San Giovanni Apostolo: Prima Lettera

Delle tre lettere attribuite all’apostolo Giovanni, la Prima è forse l’ultima ad essere stata scritta e, con ogni probabilità, è successiva, come data, anche alla stesura del Vangelo, stando alla situazione delle comunità che essa riflette. Proprio l’ambiente cui essa si rivolge ci aiuta a comprendere quale sia il suo interesse fondamentale e perché la possiamo considerare una lettura in tutto adatta a questo tempo.
Lo scritto. Una specie d’enciclica più che una lettera vera e propria, era diretto ad un gruppo di comunità tra loro vicine e insidiate all’interno dall’eresia. Il suo scopo è perciò quello di richiamare agli elementi essenziali e irrinunciabili del credere e dell’agire cristiano; in altri termini la possiamo considerare una catechesi di consolidamento post-battesimale, anche se i destinatari hanno alle spalle già un certo cammino di fede.

Parlare di un vero e proprio schema della lettera non è possibile. L’autore ha, infatti, seguito un criterio nello scrivere, che a noi riesce difficile comprendere, ma che è tipicamente orientale. Egli scrive come se rispondesse ad una serie di questioni strettamente connesse tra loro e per noi in parte ricostruibili grazie all’uso di parole-chiave o d’espressioni particolari che mostrano lo svolgersi del discorso, richiamandosi l’un l’altra.

Cap. 1,1- 4 Introduzione e scopo della lettera

La Parola che dà la vita esisteva fin dal principio: noi l’abbiamo udita , l’abbiamo vista con i nostri occhi, l’abbiamo contemplata, l’abbiamo toccata con le nostre mani. La vita si è manifestata e noi l’abbiamo veduta. Siamo i suoi testimoni e perciò vene parliamo. Vi annunziamo la vita eterna che era accanto a Dio Padre e che il Padre ci ha fatto conoscere. Perciò parliamo anche a voi di ciò che abbiamo visto e udito; così sarete uniti a noi nella comunione che abbiamo col Padre e con Gesù Cristo suo Figlio. Vi scriviamo tutto questo perché la nostra gioia sia perfetta.

Cap. 1,5 – 10 Condizioni per vivere nell’ortodossia (=rimanere in Dio)

Ciò che ora vi diciamo l’abbiamo udito da Gesù: Dio è luce e in lui non c’è tenebra. Se diciamo: Siamo uniti a lui, e poi viviamo nelle tenebre, siamo bugiardi e non viviamo nella verità. Invece, se viviamo nella luce come Dio è nella luce, siamo uniti gli uni con gli altri e la morte di Gesù, il Figlio di Dio, ci libera da tutti i nostri peccati. Se diciamo: Siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità di Dio non è in noi. Se invece riconosciamo pubblicamente i nostri peccati, Dio li perdonerà, perché egli mantiene la sua parola. Egli ci libererà da tutte le nostre colpe, perché è buono. Se diciamo: Non abbiamo mai commesso peccato, facciamo di Dio un bugiardo e la sua parola non è in noi.

Figli miei, vi scrivo queste cose perché non cadiate in peccato. Se uno cade in peccato, possiamo contare su Gesù Cristo, il Giusto. Egli è il nostro avvocato presso il Padre; egli si è sacrificato per ottenere il perdono dei nostri peccati; e non soltanto dei nostri, ma di quelli del mondo intero.

Cap. 2,3 – 11 Chi conosce Dio deve osservare i suoi comandamenti

Se mettiamo in pratica i comandamenti di Dio, noi possiamo avere la certezza di conoscere Dio: Se uno dice: Io conosco Dio, ma non osserva i suoi comandamenti è un bugiardo: la verità non è in lui. Se uno invece ubbidisce alla sua parola, l’amore di Dio è veramente perfetto in lui. Da questo abbiamo la certezza di essere uniti a Dio. Chi dice: Io rimango unito a Dio, deve vivere anche lui come Gesù.
Miei cari, non vi sto insegnando un comandamento nuovo: lo avete fino da quando siete di Cristo.

E’ un comandamento antico, è il messaggio che avete udito. Eppure, il comandamento che vi sto insegnando è anche nuovo, perché la notte sta per terminare e già risplende la vera luce. Non è un’illusione: è realmente accaduto in Gesù e anche in voi! Chi pretende di essere nella luce o odia suo fratello, è ancora nelle tenebre. Chi ama suo fratello rimane nella luce, e non coree pericolo di inciampare. Chi odia suo fratello vive nelle tenebre, e cammina nel buio. Non sa in che direzione va, perché il buio gli impedisce di vedere.

Lectio

Dopo il criterio negativo di comunione (1,5-2,22): “non peccare”, Giovanni presenta quello corretto: l’osservanza dei comandamenti, dei quali il centro è la carità verso Dio (vv.3-6) e verso il prossimo (vv.8-11). Il cristiano che realizza tale amore “dimora nella luce” (v.10; Gv.14,23-24) e la sua conoscenza di Dio è norma di vita e uniformità nella condotta pratica alla Parola di Dio, principio attivo che rimane in noi e che dobbiamo osservare (Gv.5,38). Se possiamo esistere come lui esiste, essere trasformati con lui, possiamo anche affermare che siamo in lui. Cristo è la vite e noi i tralci (Gv.15,1-5). Il nostro rapporto d’interiorità con Dio deve essere capito alla luce del rapporto d’interiorità trinitario.

Colui che dimora in Dio ha dentro di sé un senso intimo di dovere che lo spinge ad imitare Gesù (v.6; 3,3.7.16; 4,17; Gv.13,15; 15,10). L’insegnamento che Giovanni trasmette è il riassunto pratico e morale udito della vita cristiana: è la Parola incarnata (Gv.1,14), “che avete udito” come manifestazione dell’amore di Dio per gli uomini; è un comandamento nuovo perché dobbiamo amarci come Gesù ci ha amato (Gv.13,34; 15,12) e perciò sempre da riscoprire. Chi “non ama” il fratello è “tenebra”, e non vede la “luce del mondo” (Gv.8,12).

Meditatio

La vera conoscenza di Dio si attua nella pratica dei suoi comandamenti, in uno sforzo generoso di comportarsi come Gesù, modello perfetto d’ogni cristiano. Chi afferma di conoscerlo ma non osserva la sua legge, mente, ha una conoscenza errata di Dio. La Parola di Dio non è tanto un messaggio culturale, quanto una proposta di vita. La conoscenza di un dovere che non diventi impegno coerente di vita, ci rende colpevoli. Il comandamento per eccellenza, quello che riassume tutti gli latri, è l’amore.

Un comandamento antico e sempre nuovo che dobbiamo “riscoprire” ogni giorno, per vivere nella luce, lottando contro le tenebre del “non amore”, che impedisce di vedere nel fratello un figlio di Dio, il volto stesso di Gesù che è “la luce del mondo”. Amare vuol dire donarsi, scordare noi stessi, cercare il bene degli altri fino a sacrificare il nostro tempo, i nostri interessi, i nostri gusti, la vita stessa, come Gesù che è morto per la salvezza di tutti. “Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato” (v.6).

Cap. 2,12 – 17 I credenti di fronte al mondo

Scrivo a voi, figli miei: i vostri peccati sono stati perdonati per mezzo di Gesù.
Scrivo a voi, padri, che avete conosciuto colui che esiste dal principio: Gesù Cristo.
Scrivo a voi, giovani: voi avete sconfitto il diavolo.
A voi, bambini, io scrivo: voi avete conosciuto il Padre.
A voi, padri, io dico: voi conoscete colui che esiste dal principio.
Giovani, io vi dico che siete forti, che la parola di Dio è radicata in voi e che avete vinto il diavolo.

Non cedete al fascino delle cose di questo mondo. Se uno si lascia sedurre dal mondo, non vi è più posto in lui per l’amore di Dio Padre. Questo è il mondo: voler soddisfare il proprio egoismo, accendersi di passione per tutto quello che si vede, essere superbi di quel che si possiede. Tutto ciò viene dal mondo, non viene da Dio Padre. Il mondo però se ne va, e tutto quello che l’uomo desidera nel mondo, non dura. Invece, chi fa la volontà di Dio vive per sempre.

Lectio

Il brano è un’esortazione affettuosa alla comunità cristiana ad essere coerente nelle scelte fatte nei riguardi di Dio e del mondo. Dai padri, che da qualche tempo hanno conosciuto il Figlio, si esige una fede matura; dai giovani, si richiede una fede che vinca le difficoltà della loro età e le facili attrattive del mondo; da tutti, in forza della loro scelta radicale per Gesù, si deve superare il contrasto vissuto nel proprio cuore tra l’amore sbagliato del mondo, inteso come aspetto dell’umanità che si contrappone alla volontà di Dio, e l’amore del Padre che è derivato da lui e orientato verso di lui.

La “concupiscenza della carne” in pratica le tendenze cattive che sono nell’uomo decaduto ed incline al peccato, la “concupiscenza degli occhi” in altre parole le cupidigie che possono venire attraverso gli occhi, e la “superbia della vita” vale a dire l’atteggiamento di fiducia nei beni terreni, appartengono alla transitorietà. Il cristiano vive nel mondo, ma sa che il mondo passa (1 Cor.7,31)

Meditatio

La nostra generazione ha scoperto il valore della creazione e l’impegno etico per la protezione delle creature e la liberazione dell’uomo. Ogni cristiano è quindi impegnato a vivere nel mondo, a servizio dell’uomo, per testimoniare Gesù e portare ai fratelli il suo messaggio di salvezza, ma senza confondersi con il mondo, senza accettare i suoi compromessi e i suoi modelli di comportamento, negazione di quello spirito d’umiltà, di povertà, di carità che deve animare la vita del credente. Solo svuotando il cuore dall’amore del mondo, dalla bramosia di possesso dei suoi beni caduchi, possiamo riempire il cuore d’amore di Dio e dei fratelli.

“Non si possono servire due padroni” (Mt.6,24) dive Gesù. Il cristiano deve operare continuamente una scelta: Dio o il mondo, la luce o le tenebre, la libertà o la schiavitù. La nostra tristezza, le molte delusioni che proviamo, hanno di solito origine da questo assurdo tentativo di conciliare Dio e il mondo, scordando che “se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui (v.15).

Cap. 2,18 – 28 Avvertimenti per chi rifiuta Gesù

Figli miei, è giunta l’ultima ora. Voi sapete che deve venire un anticristo. Ebbene, ora ci sono molti anticristi: questo vuol dire che siamo proprio all’ultima ora. Prima essi erano con noi, ma non erano veramente dei nostri: se lo fossero stati, sarebbero rimasti con noi. Si sono all0ontanati, perciò è chiaro che non tutti quelli che sono con noi sono veramente dei nostri.
A voi però Dio ha dato lo Spirito Santo, quindi conoscete tutti la verità. Io non vi scrivo: Voi non conoscete la verità. Anzi, vi dichiaro che la conoscete e sapete che nessuna menzogna può nascere dalla verità. Sapete chi è il bugiardo, l’anticristo: chiunque afferma che Gesù non è il Cristo.Chi dice così, rifiuta non solo il Figlio, ma anche il Padre. Chi riconosce il Figlio è unito al Padre.

Voi dunque conservate nei vostri cuori la parola del Signore che avete udito dal principio! Se essa rimane in voi, sarete uniti col Figlio e col Padre. E questa è la promessa che Cristo ci ha fatto: la vita eterna.
Vi ho parlato di quelli che cercano di ingannarvi; ma lo Spirito Santo che avete ricevuto da Gesù Cristo rimane ben saldo in voi, perciò non avete bisogno di nessun maestro . Infatti è lo Spirito Santo il vostro maestro in tutto: egli insegna la verità e non la menzogna. Voi dunque rimanete uniti a Gesù come vi è stato insegnato.

Lectio

Il brano è un richiamo alla situazione della comunità verso la fine dei tempi nei quali siamo entrati. Anche se nessuno sa quando si compiranno (Mt.24,36), i cristiani devono vivere in un clima di lotta e d’attesa (1 Tess.5,1-11; Ap.1,3; 3,11). E’ una dolorosa esperienza dei fedeli di Cristo conoscere che la volontà di Dio permette che satana trovi spesso i suoi strumenti proprio all’interno della comunità ecclesiale. Noi possiamo resistere al male per “l’unzione del Santo”, cioè la parola di Cristo risorto interiore in noi, fecondata dallo Spirito Santo, ricevuta in unione di fede a tutta la comunità.

Inoltre i versetti rivelano nelle linee essenziali la falsa dottrina divulgata dagli anticristi: negano che Gesù sia il Messia, il Figlio di Dio e di conseguenza la professione di fede della Chiesa in Cristo. Non è possibile rimanere in comunione vivente con il Padre se uno nega Gesù; non è possibile avere la vita che è nel Padre e nel Figlio e la loro presenza se uno nega Gesù (VV.22-23). L’espressione: Chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre, esprime la gioia dell’apostolo di vedere una confessione di fede, frutto della Parola e segno esteriore della nostra esperienza interiore di comunione con il Figlio e con il Padre (V.24).

Ora, vivere in comunione con Dio significa essere in possesso della grande promessa che Cristo ci ha fatto: La vita eterna (v.25; Gv.3,36); avere la capacità di resistere all’anticristo che insegna il falso (non avete bisogno che alcuno vi ammaestri); e avere la possibilità di vivere radicalmente le esigenze del Vangelo, di restare nella parola di Cristo, nella attesa della sua venuta (vv.26-28).

Meditatio

L’apostolo Giovanni mette in guardia i discepoli dai falsi dottori da lui paragonati agli “anticristi”. Gesù aveva ammonito di fuggire i “falsi profeti” (Mt.24,23-24), gli oppositori al messaggio di Cristo che la Chiesa incontrerà continuamente nel corso dei secoli. L’aspetto più doloroso è che molti di questi avversari vengono dalle file dei credenti; qualcuno forse era sacerdote, religioso, teologo; e sono diventati estranei.

L’appartenenza alla Chiesa è un mistero che nessun legame esterno può garantire, ma solo la fedeltà a Dio nell’umile, costante ricerca della verità. Chi rifiuta la Chiesa, rifiuta Cristo, vive nelle tenebre e della menzogna. Il cristiano, consacrato “dall’unzione ricevuta dal Santo”, nel battesimo e nella cresima, si lascia invece guidare dolcemente dallo “Spirito Santo di verità” che vive e opera in lui per mezzo di Gesù Cristo.

L’apostolo Giovanni non cessa di mettere in guardia i discepoli da coloro che negano Cristo e si oppongono al suo piano di salvezza: Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? (v.22). Rifiutando Gesù come Figlio di Dio, essi rifiutano anche il Padre: Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre (v.23). Gesù lo aveva affermato chiaramente: Io e il padre siamo una cosa sola (Gv.10,30), ponendo in evidenza l’intimità e l’identità di natura e di vita tra Padre e Figlio. Prima aveva detto: Chi non onora il Figlio, non onora neppure il Padre che lo ha mandato (Gv.5,23), e: Nessuno va al Padre se non per il Figlio (Gv.14,6).

A questa intimità, vera comunione di vita con Dio, sono chiamati tutti i credenti purché accettino la verità rivelata. Se rimane in voi quel che avete udito da principio, anche voi rimerete nel Figlio e nel Padre (v.24). Questa misteriosa ma vitale unione con Dio è l’inizio della realizzazione della “vita eterna” tante volte promessa da Gesù: Dio ha tanto amato il mondo che ha sacrificato il suo Figlio unigenito, affinché ognuno che crede in lui, non perisca ma abbia la vita eterna (Gv.3,16).

Cap. 2,29 – 3,6 Chi rimane in Dio non pecca

Voi sapete che Gesù Cristo compie la volontà di Dio. Perciò chiunque fa la volontà di Dio è diventato figlio di Dio. Vedete come ci ha voluto bene il Padre! Egli ci ha chiamati a essere suoi figli. E noi lo siamo davvero. Perciò il mondo non ci capisce. Il mondo non ha capito neppure Gesù! Miei cari, ora siamo figli di Dio; quello che saremo ancora non si vede. Ma quando Gesù ritornerà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come è realmente.

Come Cristo è puro, tutti quelli che fondano in lui la loro speranza, si purificano dal male. Chi commette il peccato va contro la legge di Dio, perché peccare vuol dire mettersi contro la sua volontà. Voi sapete che Gesù è venuto tra noi per togliere di mezzo il peccato. In lui non c’è peccato. Chiunque rimane unito a Gesù, non pecca più. Se pecca ancora, dimostra di non avere veramente veduto Gesù, e di non averlo capito.

Lectio

Il tema unitario della pericope è questo: Cristo è giusto, senza peccato, fu sottomesso alla volontà del Padre, è modello del cristiano; il fedele vive nella giustizia ed è figlio di Dio e non può commettere il peccato. L’agire cristiano dimostra la nuova nascita. Figlio di Dio, essere nato da Dio, significa per Giovanni essere uomo nuovo, chiamato a camminare per una vita nuova, imitando il Padre in una progressiva assimilazione e comunione con lui, che diventerà identificazione quando si vedrà a faccia a faccia. Il valore della nostra vita risiede e aumenta nel fatto che siamo figli, salvati dal Padre che ci ama e che ci dà fiducia.

Il mondo che rifiuta Dio con il peccato, alleandosi all’anticristo, disprezza e non capisce Cristo, non ama i cristiani, agisce contro le legge, appartiene alla sfera del maligno e si oppone al regno messianico. Chi invece aderisce al Signore, che si è fatto peccato per noi, è immune dal peccato traendo da Cristo la forza per superare il male e vincere.

Meditatio

La situazione del cristiano ha due aspetti sui quali si articola l’equilibrio dinamico della sua vita: come figlio di Dio non può ignorarlo o rifiutarlo, vive in continua tensione verso la perfetta comunione con lui che si realizzerà nella vita futura. Ma finché dimora in questa carne mortale, è nella possibilità di peccare. L’amore infinito del Padre non lo toglie dal pericolo del “peccato che è violazione della legge” e che impegna la libertà in una scelta continua tra il bene e il male.

Dio, che vuole la nostra salvezza, esige la nostra cooperazione: Colui che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te, disse sant’Agostino. Ciò che sostiene il credente in questa lotta e lo rende libero dal peccato è la speranza che quando Cristo si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è: vero Figlio di Dio.

Cap. 3,7 – 10 I figli di Dio non sono più schiavi del peccato

Figli miei, non lasciatevi ingannare da nessuno. Chi fa la volontà di Dio è giusto, così come Gesù è giusto. Chi commette il peccato appartiene al diavolo, perché il diavolo vive da sempre nel peccato. Gesù, il Figlio di Dio, è venuto proprio per distruggere le opere del diavolo. Chi è diventato figlio di Dio non vive più nel peccato, perché ha ricevuto la vita da Dio. Non può continuare a peccare, perché è diventato figlio di Dio.

Lectio

La lotta tra bene e male, tra Cristo e satana, coinvolge anche il cristiano: Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché Cristo è vincitore del male, ha instaurato i tempi della salvezza ed il suo seguace è chiamato a lottare contro il peccato, a praticare la giustizia. Chiunque è nato da Dio non commette peccato perché lo Spirito di Dio, la sua Parola, germe divino, si trova in lui e lo riempie. Il credente che fa crescere e fruttificare il seme della Parola non potrà peccare, perché ha fatto spazio a Dio che opera nella sua vita. Allora i segni concreti del cristiano saranno la disponibilità alla volontà di Dio e l’amore fraterno.

Meditatio

Ogni giorno siamo chiamati a fare la nostra scelta di appartenenza a Dio o di partecipazione al male. E’ assurdo, oltreché pericoloso, tentare di conciliare l’inconciliabile. Il cristiano ha però in sé una forza, “un germe divino”, che gli offre la possibilità di resistere all’antico tentatore e di vincere il male: Non può peccare perché è nato da Dio.

Ovviamente questa impeccabilità non è una realtà già acquisita, ma una conquista personale, da realizzare giorno dopo giorno con sacrifici, rinunce, mortificazioni, facendo fruttificare quel seme che è la Parola e la grazia di Dio ricevuta nel battesimo e continuamente alimentata dalle innumerevoli grazie attuali che il Signore dona a chi crede in lui.

Il nostro impegno consiste nel dire sì a Dio, nel lasciarsi plasmare da lui, per operare nella giustizia che è impegno di amore fraterno; infatti: Chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello.

Cap. 3,11-21 l’amore di Dio, l’amore per i fratelli e la fiducia in Dio.

Fin dal principio vi abbiamo insegnato questo: che dobbiamo amarci gli uni gli altri. Allora non facciamo come Caino: egli apparteneva al diavolo e uccise Abele suo fratello. Sapete perché lo uccise? Perché le opere di Caino erano cattive e quelle di Abele erano buone.
Fratelli non meravigliatevi se il mondo vi odia. Noi sappiamo che dalla morte siamo passati alla vita. La prova è questa: che amiamo i nostri fratelli. Chi non ama il prossimo è ancora sotto il dominio della morte. Chi odia il suo prossimo è un assassino. Voi lo sapete: se uno uccide il prossimo la vita eterna non rimane in lui.

Noi abbiamo capito che cosa vuol dire amare il prossimo, perché Cristo ha dato la sua vita per noi. Anche noi dobbiamo dare la nostra vita per i fratelli. Se uno ha di che vivere e vede un fratello bisognoso, ma non ha compassione e non lo aiuta, come fa a dire: IO amo Dio? Figli miei vogliamoci bene sul serio a fatti. Non solo a parole o con bei discorsi.
Ecco come sapremo che la verità ci ha generati. Allora non avremo più paura davanti a Dio. Anche se il nostro cuore ci condanna, Dio è più grande del nostro cuore. Egli conosce ogni cosa. Se invece, miei cari, il nostro cuore non ci condanna, noi ci possiamo rivolgere a Dio con piena libertà.

Lectio

Il motivo fondamentale dell’annuncio cristiano è costituito dalla carità fraterna e generosa fin dal primo momento della conversione (2,7-11). Solo l’amore autentico ci salva, ci comunica la vita, dopo aver distrutto la morte (v.14; Gv.5,24). Il contrario dell’amore è l’odio, quello che spinse Caino ad uccidere il giusto Abele, gli increduli nemici di Dio il Cristo stesso e i suoi seguaci (Gv.15,20). Mentre l’odio è il segno che questo mondo è caduto nella morte ed è causa della propria rovina (v.15), l’amore per i fratelli ci inserisce nel regno della vita; per questo fine Gesù ha dato la sua suprema prova di amore (Gv.15,12-13; At.4,32).

L’amore che Cristo ci ha dimostrato sulla croce deve spingerci a vivere anche la forma più alta dell’amore: l’amatevi l’un l’altro come io vi ho amato (Gv.15,12), e nella vita pratica a rammentare che l’amore senza le opere è morto. Il donare allora parte dei nostri beni rimane sempre un obbligo per coloro che si sono messi fiduciosi alla sequela di Gesù (vv.17-21; Gv.21,17), certi che “Dio è più grande del nostro cuore”.

Meditatio

Ogni uomo è immagine di Dio, è fratello di Gesù che ci ha amato fino a morire per la nostra salvezza. Perciò ha potuto imporre un comandamento nuovo: “Amatevi l’un l’altro come io vi ho amato”; perciò “anche noi dobbiamo dare la vita per il fratello”. Il vertice supremo dell’amore cristiano è dare tutto, anche la vita se necessario. Questa carità che deve animare tutta la nostra giornata, non è di parole, ma di fatti: se uno, vedendo il suo fratello in necessità. Gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l’amore di Dio?

L’amore vero cerca costantemente il fratello, lo accetta come è, con i suoi lati positivi e negativi, partecipa alle sue gioie e alle sue pene, si pone al suo servizio senza paternalismo o servilismo, per aiutarlo a realizzare la sua personalità. Il vero amore crede nell’uomo, ha fiducia in lui, guarda alla sostanza, non alle apparenze, è sempre disponibile alla comprensione e al perdono senza far pesare né l’una né l’altro.

Cap. 3,22-4,6 Spirito di Dio e predicazione di Gesù Cristo.

Miei cari, se uno dice di avere lo spirito, non credetegli subito: prima, esaminatelo bene, per vedere se davvero ha lo spirito che viene da Dio. Perché molti predicatori bugiardi sono andati a predicare nel mondo. La prova che uno ha lo spirito di Dio è questa: se riconosce pubblicamente che Gesù è il Cristo che si è fatto uomo, ha lo spirito di Dio. Se non lo riconosce non ha lo spirito che viene da Dio, ma quello dell’anticristo. Voi sapete che l’anticristo deve venire: ebbene, è già nel mondo.

Ma voi, figli miei, appartenete a Dio e avete sconfitto i predicatori bugiardi: infatti lo spirito di Dio che è in voi è più grande dello spirito del diavolo che è in quelli che appartengono al mondo. Essi appartengono al mondo; perciò parlano secondo i criteri del mondo, e il mondo li sta ad ascoltare.

Noi invece apparteniamo a Dio; chi conosce Dio ascolta la nostra testimonianza, chi non appartiene a Dio non ci ascolta. In questo modo possiamo riconoscere se uno ha lo spirito della verità o lo spirito della menzogna.

Lectio

Questo brano dà criteri per riconoscere lo spirito di Dio e lo spirito del mondo. Nella comunità cristiana il criterio per discernere tra lo spirito di Dio e lo spirito del mondo è dato dalla capacità di fare una profonda confessione di fede in Cristo Signore “venuto nella carne” (v.2; At.2,36). Chi esclude Cristo dal piano di Dio e dalla propria vita quotidiana ha lo spirito dell’anticristo (2,18; Gv.7); accoglie il messaggio dei falsi profeti che operano nel mondo. I cristiani invece sono di Dio e la loro superiorità è dono della fede ricevuta da Cristo che è nei credenti più potente di satana (v.4; Gv.12,31; 14,30; 16,11). La fede del cristiano è adesione all’insegnamento della comunità ecclesiale, dove c’è lo Spirito di Dio che bisogna ascoltare e testimoniare.

Meditatio

Le caratteristiche di una comunità cristiana sono: la fede in Gesù Cristo, l’amore reciproco dei fratelli e la fedeltà ai comandamenti di Dio. Per questo l’apostolo Giovanni suggerisce alcuni atteggiamenti fondamentali. Anzitutto quello della preghiera, intesa non tanto quanto richiesta di grazie, quanto piuttosto come impegno personale di attuare ciò che lui comanda; poi un impegno di fede autentica in Gesù Cristo e di operosa carità verso i fratelli.

L’apostolo riduce l’atteggiamento di fede al suo nucleo centrale: accettare Gesù. “Il centro vivo della fede è Gesù Cristo; solo per mezzo di lui gli uomini possono salvarsi, da lui ricevono il fondamento e la sintesi di ogni verità”. Egli è veramente la chiave, il centro, il fine dell’uomo, nonché di tutta la storia umana. Credere in Gesù significa fidarsi di lui, aprirsi a lui fino a lasciarsi trasformare in lui, accettandolo come modello di comportamento: “Io vi ho dato l’esempio affinché quello che ho fatto io lo facciate anche voi” (Gv.13,15). Questa fede in lui diventa una forza dinamica e creativa, tutta tesa a testimoniare e a operare perché Cristo e il suo messaggio siano conosciuti e accettati dagli uomini.