Introduzione al libro dell’Apocalisse

DI SAN GIOVANNI APOSTOLO

In tempo di persecuzione è nato e si è sviluppato lo stile apocalittico. Ce ne sono diverse testimonianze nell’Antico testamento: Isaia 24-27 che è ancora una forma embrionale; Ezechiele 37; Zaccaria 9-14, ma soprattutto in Daniele 9-12.

L’incomprensibilità di tale stile è voluta e suggerita dallo Spirito: si scrive in immagini che solo gli iniziati possono capire, per portare ad essi consolazione senza incappare nella censura dei persecutori, tentando di spiegare, come il solito, gli avvenimenti presenti fino a proiettarli nella luce della liberazione alla fine dei tempi.

Il Giudaismo perseguitato e di continuo oppresso, dal tempo di Antioco Epifane in poi (=fino ai nostri giorni, attraverso imperi, guerre spaventose, inquisizioni, e dittature varie), produsse molte opere di questo tipo.

Il genere apocalittico era perciò assai diffuso al tempo di Gesù Cristo e la Chiesa non tardò a farne uso, non appena si trovò nelle condizioni che lo rendevano necessario.

Il Libro dell’apocalisse di san Giovanni è perciò un’opera di circostanza, scritta per un’occasione particolare che tuttavia a noi resta difficile da indicare. Il Libro quindi richiede anzitutto una spiegazione storica, anche se non è detto che possiamo comprenderne i simboli uno per uno, e nello stesso tempo richiede di essere letto oltre il primo significato alla luce della speranza cristiana che nei fatti sa riconoscere la presenza del suo Signore.

Cercare di ricostruire la struttura del Libro dell’Apocalisse è un’impresa impossibile. Immagini e simboli, infatti, si susseguono in maniera molto serrata e non è possibile seguire un filo conduttore o usare parole-chiave.

Inoltre è molto probabile che abbiamo di fronte due apocalissi mischiate assieme, come mostrerebbero i frequenti doppioni e ripetizioni, scritte dallo stesso autore in tempi diversi e poi cucite da un secondo personaggio in data successiva.

La ricostruzione del Libro può essere la seguente:

Capp. 1-3 Lettere alle sette Chiese dell’Asia: questa unità del Testo esisteva in origine indipendentemente e dà a tutto il Libro il carattere di lettera circolare alle Chiese.
Capp. 4-16 Annunzio e primi segni del Gran Giorno del Signore, nel quale saranno puniti i persecutori della Chiesa (=popolo di Dio).
L’Agnello Pasquale riceve i pieni poteri: a colui che morì perseguitato è affidata la lotta contro i persecutori.
Visioni simboliche che annunciano e preparano lo sterminio dell’impero romano (in previsione di tutti gli imperi e dittature); notiamo in particolare:
6,1-7 I quattro cavalieri;
6,9-11 I martiri;
6,12-17rivolgimenti cosmici;
7,1-8 I 144.000 (12x12x1000) preservati da Dio, in altre parole il nuovo Israele;
7,9-17 Gloria dei martiri in cielo;
8,1 Il gran silenzio che precede la venuta del Signore;
9,1-12 Le cavallette.
Cap. 10 Vocazione del profeta, che riprende quella di Ezechiele. Probabilmente questo capitolo è fuori posto: normalmente, infatti, i racconti di vocazione stanno all’inizio di un libro profetico. E’ ben vero che la vocazione di Giovanni si trova in 1,9-20; tuttavia quella sezione di testo fu unita a questa solo in un secondo momento.
Capp. 11-16 Visioni diverse sul contrasto tra la Chiesa e i suoi persecutori e l’imminente rovina di costoro. Questa sezione non è affatto omogenea come la precedente. Possiamo in ogni modo notare:
La Chiesa (=la Donna) è oppressa da Satana (=il Dragone) sia direttamente che attraverso due bestie (= l’impero romano e i falsi profeti, rispettivamente).
Capp. 17-20 Il Gran Giorno della collera di Dio:
17,1-19-10 Roma, presentata come la Prostituta prima, e come Babilonia poi, cade: il Signore prende possesso del suo Regno:
19,11-20,15 Due combattimenti escatologici: sterminio delle nazioni pagane e definitiva sconfitta di Satana (l’Accusatore).
Capp. 21-22 Descrizione della gloria della Gerusalemme futura ed epilogo.

Come possiamo notare, L’apocalisse brulica di continui riferimenti all’Antico Testamento; trattandosi però di consolare degli oppressi, è normale che il ricordo più frequente sia quello della liberazione.

L’Esodo è qui trasportato su un piano apocalittico, dalla rivelazione del Roveto ardente (Es.5 – Ap.1,4.8) alla dedicazione del Tempio (Ap.21-22). Si realizza anzi in pieno il Nome di Dio Vicino nelle nozze dell’Agnello (Ap.21,2) e la Tenda si stabilisce tra gli uomini (Ap.21,3) nella dimensione di una Pasqua eterna.

Certo, è da porre l’accento che tale Pasqua si realizza proprio nella crudezza della persecuzione e nella vivacità della speranza della Chiesa stessa.

Colui, infatti, che possiede il segreto della rivelazione, il Rivelatore, è l’Agnello che col suo sangue ha fondato il Nuovo Regno sacerdotale (Ap.5,10).

Possiamo quindi raccogliere molti particolari in stretto parallelo tra Esodo e Apocalisse: dal mare di cristallo che sta davanti al trono di Dio (Ap.4,6), simile a quello che videro Mosè e i Settanta Anziani (Es.24,10); agli eletti segnati in fronte (Ap.7,3) dal Nome dell’Agnello (Ap.14,1), che rimandano ad Es. 12,7-14 ed Ez. 9,4 (quest’ultimo passo in particolare in un testo extrabiblico detto “Documento di Damasco” è applicato ai membri della comunità scelta della nuova alleanza nel deserto.

Gli eletti celebrano la festa dei Tabernacoli davanti al trono dell’Agnello, come mostrano le palme che essi portano e le fonti d’acqua viva (Ap.7,9.17).

Ugualmente i flagelli che colpiscono i malvagi si ispirano alle piaghe d’Egitto secondo questo schema:

  • Es. 7,17-24 Ap. 8,8, 11,6; 16,3 acqua in sangue
  • Es. 8,3 Ap. 16,13 rane
  • Es. 9,8-11 Ap. 16,2 ulcere
  • Es.9,23-26 Ap. 8,7; 16,21 grandine
  • Es. 10,12-13 Ap. 9,3 locuste
  • Es. 10,21 Ap. 16,10 tenebre

Il caso più interessante resta comunque il cap. 12 che ci fornisce il quadro pi completo della realtà della Chiesa. Il deserto in cui la Donna si rifugia (Ap.12,6) e in cui è nutrita 1260 giorni è lo stesso rifugio che il Signore aveva preparato al popolo fuggitivo di fronte agli egiziani: nel deserto quindi il Messia e la Chiesa trovano riparo e sono nutriti dalla manna divina.

La Donna è fuggita con ali di aquila (Ap.12,4) e il richiamo a Es. 19,4 w Deut. 42,11 è piuttosto preciso.

Il deserto significa però anche separazione dal peccato e luogo di pellegrinaggio verso la Terra Promessa. La vita del credente è in tensione tra la sicurezza della Resurrezione e il possesso ancora incompleto dei beni celesti; come d’altra parte fu per gli Ebrei pellegrini nel deserto per quarant’anni.

I paralleli con il Libro dell’Esodo potrebbero proseguire all’infinito: dall’Hallel , cioè il canto della notte di Pasqua, dei redenti (Ap.11,8); al continuo ricorrere di “IO SONO” (Ap.1, 4.8; 4,8; 11,17; 16,5) che riprende direttamente il Divino Nome Ineffabile di Es. 3,14.

Per concludere, e lo mediteremo molto bene nelle tre ultime Lectio, la storia umana è presentata come un immenso cammino di liberazione, una Pasqua eterna di cui Gesù Cristo Agnello/Pasquale è il centro e il vertice.

Amen.