuova creazione del mondo.

Non è stupendo? E’ il quadro ben delineato in tutti i suoi contorni di quella che sarà la vera e definitiva Pentecoste.

Negli abissi dell’eternità il Padre manifestò il decreto dell’Incarnazione, il Verbo disse: Eccomi o Padre, manda me”, e lo Spirito Santo si offrì per rendere attuabile il divino disegno. Tutto questo avvenne dopo millenni d’implorazioni e di lacrime “perché i cieli piovessero il Giusto”, lo Spirito Santo, giunta la pienezza dei tempi, prese il Verbo dal seno del Padre e lo portò nel seno verginale di una timida fanciulla di Nazareth. Maria si chiamava, e viveva sulla terra, non nelle nuvole. I suoi pensieri non erano campati in aria. I suoi gesti avevano come soggiorno obbligato i perimetri delle cose concrete; anche se l’estasi era l’esperienza a cui Dio spesso la chiamava, non si sentiva dispensata dalla fatica di stare con i piedi per terra. Lontana dalle astrattezze dei visionari, come dalle evasioni degli scontenti o dalle fughe delle illusioni, conservava caparbiamente il domicilio nel terribile quotidiano. Non solo, viveva una vita comune a tutti. Simile, cioè, alla vicina di casa. Bevevo l’acqua dello stesso pozzo. Pestava il grano nello stesso mortaio. Si sedeva al fresco dello stesso cortile. Anche lei tornava stanca alla sera, dopo avere spigolato nei campi. Anche a lei, un giorno dissero: Maria, ti stai facendo i capelli bianchi. E probabilmente, allora, si specchiò alla fontana e provò la struggente nostalgia di tutte le donne, quando si accorgono che la giovinezza sfiorisce.

Maria fu piena di sollecitudini familiari e di lavoro come la nostra, e ci fa capire che la nostra ferialità non è poi così banale come pensiamo. Certo, anche lei ha avuto i suoi problemi di salute, d’economia, di rapporti, d’adattamento. Chi sa quante volte è tornata dal lavatoio col mal di schiena, o preoccupata perché da giorni Giuseppe vedeva diradarsi i clienti di bottega. Chi sa quanti pomeriggi ha malinconicamente consumato a rivoltare il pastrano già logoro di Giuseppe , e ricavarne un mantello perché suo figlio non sfigurasse tra i compagni di Nazareth. Come tutte le mogli, avrà avuto anche dei momenti di crisi, e di Giuseppe, taciturno com’era, non sempre avrà capito i silenzi. Come tutte le madri, ha spiato pure lei, tra timori e speranze, nelle pieghe tumultuose dell’adolescenza di suo figlio. Come tutte le donne, ha provato pure lei la sofferenza di non sentirsi compresa, neppure dai due amori più grandi che avesse sulla terra. O avrà temuto di deluderli. O di non essere all’altezza del ruolo. E dopo aver stemperato nelle lacrime il travaglio di una solitudine immensa, ha ritrovato finalmente nella preghiera, fatta insieme, il gaudio di una comunione sovrumana.

Ma su questa fanciulla, scese lo Spirito Santo, non più per annunciare la pace del cielo, ma a portare il cielo stesso sulla terra; non per parlare del Verbo, ma per portare il Verbo sulla terra. E scese in lei per creare in lei e con lei una natura umana al verbo. Egli che in seno alla SS.Trinità fu l’unica persona infeconda, nel seno di Maria divenne fecondo, dando al Figlio una natura umana, e al Padre un Figlio fatto carne. Egli che in seno alla SS. Trinità fu il vincolo dell’amore eterno tra il Padre e il Figlio, nell’incarnazione diventò vincolo d’unione eterna tra il verbo e l’umanità.

Conclusio.

Gesù tu mi proponi il dono dello Spirito Santo e se io lo desidero, lo chiedo, lo accolgo, tutto sarà come prima, ma nulla sarà più come prima. L’azione del tuo Spirito Santo durante i millenni non è cessata, ma si perpetua; quelle promesse sono valide anche oggi come ieri per chi rifiuta lo smarrimento e lo sconforto. Lo Spirito Santo non fa cose nuove, ma fa nuove tutte le cose. Tutti quelli che ricevono il tuo Spirito Gesù fanno l’esperienza di un gran cambiamento che non riguarda qualcosa di esterno, anche se poi incide anche su questo, ma che parte dal cuore, da ciò che c’è di più intimo e vero in ognuno di noi. Nella misura in cui ti accolgo, Spirito di Dio, e ti lascio operare, Tu trasformerai tutta la mia vita e mi darai una vita “nuova”. Sì, una vita nuova, esattamente nelle circostanze in cui mi trovo, con il lavoro, gli amici, i familiari, l’aspetto e il carattere che ho…non è ancora più incredibile?

Grazie SS.Trinità. Gloria a te Padre, gloria a te Figlio e gloria a te Spirito santo, nei secoli dei secoli. Amen.