San Paolo: Lettera ai Galati

La legge di Cristo

Capitolo 6,1-18

*Fratelli, qualora uno venga sorpreso in qualche colpa, voi che avete lo Spirito correggetelo con dolcezza. E vigila su te stesso, per non cadere anche tu in tentazione. *Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo. *Se infatti uno pensa di essere qualcosa mentre non è nulla, inganna se stesso. *Ciascuno esamini invece la propria condotta e allora solo in se stesso e non negli altri troverà motivo di vanto: *ciascuno infatti porterà il proprio fardello. *Chi viene istruito nella dottrina, faccia parte di quanto possiede a chi lo istruisce. *Non vi fate illusioni; non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato. *Chi semina nella sua carne, dalla carne raccoglierà corruzione; chi semina nello Spirito, dallo Spirito raccoglierà vita eterna. *E non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo, a suo tempo mieteremo. *Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso i fratelli nella fede. *Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano. *Quelli che vogliono fare bella figura nella carne, vi costringono e farvi circoncidere, solo per non essere perseguitati a causa della croce di cristo. *Infatti neanche gli stessi circoncisi osservano la legge, ma vogliono la vostra circoncisione per trarre vanto dalla vostra carne. *Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo. *Non è infatti la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma l’essere nuova creatura. *E su quanti seguiranno questa norma sia pace e misericordia, come su tutto l’Israele di Dio. *D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo. *La grazia del Signore nostro Gesù cristo sia con il vostro spirito, fratelli. Amen.

Come in altre lettere, Paolo aggiunge ora delle osservazioni personali, scritte di suo pugno. Così scrive ai Galati, anche se vedessimo un nostro fratello peccare, non dovremmo compiacercene, ma umilmente e con molta mansuetudine correggerlo, badando ciascuno a se stesso perché la tentazione non risparmia nessuno (v.1). La legge di Cristo è la legge dello Spirito della vita, dello Spirito che comunica la vita di Cristo. E’ una legge interiore; ed ha ispirato la vita di Cristo stesso. Sottomettersi ad essa, equivale a lasciarsi conformare a Cristo dal suo Spirito: ed è quanto Paolo ha fatto e insegnato. I Galati hanno bisogno di essere messi in guardia contro la forma peggiore di orgoglio: quella che si pasce dei doni gratuiti di Dio. Tutti siamo deboli, perciò nessuno si stimi superiore agli altri “ingannando se stesso” (v.3). Ognuno ha già abbastanza da fare da portare “il proprio fardello” (v.5) di difetti, senza andare a cercare inesistenti motivi di vanagloria nei confronti degli altri (v.4).

Paolo ricorda il giudizio di Dio davanti al quale ognuno dovrà rendere conto della propria condotta; saremo giudicati sull’amore che è la legge di Cristo, e che deve indurci a portare il peso degli altri. Fra i doveri della carità rientra anche l’obbligo di far parte dei propri beni a coloro che ci hanno annunziato la verità che salva. Soprattutto nei riguardi degli evangelizzatori (v.6) vale quanto pochi decenni dopo rammentava l’autore della Didaché ai cristiani in genere: “Starai in comunanza di tutte le cose col tuo fratello e non dirai che sono tue. Se infatti siete in comunanza nell’immortale, quanto più nelle cose mortali”. Né ci spaventi, cari fratelli, la fatica che dovremo affrontare nel fare il bene agli altri e nel compiere il nostro dovere in genere: “A suo tempo infatti mieteremo, se non saremo stati fiacchi” (v.9).

E ciascuno mieterà “ciò che avrà seminato” (v.7): dalle opere carnali nasce solo la corruzione; dalle opere dello Spirito fiorisce invece “la vita eterna” (v.8). Davanti al tribunale di Dio non c’è possibilità di fare i furbi; perciò, “finché abbiamo tempo” (nel senso cioè che siamo in vita) operiamo il bene verso tutti, soprattutto verso quelli che appartengono alla stessa “famiglia nella fede” (v.10) che, proprio per la loro appartenenza a Cristo, ci devono essere anche più preziosi.

“Vedete con che grossi caratteri vi scrivo, ora, di mia mano”(v.11); Paolo segue l’uso epistolare degli antichi che, in genere, dettavano e solo alla fine aggiungevano la firma e alcune frasi di proprio pugno. L’epilogo contiene frasi riassuntive, fiammanti di luce di pensiero e d’amore, scritte da Paolo, in caratteri più grossi perché i Galati se le imprimessero meglio in mente.

Nei vv. 12-16, i giudaizzanti predicano la circoncisione al solo scopo per gloriarsi del successo del loro proselitismo. Gesù aveva rivolto ai farisei lo stesso rimprovero (Mt.23,15). I predicatori del vangelo devono stare attenti a non meritarlo. Paolo rivolge ai suoi avversari un secondo rimprovero: essi non si preoccupano di essere fedeli alla legge. Questa infedeltà può essere quella di un fariseismo ipocrita o quella di un sincretismo che nella legge sceglie ciò che fa comodo(vv.12-13). Paolo pone la sua gloria nella croce di Gesù: per questo egli sente che il “mondo” per lui è ormai scomparso, “crocifisso” (v.14), diventato oggetto d’obbrobrio e di ripulsa, così com’era per gli antichi il patibolo della croce. Per il “mondo” dobbiamo intendere la realtà creata non in quanto tale ma perché, a causa del peccato, ritrae dal servizio di Dio e favorisce le voglie della carne.

L’unica cosa che vale è la “creatura nuova”. Paolo, nella sua introduzione, aveva proclamato: Gesù Cristo, con la sua morte, libera gli uomini dal mondo perverso. Per concludere, afferma: Cristo, con la sua croce, introduce gli uomini in una creazione nuova, opponendola al mondo antico, egli indica per un’ultima volta ai Galati ciò che lo separa radicalmente dai suoi avversari. Costoro appartengono al mondo antico. Al contrario, Paolo deriva la sua gioia e la sua sicurezza soltanto dalla croce di Cristo, perché essa, ed essa sola, lo libera totalmente; essa gli dà la capacità di sfuggire all’attrattiva, che rende schiavi, di un mondo che è ormai morto per lui: essa gli dà la capacità di sfuggire alla preoccupazione di fondare la sicurezza del suo io carnale che è stato crocifisso con Cristo. Per Paolo si tratta unicamente di ricevere la grazia di Cristo e di essere così introdotto nella nuova creazione al fine di vivervi per Dio, in unione con il Figlio suo risorto (v.15). In questo modo e seguendo la via della croce, i credenti diventano il vero “Israele di Dio”, in opposizione all’Israele “secondo la carne”, e saranno oggetto di Pace e di misericordia da parte di Dio (v.16).

I vv.17-18 terminano il brano con una frase energica e pittoresca, da uomo seccato, Paolo sconsiglia i giudaizzanti di intralciargli più oltre il cammino: “D’ora in avanti nessuno mi procuri più fastidi; io infatti porto nel mio corpo le stimmate di Gesù” (v.17). Come gli schiavi, specialmente quelli fuggitivi, ricevevano un marchio fatto con ferro rovente sul loro corpo quale segno d’appartenenza al padrone, così Paolo, “schiavo di Gesù”, può mostrare nel suo corpo tutte le lividure, le percosse, i segni delle sofferenze più atroci affrontate e patite per Gesù nel corso del suo lungo apostolato. Davanti a quei segni nessuno potrà più contestare la legittimità del suo apostolato e i diritti sulla cristianità di Galazia, alle quali invia un ultimo saluto, un dolcissimo saluto: “La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con il vostro spirito, fratelli! Amen” (v.18). Nel chiamare i Galati fratelli in Paolo c’è tutta l’intenzione eun invito alla fratellanza perduta. Quindi esorta i Galati a ritrovare la sua pienezza, riscoprendone l’unica sorgente: la grazia del Signore Gesù.