Beati gli operatori di pace

“Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio”.

Una volta si diceva:”Beati i pacifici”. Oggi si preferisce dire:”Beati gli operatori di pace”.

Penso che ciò dipenda dal fatto che in genere quando si dice pacifico si intende parlare di persona tranquilla, quieta, inoperosa anche. Però è essenziale dire subito che questa beatitudine non ha soltanto una dimensione attivistica, ma innanzitutto una dimensione di interiorità che implica una pacificazione di se stessi. La pace, quindi, come valore, che è vocazione di tutti è, per questo, impegno di tutti.

Il cristiano è chiamato a realizzare la pace, non rimanendo fuori, ma entrandoci dentro. E’ dal di dentro che si promuove e si serve la pace. Questa vocazione di pace che impegna noi tutti fa parte del messaggio evangelico.

Nostro Signore è venuto a pacificare gli uomini. E’ il Re pacifico, è colui che è stato promesso come il pacificatore del mondo. Nella prospettiva profetica circa il Messia, questo valore è stato sempre presente: il Messia è il portatore, il realizzatore di pace. Il suo regno è il regno della pace. Il rapporto tra Cristo e la pace è quindi un rapporto di autenticazione della sua condizione di Messia: egli è il Messia anche perché portatore di pace (Is.9,5-6).

“Pace in terra” è l’annunzio che risuona nell’incarnazione del Verbo (Lc.2,14).

Gesù è il mistero della pace che fa sorgente alla pace nel mondo. Nella sua intima realtà Cristo è una persona stabilita totalmente nella pace. Non esistono in lui le tensioni che lacerano la nostra unità, i grovigli che attentano alla nostra tranquillità e al nostro ordine interiore. C’è un’armonia mirabile nella sua realtà di uomo-Dio. Tutto è al suo posto, tutto è nell’ordine, tutto è orientato in maniera unitaria verso il fine.

Questa pacificazione totale di Nostro Signore rivela che il suo rapporto con il Padre e il suo rapporto con gli uomini è un rapporto perfetto, perché totalmente realizzato nell’amore. La ragione della pace di Cristo è anzitutto la perfezione del suo amore. L’amore che lo lega al Padre, l’amore che lo lega agli uomini fa sì che in lui ci sia l’ordine, l’armonizzazione totale.

E’ per questa ragione che il discepolo di Gesù non può aspettare che siano gli altri a fare la pace e tanto meno può esigere che la pace sia fatta a spese altrui, ma deve prenderne l’iniziativa spianando ai fratelli la strada, rinunciando in loro favore ai suoi interessi e anche ai suoi diritti personali quando questi ostacolano, urtano o intralciano quelli altrui. Chi di fronte ad un ambiente, ad una comunità o alla società in lotta, si chiude nel proprio guscio, lasciando che gli altri contendano tra loro e accontentandosi di sperare che qualcuno li metta finalmente in pace, non è pacifico, ma egoista.

L’autentico pacifico non può godere pace se intorno a sé c’è guerra. Egli scende in lizza non tanto per rimproverare i contendenti o per predicare la pace, quanto per fare in pratica tutto quello che può dipendere da lui per promuovere la pace e non retrocede quando ciò esige il sacrificio personale. Del resto il cristiano autentico, che ha nel cuore e nel volto la pace di Dio, è di per sé un facitore di pace: il suo gesto, la sua parola hanno una efficacia particolare per calmare gli animi, per sedare le contese, per comporre le liti. Oggi, in ogni ambiente, il mondo ha più che mai bisogno di questi pacifici figli di Dio, instancabili seminatori di pace. Fin d’ora essi sono beati, ma lo saranno immensamente di più quando il Padre celeste, riconoscendo in loro l’immagine del suo Unigenito, li chiamerà suoi figli e li accoglierà nel suo Regno.