Gesù e il movimento essenico

Se Gesù non fu un uomo rivoluzionario, in quanto escluse una forma d’impegno politico diretto e violento, fu forse un asceta? Invece di un impegno, optò per un rifiuto radicale del mondo? Per una fuga dalla storia? Invece di un inserimento nel mondo, volle un isolamento, un esodo, un’emigrazione dal mondo? Certamente lo stile di vita di Gesù è fuori del comune. Non esercita alcuna attività professionale, conduce una vita nomadica, la sua casa è all’aperto, sulla via o sulla piazza, non ha famiglia.

I suoi parenti una volta cercarono di riportarlo a casa, giudicandolo “pazzo” (Mc.3,21): e tale giudizio può essere motivato dalla sua attività e dal suo modo di comportarsi che esce dagli schemi e dai modelli comuni. Al tempo di Gesù esistevano gruppi di persone che si radunavano in circoli per attendere la salvezza di Dio: si trattava di formare quel “santo resto d’Israele” da cui sarebbe uscito il Messia. Uno dei gruppi più importanti era costituito dalla comunità monastica degli Esseni in Qumran (sulla costa scoscesa della regione montagnosa e desertica della Giudea, presso il Mar Morto).

Se già i farisei si separavano dal resto del popolo come un gruppo a parte, presso gli esseni la segregazione è spinta all’estremo. Questa comunità di monaci era contrassegnata da tre regole fondamentali: comunanza di locali per la preghiera, il lavoro, l’abitazione; uniformità di abbigliamento (anche nella foggia del vestito esprimevano la pretesa di essere il popolo sacerdotale di Dio: ognuno, anche i membri laici, indossava una bianca veste di lino, l’abito liturgico indossato dai sacerdoti durante l’esercizio delle loro funzioni); vita ascetica fondata sull’obbedienza. Gesù fu forse un esseno? O un simpatizzante per la comunità di Qumran? O comunque: esistono delle affinità fra il movimento iniziato da Gesù e i monaci esseni? Vi sono certo sorprendenti comunanze, ma emergono anche il contrasto di fondo.

Nessuna segregazione dal mondo. Gli esseni volevano essere la comunità “pura” di Israele: a tal punto si allontanavano dai centri abitati, per vivere una vita pia, immuni da ogni impurità e separati dai peccatori. Gli esseni si considerano l’escatologico popolo sacerdotale di Dio e per questo motivo applicano a sé la prescrizione secondo cui solo sacerdoti fisicamente perfetti possano esercitare le funzioni nel tempio. Il Dio santo dunque odia i peccatori, e come vieta che una persona fisicamente “imperfetta” presti servizio liturgico, così anche non permette che uno leso nel fisico abbia parte alla santa comunità monastica.

Gesù invece non pretende una segregazione dal mondo, non predica un atteggiamento di fuga dal mondo dei peccatori. Egli stesso non vive nel deserto se non episodicamente: piuttosto si crea spazi di deserto nel pieno però di un’attività pubblica molto intensa, a diretto contatto con tutti, accogliendo i peccatori e tutte quelle persone che secondo la Legge erano impure. Al di là di ogni norma esteriore di purità (si giunge presso gli esseni a tale radicalismo da esigere un bagno completo prima di ogni pasto), Gesù predica la purezza del cuore (Mc.7,14-23).

Nessun zelo per la Legge come tale. Gli esseni si separarono dai farisei proprio perché questi ultimi erano considerati addirittura dei lassisti circa l’interpretazione della Legge. Gli esseni dunque si caratterizzavano per una ancor più scrupolosa osservanza delle norme della Legge. Al fondo di questa osservanza stava la convinzione che era la Legge a salvare: essa perciò andava obbedita, senza compromessi e lassismi, senza cedere ad interpretazioni agevolate. Dai Vangeli invece emerge un Gesù straordinariamente libero nei confronti della Legge. Riprenderemo questo tema più avanti e più profondamente a proposito dei farisei.

Nessun ascetismo volontaristico. Gli esseni si dedicavano a pratiche ascetiche per assecondare la loro aspirazione alla purezza e alla santità. In questa luce si comprendono alcune osservanze degli esseni: la proibizione al matrimonio (almeno da parte di coloro che vivono nella clausura di Qumran); la rinuncia ad ogni possesso e la messa in comune dei beni; la pratica del digiuno; la veglia in preghiera per una certa parte della notte. Anche Gesù richiede queste cose: Gesù non è sposato; chiede al giovane ricco la rinuncia a quanto possiede (Mc.10,17-31) e il gruppo dei discepoli osserva un regime di comunanza di beni (Gv.12,6; 13,29); chiede la preghiera ed egli stesso passa le notti pregando.

Ma Gesù non fu un asceta nel senso volontaristico del termine, nel senso cioè di un autocompiacimento per i propri sforzi di virtù, e soprattutto nel senso di una realizzazione della salvezza mediante gli sforzi dell’uomo. Siamo qui al punto in cui la strada di Gesù diverge sostanzialmente da quella degli esseni. Certo questo movimento degli esseni, con la sua gioia per la salvezza, con la sua serietà, con le sue pratiche di abnegazione, è molto vicino al cristianesimo primitivo: ciò che Cristo ha fermamente respinto è il motivo di fondo che caratterizza tale movimento. Gesù ha rifiutato tutti i tentativi di realizzare la comunità del resto mediante i soli sforzi ascetici dell’uomo e mediante la segregazione dai peccatori.

Anzi egli chiama al convito poveri, storpi, ciechi e zoppi, cioè coloro che erano stati proscritti dalle comunità del santo resto: e questo era una sfida direttamente lanciata contro gli esseni e i farisei.
Sotto questo aspetto Gesù si distingue anche dal Battista, che pure aveva spezzato ogni presunzione e aveva annunciato come imminente il giudizio di Dio sul popolo di Israele: il Battista infatti accoglie i peccatori dopo che essi hanno espresso la loro volontà di conversione: Gesù invece offre la salvezza prima che i peccatori facciano penitenza (con particolare chiarezza in Lc.19,1-10). Gesù dunque non predicò mai sacrifici fine a se stessi, difende i discepoli che non digiunano, condanna una religiosità teatrale ed esteriore (Mt.6,16ss), partecipa ai banchetti con i peccatori al punto da ricevere l’accusa di mangione e beone (Mt.11,18-19).

Lo stesso celibato di Gesù non è giustificabile su motivi di superiorità o di distanza dagli altri, o per timore di una contaminazione, ma per un motivo diverso da quello degli esseni: per una più piena disponibilità alla volontà di Dio, per un’esistenza totalmente spesa a servizio del regno (Mt.19,12). Neppure era richiesto il totale abbandono dei beni quando questi fossero di ostacolo alla propria libertà di azione evangelica, o quando il loro possesso pregiudica gravemente il fascino del regno.
Il segno dunque che contraddistingue il nuovo popolo di Dio convocato da Gesù è la fede nella grazia senza limiti, che può sperare là dove non si accampa la pretesa di poter raggiungere Dio con le proprie opere buone.

Nessun ordine gerarchico. La comunità essenica era fondata su un ordinamento rigidamente gerarchico, imperniato su quattro classi: sacerdoti, leviti, membri laici, candidati. Tutti erano sottoposti alle direttive dei superiori anche nei particolari più minuziosi. La disobbedienza era pagata con dure sanzioni, tra cui la sottrazione di un quarto della normale razione di cibo. Esisteva comunque un catalogo molto dettagliato delle punizioni.

Gesù invece chiede obbedienza solo alla volontà del Padre celeste. Egli condanna ripetutamente le gerarchie mondane fondate su assurdi privilegi. Addirittura sovverte l’ordine gerarchico tradizionale: chi vuol essere il primo, deve sentirsi ultimo e comportarsi da servo di tutti, sull’esempio del Figlio dell’uomo che non è venuto per farsi servire, ma per servire. L’immagine del servo è quella più ricorrente sulla bocca di Cristo: ad esempio Mc.9,33-35; 10,42-45. L’invito di Cristo ad essere l’ultimo di tutti non va compreso solamente secondo una misura moralistica, ma come espressione teologica della natura precisa del nuovo messianismo, del nuovo popolo di Dio.
Ancora una volta Gesù è diverso.

Pur vivendo la sua vita in un modo non del tutto simile a quella degli altri, non si può affermare che il suo stile di vita corrispondesse in tutto ai canoni monastici, né a quello del profetismo classico. Infatti i farisei rimproverano di parlare come un profeta, ma denunciano il suo modo di vivere come non corrispondente ai modelli profetici. Gesù quindi dà scandalo perché dice di essere un profeta e parla come un profeta, ma vive come un uomo comune. Rispetto poi ai monaci esseni di Qumran, Gesù non vuole nessun noviziato, nessuna preghiera prolissa, nessun bagno rituale, nessun abbigliamento discriminante, nessuna separazione operata per un distacco dai peccatori. Egli non era venuto per i puri, o i sedicenti pii, o per i sano o per un’elite, ma era venuto per tutti. Il suo messaggio non ha nulla di tenebroso o di vendicativo: è un messaggio di gioia e di speranza proprio per i perduti e per i miseri.

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