Libro di Giobbe: Sezione “D”, Capp.38-42: Primo discorso di Dio

Capp.38-42: Primo discorso di Dio

Dopo la parentesi di Elihu c’introduciamo nel vertice del libro, la risposta di Dio. Egli accetta la sfida, quasi blasfema per gli amici, avanzata da Giobbe; scende a fare la sua deposizione nel processo cui l’uomo sofferente l’ha convocato. L’incontro avviene nella cornice di una tempesta, ma non si tratta di una teofania giudiziaria come si attendevano gli amici sapienti. Dio ha accettato il dialogo dando cos’ un’imprevedibile virata alla logica della retribuzione che riteneva il sofferente sempre peccatore. Dio pronuncia due discorsi articolati in strofe grandiose dalle quali emerge il mondo delle meraviglie cosmiche (terra, mari, astri, costellazioni, aurore, leoni, ibis, gazzelle, asini, bufali, cavalli, struzzi…).

Giobbe è un pellegrino stupito tra questi misteri di cui egli non sa sondare che qualche particella microscopica, mentre Dio li percorre con la signorilità distaccata del sovrano onnisciente ed onnipotente. Genere sapienziale (il catalogo scientifico della realtà) e stile forense (dibattito giudiziario) s’intrecciano nella deposizione che da interrogatorio rivolto a Dio si trasforma in requisitoria di Dio indirizzata all’uomo. Dio da accusato diventa giudice supremo ed intoccabile. E’ ovvio che di questo testo altissimo non posso percorrere tutti gli aspetti e le questioni esegetiche. Mi accontenterò di offrire solo una “griglia” di lettura, così che sarà possibile notarne la struttura generale.

Dopo un’introduzione solenne d’interpellanza a Giobbe (38,2-3) si succedono quattro serie di quattro strofe interrogative, che ora presento in forma semplificata.

Si tratta, come vedrete, di un vero e proprio esame di coscienza.

  1. La creazione del mondo (38,4-21):

    • Chi ha creato la terra? (38,4-7);
    • Chi ha domato il mare? (38, 8-11);
    • Chi fa sorgere l’aurora? (38, 12-15);
    • Chi distribuisce luce e tenebre? (38,16-21).
  2. La direzione del mondo (38,22-38):

    • Chi controlla i serbatoi della neve e della grandine? (38,22-24);
    • Chi dirige pioggia, rugiada e ghiaccio? (38, 25-30);
    • Chi guida gli astri? (38, 31-34);
    • Chi scatena gli uragani? (38,35-38).
  3. La direzione del mondo animale (38, 39- 39,12):

    • Chi nutre le bestie selvatiche? (38,39-41);
    • Chi presiede alla loro riproduzione? (39, 1-4);
    • Chi ha dato loro la libertà? (39, 5-8);
    • Chi controlla le bestie incontrollabili? (39,9-12).
  4. La determinazione degli istinti animali (39, 13-30):

    • Chi dà la rapidità? (39, 13-18);
    • Chi dà la forza? (39, 19-22);
    • Chi dà il gusto del pericolo? (39,23-25);
    • Chi dà il gusto della rapina? (39,26-30).

Il discorso d dio fa tacere Giobbe. Dopo questo primo dialogo fra Dio e l’uomo, la reazione umana diventa quasi balbettante. La stessa dichiarazione iniziale con cui Dio stimola Giobbe ed interviene è gelida e dura: “Il censore vorrà ancora contendere con l’Onnipotente? L’accusatore di Dio risponda!” (40,2; Vg.39,32).

Giobbe, atterrito, formula in linguaggio giuridico la decisione di non proseguire il dibattito processuale (“mettere la mano sulla bocca”), cosciente di non avere più argomenti consistenti da contrapporre (38,1-40,5).

Secondo discorso di Dio (40,6-42)

(In questa parte seguiamo la numerazione della Volgata (Vg.) divergente da quell’ebraica).La replica di Dio presente nei capp.40-41 è stata oggetto di molteplici discussioni soprattutto riguardo alla sua autenticità complessiva e parziale. Il testo pone veramente problemi ardui, ma mi pare importante rilevare che, di là dalla sua genesi, la posizione attuale è pertinente anche per la struttura generale della sezione.

Il discorso è centrato su due animali mitologici: “Behemot (o anche ippopotamo) e Leviatan (o anche coccodrillo), simboli del dinamismo inarrestabile ed insondabile dell’universo. Questi due mostri possono trasferire il ragionamento di Dio dalla sfera zoologica a quella storica, essendo i due animali gli emblemi delle due superpotenze orientali, babilonia e l’Egitto. Sfila sulla scena non solo l’intera massa dei misteri cosmici ma anche il groviglio delle vicende umane. L’uomo Giobbe, invece, non può essere cosciente di nient’altro che del suo piccolo cielo e del suo tempo limitato mentre il Signore raccoglie l’intera parabola dell’essere.

Ecco le dieci strofe in cui il poema è suddiviso. Lasciamo tra parentesi i complessi problemi esegetici e di critica letteraria, cui ho accennato, proprio per fare cogliere la linea generale di pensiero del brano, molto emozionante anche ad una lettura scientificamente semplificata.

Può avere Giobbe la capacità e la forza di sostituirsi a Dio nel giudizio del mondo? (40,1-4); se avesse tale grandezza provi a dimostrarla! (40,5-9).

Entra in scena Behemot con la sua spaventosa forza distruttrice (40,10-14).Mentre egli si aggira pasciuto e soddisfatto per le regioni della terra, nessuno osa bloccarlo e domarlo (40,15-19).

Appare Leviatan che nessuno osa fermare o stuzzicare mentre naviga nell’oceano (40,20-25). Nessuno potrà mai arpionarlo, assalirlo e sottometterlo (40,26-41,3). Esso, infatti, è corazzato come un terribile ordigno militare (41,4-8) e possiede armi terrificanti che seminano morte e distruzione (41,9-14). Quando si leva e si avventa nessuna difesa resiste, nessun’arma lo colpisce (41,15-20) e tutta la natura è sconvolta in mare, in terra e in cielo (41, 21-25). La scena finale del Leviatan, è senz’altro d’altissimo livello poetico. Su tutto domina Dio, causa dell’ordine del cosmo e dei suoi dinamismi.

Giobbe, a questo punto, comprende la sua precarietà minuscola d’essere umano e intona una sorta d’inno di lode e speranza, riconoscendo la grandezza di Dio e dice:

“Ascoltami e io parlerò, io t’interrogo e tu istruiscimi”.
“Io ti conoscevo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti vedono”.
“Perciò mi ricredo e ne provo pentimento di polvere e cenere”.

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