Libro di Ester: Premessa

Il Libro di Ester è uno dei più difficili da accogliere e su cui riflettere. La difficoltà del testo fu già accolta nello stesso mondo ebraico. Come dimostrano le aggiunte deuterocanoniche, scritte con ogni probabilità alla fine del secolo secondo o agli inizi del primo. Nella Volgata queste aggiunte si trovano raggruppate alla fine e sono nettamente distinte dal testo originale ebraico, quello che gli Ebrei usano come canonico. In altre edizioni della Bibbia queste aggiunte sono inserite nel testo, numerate però con lettere dell’alfabeto. Alcune di queste aggiunte, ad esempio i testi dei decreti reali, hanno lo scopo di avvalorare l’ufficialità della vicenda; altre, come ad esempio le due preghiere di Mardocheo e di Ester, hanno invece lo scopo di rendere teologicamente più ricco e accettabile un testo profano e ostico. Ci sorprenderà, infatti, la constatazione che, in tutto il testo originale, Dio non sarà mai esplicitamente nominato! Tuttavia, prima di affrontare da vicino queste difficoltà teologiche e morali, dobbiamo renderci conto di come si snodano nel complesso tutti gli avvenimenti. Essi sono formati su un gioco di contrasti che finiscono per intrecciarsi tra loro. Ne segnalo alcuni: Ester l’ebrea prende il posto della pagana Vasti; Vasti aveva rifiutato di recarsi dal re procurandosi la morte, Ester sfida la morte andando dal re e salva la sua vita e quella del suo popolo; Aman vuole essere riverito da Mardocheo e deve invece riverire e far riverire l’avversario; gli Ebrei sono presentati come nemici del regno, invece Mardocheo ha salvato la vita del re; Aman crede di trovare un appoggio per la sua politica antiebraica durante il banchetto di Ester e trova invece la sua condanna e la promozione degli Ebrei.

Potremmo continuare su questa falsa riga, ma chi leggerà attentamente la riflessione scoprirà per conto proprio altri intrecci che fanno di questa storia un pregevole romanzo, scritto secondo i canoni della letteratura del tempo. Posso affermare che, dal punto di vista letterario, il puzzle degli intrecci, raggiunge la massima efficacia nell’equivoco sotteso al dialogo di Aman con il re al capitolo 6; mentre, sul piano del contenuto, il culmine è raggiunto nei due momenti consecutivi dell’impiccagione di Aman al palo che aveva fatto erigere per Mardocheo e dello sterminio dei nemici degli Ebrei nel giorno che era stato deciso per il loro massacro. Ecco, è appunto la scoperta di questa struttura letteraria che ci permette anche di giungere al vero messaggio del Libro: gli Ebrei sono nella storia un segno di contraddizione e rivelano l’incoerenza della storia. Essi sono lealmente utili ai popoli ma sono considerati dei pericolosi sovvertitori; si crede di fare una politica saggia perseguitando gli Ebrei mentre la giustizia si rivela ben presto dalla loro parte. Questa filosofia della funzione storica dell’ebraismo è affidata d un intreccio romanzesco, che, per ricerca dell’effetto, esagera i contrasti, generalizza e ingigantisce le situazioni, trasformando la vittoria in trionfo, la giustizia in vendetta. Di qui nascono le difficoltà cui accennavo, ma anche la possibilità di emettere un messaggio valido da un Libro, a prima vista, irritante per il cristiano.

Capp.1-4 (Gli antefatti della storia e i decreti reali). I primi due capitoli del libro preparano l’antefatto della storia. L’autore mostra di conoscere assai bene i costumi dei persiani, anche se probabilmente scrive nell’epoca di Antioco IV°. Egli mostra anche una certa simpatia per l’antica monarchia persiana e pare volere proporre quel governo, ma illuminato, come modello agli ellenisti del suo tempo ( non a caso i un’aggiunta deuterocanonica è sottolineata la nazionalità macedone dell’empio Aman). Ester entra nell’harem come concubina e diventa regina al posto di Vasti, intanto Mardocheo si merita un futuro premio sventando un attentato diretto al re. La morale implicita è questa: gli Ebrei hanno diritto do godere stima e fiducia da parte dei sovrani, sono sudditi onesti e dotati di grandi pregi. Aman invece è l’intigrante superbo che pensa solo al suo prestigio personale e sfrutta la corte a questo scopo: ecco chi sono i veri nemici del regno! Riesce così a carpire un decreto reale per lo sterminio degli Ebrei. Nella parte deuterocanonica è presentato un testo di questo decreto che riflette, in realtà, la valutazione del 2pericolo” ebraico che era dato dai sovrani ellenisti del regno di Siria nel II° secolo. Gli Ebrei si trovano indifesi; nella disperazione Mardocheo esorta Ester ad intervenire con coraggio ed ella lo promette dopo avere chiesto un digiuno preparatorio. Il testo originario non fa esplicitamente menzione né di Dio né di preghiera. Tale laicità sorprende e il redattore deuterocanonico aggiunge perciò le due preghiere di Ester e di Mardocheo.

Capp. 5-9,19 (Il capovolgimento della sorte).
Il capitolo 5 dà inizio alla seconda parte in cui le sorti si capovolgeranno, anche se tutto rimane ancora oscuro: ognuno dei personaggi porta avanti, all’insaputa degli altri, il suo progetto, ma chi legge prevede che sarà vittorioso quello di Ester. Vi è anche qui un’aggiunta deuterocanonica che descrive, con accenti melodrammatici, l’incontro tra Assuero ed Ester: la ricerca troppo scoperta dell’effetto pone questo brano al di sotto della consueta qualità letteraria della produzione biblica. Nei capp.6-7 si narra, con una certa ironia, la sconfitta di Aman e la sua impiccagione. Ma la salvezza degli Ebrei non è ancora ottenuta perché il decreto di sterminio rimane, nonostante tutto valido, poiché è in vigore la norma costituzionale che gli ordini reali sono, in Persia, inabrogabili e devono in ogni caso essere eseguiti. Ad Ester tocca quindi l’onere più difficile di rendere vano quel decreto, escogitando una procedura giuridicamente accettabile. Ella riesce ad ottenere, per atto sovrano, la delega a provvedere lei stessa ad emanare un decreto che autorizzi gli Ebrei a sterminare i loro avversari, ottenendo cos’ un annullamento di fatto della prescrizione precedente. Quel che sorprende è la tonalità dello sterminio che è autorizzata, come sorprenderà maggiormente, al capitolo 9, l’elenco compiaciuto del gran numero di morti e la decisione di Ester di volere un giorno di più per prolungare il massacro, che comprende anche donne e bambini. Questa specie di sbornia vendicativa non può non urtare il lettore, specialmente chi è cristiano. Ma, al capitolo 8, si deve collegare l’interessante aggiunta deuterocanonica del secondo decreto di Assuero. E’ di grande interesse perché descrive le cause vere della persecuzione degli Ebrei come sono denunciate dal loro punto di vista. E’ l’invidia e la grettezza di piccoli funzionari inorgogliti che spesso dà origine a grandi persecuzioni pretestuose, i governi centrali dovrebbero accorgersi di questo: la predica sembra indirizzata ai Seleucidi e può valere per tanti casi simili accaduti nel corso della storia. Si tratta di una valutazione di parte, ma acuta e sostanzialmente vera.

Capp. 9,20-11,12 (la festa dei Purim e l’elogio di Mardocheo).
Nella parte finale il decreto accenna alla festa dei Purim (=sorti, di cui si parlerà ancora nel capitolo 9. In realtà lo scopo di tutto il Libro era proprio quello di spiegare l’origine di questa festa, che gli Ebrei celebrano ancora oggi. Si tratta di una festa più laica che religiosa ( anche se si legge il Libro di Ester), che assomiglia un poco al nostro carnevale, in cui era permesso gioire fino al punto di ubriacarsi. Ed anche qui c’è qualcosa che non va: è giusto spiegare la gioia di una festa con un ben riuscito massacro? Alla fine troviamo nuovamente un’aggiunta deuterocanonica collegata al sogno di Mardocheo che, nelle edizioni che unificano le due tradizioni, è collocato all’inizio del primo capitolo. Il sogno e la spiegazione sono piuttosto complicati, e lo scopo è quello di dare alla vicenda un valore religioso mostrando che in essa si è compiuto un segreto disegno di Dio. L’intento è quello di dare alla storia un colore apocalittico, ma, specialmente al confronto con il Libro di Giuditta, si deve ritenere mal riuscito.

Conclusione.
Le difficoltà che sono emerse nella lettura e nella riflessione possono essere così riassunte: la laicità del testo originario, l’eccesso di crudeltà nella sterminio e la compiacenza in esso, l’origine di una festa di gioia da un riuscito massacro. Umanamente è comprensibile anche la gioia della vendetta senza risparmio, religiosamente no! Che cosa pensare allora di questo Libro? Che il suo vero messaggio non consiste in questi aspetti, che derivano da una storia popolare destinata ad istituire la festa dei Purim, ma, al contrario, in quella riflessione sulla sorte degli Ebrei nella storia cui già ho accennato. Gli Ebrei sono onesti e leali, sono un vantaggio per i paesi che li ospitano ed invece, esistono su loro pregiudizi, contro di loro si coalizzano risentimento ed invidie, si fa leva su loro per vantaggi personali e meschini. Tutto questo è verità che la storia non cessa di dimostrare. Anche i governi spesso si lasciano irretire in quest’inganno e tirano a sorte come e quando si deve eliminarli. Gli Ebrei non sono compresi e sono un segno di contraddizione. Eppure, presto o tardi, la storia dà loro ragione e ripristina i loro diritti ridando loro sicurezza e gioia. Così gli Ebrei finiscono per rivelare le contraddizioni del comportamento umano, le incongruenze dei comportamenti politici, la meschina falsità di certi moralismi o riformismi. Sono una specie di “test” che, ogni tanto, mette in luce le contraddizioni di cui soffre il mondo intero. E in tutto questo processo c’è, nascosta, una volontà di Dio che giudica gli Ebrei e l’umanità. Tutto ciò è detto in Ester nello stile di un romanzo trionfalistico, per molti versi non sufficientemente equilibrato, ma, se superiamo queste deficienze narrative, dobbiamo riconoscere che si tratta di un giudizio storico valido per gli Ebrei di tutti i tempi e, mutatis mutandis, valido anche per la Chiesa, anch’essa segno di contraddizione che rivela le incoerenze e i contrasti della storia.