Libro di Giobbe: Sezione “E”, Capitolo 42,7-17: Epilogo

L’epilogo è connesso al prologo del libro stesso e ne riprende lo stile; Giobbe vi appare però come un personaggio capace di espiare per altri. L’autore sembra a conoscenza del modo di pensare del profeta Ezechiele e del Deuteroisaia su questo punto. I vv. 10-17 non sono in contrasto con i precedenti per la loro insistenza sui beni materiali, come si potrebbe pensare. Tali beni sono anch’essi segno della benevolenza di Dio non meno della giustizia che Egli dà a Giobbe.

Dio, infatti, rivolgendosi ad Elifaz dichiara che la sua ira si è accesa contro di lui e i suoi amici perché non hanno detto cose giuste e vere sul suo conto, al contrario del suo servo Giobbe. Ordina loro, perciò, di recarsi da Giobbe con sette tori e sette montoni e di offrirli in olocausto, mentre Giobbe pregherà per loro. Inoltre aggiunge che per rispetto a Giobbe non li ha puniti per i loro errori, malgrado non avessero detto la verità sul suo conto, come invece ha fatto Giobbe. Gli amici fecero come loro ordinato. Allora Dio esaudì la preghiera di Giobbe. Dopodiché Dio liberò Giobbe della sua sofferenza e gli diede il doppio di quel che aveva avuto. I suoi parenti, fratelli e moglie, e i vecchi amici di una volta, ritornarono tutti da Giobbe, rammaricandosi dei patimenti passati e lo consolarono di tutte le disgrazie. Ognuno gli donò una moneta e un anello d’oro. Da parte sua Dio benedice Giobbe nei suoi ultimi anni di vita più di prima. Tra l’altro divenne padre di sette figlie e di tre figlie. Giobbe visse ancora centoquarant’anni godendosi le gioie della famiglia fino alla quarta generazione.

Commento.

Il libro di Giobbe, più che una soluzione al mistero del dolore, è un invito a distruggere l’immagine falsa di Dio fatta a nostra misura e a placare nella fede rinnovata ciò che in sede razionale resta sempre e in ogni caso un mistero.

Il libro può lasciarci perplessi, non solo per certe sezioni particolari, ma per tutto il complesso del testo. Bisogna leggerlo e meditarlo come presentazione simbolica del dramma d’Israele (vale a dire dell’umanità intera) che non può sentirsi innocente agli occhi di Dio, né giusti né liberi da secondi fini ma, che, tuttavia non rinuncia al suo ruolo d’essere testimone di Dio, come mostra il contrastante ritratto di Giobbe stesso, in altre parole paziente da una parte e mercanteggiante dall’altra sulla base della sua pietà individualista. Tale contrasto, come ho già detto, non vieta che egli possa ugualmente, nel combattimento con Dio, di andare alla sua ricerca: anche se l’uomo non comprenderà mai interamente il senso e i metodi della giustizia di Dio.

Libro di Giobbe – Indice