Libro di Giobbe: premessa e piano dell’opera

Indiscutibilmente affascinante e nello stesso tempo misterioso, il Libro di Giobbe attrae alla lettura per la complessità del dramma umano, lasciandoci alla fine, forse, nel dubbio in merito al significato.

Il problema della sofferenza del giusto diventò forse particolarmente acuto in Israele, allorché il popolo dovette subire l’esilio, sebbene fosse seriamente incamminato verso la conversione, grazie alla riforma religiosa del re Giosia (2 Re 22-23; 2 Cron.34-35).

Giobbe, di fatto, è un simbolo di questa situazione del popolo colto alla prova, e che sperimenta la sua incapacità radicale ad essere giusto, benché compia opere buone. Esse non sono una sicurezza, per sé, come mostra chiaramente la sezione “C” del libro, stesa probabilmente dall’ultimo e definitivo compilatore dell’opera.

Ma, di là di ogni considerazione, Giobbe è un capolavoro letterario: il capolavoro della corrente sapienziale del popolo ebraico e uno dei capolavori dell’umanità. Pare iniziare come una fiaba: “C’era una volta un grande servo di Dio, di nome Giobbe, che viveva ricco e felice. Dio permise al satana di tentarlo per vedere se…”

Il seguito del racconto mostrerà che la fede può attraversare delle forti crisi, ma che essa sa vincerle, e hanno ragione coloro che, come Giobbe, non cessano di credere e di sperare.

Sezione “A” capitoli 1-2

Il prologo c’introduce nella situazione: il protagonista è un uomo in prospere condizioni di fortuna sottoposto alla prova. Ci è descritto come paziente e giusto nonostante la sofferenza lo opprima. Tre amici vanno a trovarlo nella miseria.

Sezione “B” capitoli 3-31

Giobbe dialoga con gli amici, e ci è presentato come un uomo volitivo, pronto alla risposta, sovente vicino alla bestemmia nella sua disperazione, e non certo corrispondente alla descrizione dell’uomo paziente.

Questa sezione fa parte del nucleo originale del libro e risente delle problematiche e dello stile della letteratura sapienziale del vicino Oriente Antico. Si noti in particolare il contrasto tra Giobbe e gli amici quanto al senso profondo della religione: per Giobbe è un fare il bene, talché, sentendosi al sicuro di sé su questo punto, il suo dramma raggiunge il parossismo. Per gli amici, al contrario, è l’evitare il male per timore, nella sicurezza che, essendo il male castigo a se stesso, Giobbe deve essere sicuramente colpevole.

Ogni amico rivolge al protagonista tre discorsi, ricevendo ogni volta la risposta. Lo schema è interrotto dal cap.28 che contiene un intermezzo sulla ricerca della sapienza, ma è ripreso nei capp.29-31 col soliloquio conclusivo nel quale Giobbe cerca tenacemente di affermare la propria innocenza.

Sezione “C” capitoli 32-37

Interviene un quarto amico: l’improvviso comparire di Elihu fa pensare che tale sezione sia di un autore diverso dal precedente, più tardo, e senz’altro consapevole dell’inevitabile colpevolezza dell’uomo. Dio solo è giusto e, come la giustizia non significa compiere opere buone, così egli mostra che la sapienza non viene dall’età avanzata; ma ambedue, giustizia e sapienza, provengono da Dio, di fronte al quale l’uomo non ha meriti né diritti da rivendicare.

Sezione “D” capitoli 38-42

Dio viene a rendere ragione della situazione: solo di fronte a Lui Giobbe cede le armi, con una risposta rassegnata e coerente alle sue parole precedenti di ribelle, domato dalla lezione divina.

Sezione “E” capitolo 42,7-17

L’epilogo è connesso al prologo del libro stesso e ne riprende lo stile; Giobbe vi appare però come un personaggio capace di espiare per altri: l’autore sembra a conoscenza del modo di pensare del profeta Ezechiele e del deuteroisaia su questo punto. I vv. 10b-17 non sono in contrasto con i precedenti per la loro insistenza sui beni materiali, come potrebbe sembrare. Tali beni sono invece anch’essi segno della benevolenza di Dio non meno della giustizia che egli dà a Giobbe per la sua espiazione in favore degli amici.

Commento

Il Libro può lasciarci perplessi, non solo per certe sezioni particolari, ma per il complesso del testo, che affronta il problema della sofferenza senza concedere nulla alla idealizzazione. Bisogna leggerlo e meditarlo come una presentazione simbolica del dramma d’Israele ( vale a dire dell’umanità intera) che non può mai sentirsi innocente agli occhi di Dio, né giusto, né libero da secondi fini, ma che tuttavia non rinuncia al suo ruolo di essere testimone di Lui, come mostra il contrastante ritratto di Giobbe stesso , che è fornito dal prologo e dalla sezione “B”. Il Giobbe paziente da una parte, e il Giobbe che vuol mercanteggiare con Dio sulla base della sua pietà individualista, dall’altra.

Tale contrasto non impedisce però che egli possa ugualmente, nel combattimento con il Signore, andare alla ricerca di Lui: anche se l’uomo non comprende interamente il senso e i modi della giustizia di Dio, deve tuttavia accostarsi all’adorazione di Lui.

Per meglio comprendere la problematica di questo Libro, si può affiancare la lettura di alcuni salmi: 49. 73. 139. 145.

Libro di Giobbe – Indice