Chi ci separerà dall’Amore?

Lectio Divina – 5

Dalla lettera ai Romani

Introductio: Invocazione dello Spirito Santo

“Vieni, Spirito Santo, nei nostri cuori e accendi
in essi il fuoco del Tuo amore. Vieni, Spirito Santo,
e donaci per intercessione di Maria che ha saputo
contemplare, raccogliere gli eventi della vita di
Cristo e farne memoria operosa, la grazia di
Leggere e rileggere le Scritture per farne anche
in noi memoria viva e operosa.
Donaci, Spirito santo, di lasciarci nutrire da questi
Eventi e di riesprimerli nella nostra vita.
E donaci, Ti preghiamo, una grazia ancora più
Grande: quella di cogliere l’opera di Dio nella
Chiesa visibile e operante nel mondo”. Amen.

Lectio: Leggiamo dal cap. 8 della lettera i versetti 14-17 e 31-39

Paolo, dopo aver compiuto tre lunghi viaggi, diffondendo il messaggio cristiano e fondando Chiese nelle province orientali dell’impero romano, si sentiva libero di rivolgersi all’Occidente, avendo come meta finale la Spagna. Prima di intraprendere il viaggio, doveva recarsi a Gerusalemme per consegnare la colletta per i poveri. Solo in seguito poteva rivolgere la sua attenzione alla meta prefissata, ed era intenzionato sostare a Roma, dove poteva finalmente soddisfare il sogno coltivato da qualche tempo e incontrare i cristiani dell’Urbe. Purtroppo non sapeva che tra la lettera e la visita sarebbero trascorsi tre lunghi anni e che quando, alla fine, sarebbe giunto nella città eterna, vi sarebbe giunto prigioniero (Atti 28).

La lettera, scritta a Corinto verso il 57 d.C., occupa un posto privilegiato tra le lettere apostoliche. Cronologicamente viene dopo Tessalonicesi, Corinzi e Galati e precede Colossesi ed Efesini.

Essa riprende alcuni temi di quelle precedenti e ci dà l’approfondimento più completo e rigorosamente ragionato che abbiamo delle verità cristiane fondamentali, il manifesto del vangelo di Paolo.

Non sappiamo che cosa abbia spinto Paolo a scrivere questo documento unico. Forse egli presentiva già di rischiare la vita andando a Gerusalemme, e temeva che non avrebbe mai potuto comunicare di persona il proprio messaggio ai cristiani di Roma.

Il tema centrale è la fede in Cristo quale unico motivo dell’accettazione da parte di Dio, che tratta tutti gli uomini in modo uguale, ebrei e gentili. Paolo descrive con realismo la condizione del mondo (1,18-32). Ci troviamo tutti in stato di condanna davanti a Dio, anche gli ebrei, che possiedono il privilegio unico di conoscere la legge divina (2,3-20).

Dio però ci offre gratuitamente il perdono e una nuova vita. Gesù ha scontato la sentenza per noi (cap.5). Siamo liberi di cominciare da capo, avendo questa volta la potenza di Dio a nostra disposizione (cap. 6-8). Perché allora i gentili rispondono all’offerta salvifica di Dio, mentre gli ebrei la rigettano? Questi agiscono così, perché vedono la salvezza come frutto delle opere meritorie, ma alla fine anch’essi capiranno (cap. 9-11). Il perdono e l’amore divino ci spingono a vivere in conformità alla nostra nuova vocazione, a trasformare tutto il nostro modo di pensare e di vivere. La buona novella di Dio non è fine a se stessa, ma mira a trasformare le relazioni umane – rendendo possibile ad ebrei e gentili di trattarsi come eguali nella Chiesa – e a permeare ogni aspetto della vita quotidiana (cap.12-15).

L’influsso esercitato da questa epistola è stato enorme. Essa ha infiammato grandi uomini (S.Agostino, Lutero…) e attraverso essi ha modellato la storia della Chiesa, così come ha influito sulla vita d’innumerevoli individui anonimi, uomini e donne ordinari che l’hanno letta, hanno creduto al suo messaggio e hanno agito di conseguenza.

Meditatio:

Il capitolo 8 della lettera costituisce il punto culminante della lettera. In modo specifico i versetti in oggetto, 14-17, rispondono alla domanda: “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio”. Il liberatore è lo Spirito Santo, che altro non è che la potenza e la forza di Gesù risuscitato, presente sulla terra. I credenti vengono a contatto con questa forza vivendo in unione a Cristo Gesù, un’unione già iniziata col battesimo. “E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nelle paura, ma avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per il quale gridiamo. Abbà, Padre!”. Questo Spirito porta una vitalità che la legge mosaica non può dare.

C’è da tenere presenti anche il contrasto Spirito-carne, sviluppato nei vari versetti del capitolo. I termini rappresentano campi di forza o sfere di potere in competizione tra loro. La carne descrive la persona legata alla terra, abbandonata alla capacità individuale, senza assistenza. Lo Spirito descrive la persona legata alla terra, guidata dalla forza vivificante dello Spirito di Gesù. La persona rinchiusa in se stessa e che si basa sulle proprie forze conduce una vita che può portare solo alla morte, cioè alla separazione definitiva da Dio. Una tale persona non ha bisogno di Dio, non si sottomette alla legge di Dio in generale, non può obbedire e non può piacere a Dio. Al contrario, la persona guidata dallo Spirito vivificante trova la vita e la pace.

Infatti: “Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio”. “E se siamo figli siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se partecipiamo alle sue sofferenze per condividere anche la sua gloria”.

Paolo designa lo Spirito in vari modi: Spirito di Dio, Spirito di Cristo, Cristo: espressioni che manifestano tutta la realtà pluriforme dell’esperienza cristiana della partecipazione alla vita divina e alla figliolanza.

In definitiva, lo Spirito di Dio, che dimora in noi e che risuscitò Gesù, farà sorgere anche noi nella risurrezione. Così l’inevitabile conclusione è che noi siamo indebitati con lo Spirito Santo. Siamo obbligati a mettere a morte le opere, le azioni, le occupazioni di una persona dominata dalla carne (le passioni del mondo) per vivere invece grazie allo Spirito. Una diretta conseguenza molto importante proviene dall’essere soggetto allo Spirito è che si diventa veri figli di Dio, come abbiamo visto.

Lo Spirito che abbiamo ricevuto non ci ricaccerà nel timore, neppure nel timore reverenziale. Questo Spirito dice, anzi, che noi siamo cari a Dio, che siamo i suoi propri figli. Di più: lo Spirito non solo rende possibile questa relazione filiale con Dio, ma dà anche a ciascuno di noi la capacità di riconoscerlo, vale a dire, di esclamare: “Abbà, Padre!”.

Tuttavia, perché non si lascino sviare da tutte queste buone notizie, Paolo ricorda ai lettori, con due verbi composti dal significato particolare, che noi dobbiamo soffrire con Cristo per esser glorificati con lui.

I versetti conclusivi, 31-39, “Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?”; “Dio non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?”…”Cristo Gesù…sta alla destra di Dio e intercede per noi”…”Chi ci separerà da Cristo…la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?…”Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati”….”né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né profondità, né altezze, né alcun’altra creatura potrà separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore”, sono una celebrazione, in forma di inno, della realtà della vittoria, la realtà dell’essere nello Spirito. Il messaggio principale è che Dio è per noi, e i versetti descrivono che cosa significhi “Dio-per-noi”. Con una serie di cinque domande, Paolo fa un esame approfondito per vedere in che grado siamo realmente sicuri, in che grado dobbiamo essere certi. Questo, beninteso, non significa che la vita è un letto di rose. Abbiamo notato la lista di sette pericoli o difficoltà che ci possono separare dall’amore che Cristo ha per noi. La lista non è puramente immaginaria; essa riassume gli svariati e potenzialmente fatali attacchi ai quali i discepoli di Cristo sono comunemente esposti. Tuttavia la linea fondamentale è positiva, solida e fiduciosamente certa. Nessun altra forza o potenza, neppure il potere personificato delle stelle (altezza..profondità), ci potranno separare dall’amore di Dio che viene a noi in Cristo Gesù nostro Signore.

Contemplatio:

Ti ringraziamo o Dio, perché Gesù, tuo Figlio unigenito, ci ha salvato e redenti, e in virtù del battesimo ricevuto, ci hai donato il tuo Santo Spirito, confermato nel sacramento della Cresima. Ti siamo grati per la grazia che ci hai riservato. “Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio”. Tu, Signore Gesù, ci hai trasformato (parola composta di due parti: trans e forma, e significa passare, transitare da una forma ad un’altra), e noi abbiamo acquisito i tuoi stessi sentimenti. Prima che ti conoscessimo realmente e ci convertissimo avevamo le nostre idee su qualsiasi cosa. Anche su Dio stesso e le nostre idee regolavano tutte le scelte e decisioni. Avevamo sentimenti ed emozioni che c’influenzavano, ciò che “sentivamo” era vero e importante, ciò che non “sentivamo” era trascurato ed evitato. Questo era l’uomo vecchio, l’uomo che viveva di se stesso, che se anche credeva in Dio viveva, in realtà, come se Dio non esistesse, senza avere un riferimento a lui.

Dal Libro della Genesi sappiamo che Dio Onnipotente, nostro Padre, creò l’uomo a sua immagine e somiglianza, gli diede una forma simile alla sua (Gn.1,26) e quando l’uomo si è allontanato da Dio con il peccato, questa forma originale, meravigliosa e perfetta, è stata inquinata, contaminata, deformata. Tu Padre celeste hai voluto ricreare in noi la tua immagine, hai voluto riscattarci, rendendoci perfetti secondo il modello di tuo Figlio Gesù Cristo. La Bibbia ci dice che l’uomo creato ad immagine di Dio è formato di tre parti: spirito, anima e corpo (1 Ts. 5,23), ognuna delle quali ha delle funzioni ben precise. Le tre funzioni principali dello spirito sono la conoscenza, la coscienza e la comunione con Dio; quelle dell’anima sono l’intelletto, la volontà e le emozioni; quelle del corpo di agire sotto gli impulsi che gli sono dati. Lo spirito, nel progetto di Dio, doveva avere la supremazia sulle altre parti, e doveva guidare e governare tutta la vita dell’uomo perché era la parte fondamentale che aveva contatto con Dio. Dio, infatti, è Spirito ed è attraverso lo spirito dell’uomo che avveniva la comunione. Attraverso lo spirito dell’uomo doveva avere un contatto diretto con il Padre che gli trasmetteva la vita e la saggezza con cui dirigeva tutta la sua esistenza. Quando l’uomo peccò, il suo spirito si separò da Dio. La Bibbia ci dice che diventò come “morto”, perdendo la supremazia sulle altre due parti. L’intelligenza, le emozioni, la volontà e gli istinti di volta in volta presero il predominio influenzando e guidando l’uomo con risultati negativi e a volte disastrosi, perché l’anima e il corpo non furono creati per governare la vita umana. La trasformazione che la nuova vita ci ha donato col battesimo, ricevendo lo Spirito Santo, è una vita che dobbiamo vivere dipendendo sempre più da te Signore, conformando la nostra mente, il nostro cuore, le nostre scelte a te.

Gesù, Signore nostro, solo la tua grazia ci giustifica, perché ci santifichi: grazia che raggiunge l’umanità intera per i tuoi meriti, ed elargita a tutti quelli che in te credono e sperano.

Dice il vaticano II°: “I seguaci di Cristo….nel battesimo della fede sono veramente figli di Dio e compartecipi della vita divina, quindi realmente santi”.

Il battesimo ha deposto in noi cristiani il germe della santità, la grazia; germe quanto mai fecondo perché rende noi uomini partecipi della vita divina, e quindi della santità di Dio, germe capace di sbocciare in frutti preziosi di vita santa, di vita eterna quando le creature ne assecondano di buon volere lo sviluppo. Noi cristiani abbiamo ricevuto questo dono: noi cristiani possiamo farci santi e lo diverremo non in proporzioni d’opere più o meno grandi che potremo compiere, ma nella misura in cui sapremo trasformarci in Cristo Gesù. Perché la grazia di Cristo porti frutti di santità, è necessario che investa tutto il nostro essere e il nostro agire in ogni gesto: pensieri, affetti, intenzioni, opere e in ogni particolare della nostra esistenza. E’ in queste condizioni che siamo figli di Dio, per grazia e coeredi di Gesù Cristo. Quindi chi mai potrà accusarci? Chi ci separerà dall’amore di Cristo? La quotidianità con le sue tribolazioni, le angosce, le persecuzioni, la fame, le nudità, i pericoli, la violenza delle armi? Nulla può arrecarci danno per virtù di colui che ci ha amato. Dobbiamo essere persuasi, con l’aiuto della fede in Cristo, che né morte, né vita, né angeli, né principati, né presente, né avvenire, né potenze, né profondità, né altezze, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù, nostro Signore.

Conclusio:

“A quanti però l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”.

Grazie, Signore, per la tua bontà, per le cose meravigliose che hai offerto all’accoglienza e del perdono. Concedimi di vivere in un ringraziamento continuo verso la tua misericordia infinita. La mia fortuna è essere uno dei figli adottivi di Dio. Come figlio della luce, io ricevo da te la vita e sono amato dal Padre con lo stesso amore con cui ama te Gesù, suo eterno e diletto Figlio.

Come figlio ho degli obblighi d’un figlio di Dio: ricorrere al mio Padre con fiducia in tutte le mie necessità; preoccuparmi per l’onore del Padre mio: “Sia santificato il tuo nome”; rendergli testimonianza davanti al mondo: “Lo zelo per la tua casa mi divora”. Ubbidire ai suoi ordini, assecondare i suoi desideri, vivere secondo la sua legge: “Venga il tuo regno”; cooperare al suo piano per la redenzione del mondo, compiere la sua volontà anche quando la natura si oppone e freme: “Sia fatta la tua volontà”; dire con Cristo: “Io faccio sempre quello che piace al Padre mio”.

Il Padre ha fissato una missione al suo Figlio e anche a me: “Il mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv.4,34). Questo esige la mia attenzione. Padre, in tutto io devo cercare di piacere a te.

Come figlio adottivo, godo delle prerogative d’un figlio di Dio. Il mondo mi appartiene, essendo io il figlio del Re. Posso cercare di scoprire la sua costruzione delicata, la sua complessità, il suo ordinamento. Posso ammirarlo, goderne, governarlo.

Godo della libertà dei figli di Dio.

Sono a casa mia, nella casa del Padre mio, che è la sua Chiesa. Qui, io mi sento felice e in pace pensando a te, Padre, contemplando la tua Maestà e offrendoti il Sacrificio della redenzione. Come un padre insegna ai suoi figli, così tu, o Dio, Padre mio, mi parli di te, della tua natura, del tuo progetto d’amore per me mediante la Sacra Scrittura; mi parli per bocca dei Profeti, del tuo stesso Figlio e degli Apostoli.

Alla mensa del Padre, io mangio il migliore dei cibi, quello che hai preparato per me. Sono erede del Regno dei cieli. Un giorno, Padre, io ti vedrò in cielo così come sei, in tutta la magnificenza della tua gloria. Ti conoscerò, ti amerò ed esulterò in te.

Gesù ci ha detto: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti” (Gv.14,2) uno di questi è stato preparato per me dal Padre che mi ama. Egli mi attende.

Padre, quanto sei buono verso i tuoi figli! Gloria a te per sempre.

Amen.