Le tentazioni

Le tentazioni sono permesse da Dio soltanto contro le anime che Egli ha deciso di innalzare al suo meraviglioso e ineguagliabile amore (chi vive nel peccato o senza Dio perennemente non avverte nulla dal momento che per costoro è normalità); ma non per questo , superata la prova, si ha la certezza di giungervi; infatti è capitato e capiterà che alcuni di quelli che sono rimasti saldi di fronte ai violenti attacchi delle tentazioni, non hanno poi corrisposto al favore di Dio, e così, in seguito, sono caduti nella trappola di tentazioni piccole. Dico questo perché, se dovesse capitarci di essere tormentati da una tentazione molto forte, rammentiamoci che Dio vuole favorirci in modo tutto speciale e renderci più grandi al suo cospetto; ciò nonostante dobbiamo rimanere guardinghi e umili, non illudendoci di potere vincere le piccole tentazioni solo perché abbiamo vinto le grandi, se non restiamo fedeli a Gesù Cristo.

Se dunque ci capita di affrontare una tentazione e anche il piacere che ne consegue, mentre la volontà rifiuta il consenso, sia alla tentazione che al piacere che l’accompagna, non turbiamoci più di tanto, perché Dio non è offeso, tuttavia facciamo un esame di coscienza meditato, chiediamo aiuto al Signore, e vediamo se il nostro cuore e la nostra volontà spiritualmente pulsano ancora, ossia se siamo fedeli nel rifiutare e consentire a seguire la tentazione e il piacere che ne deriva, poi rechiamoci dal nostro abituale confessore.

Finché nei nostri cuori esiste il movimento del rifiuto, stiamo pure certi che la carità (l’amore), vita delle nostre anime, vive in noi, e Gesù Cristo nostro Salvatore dimora nelle nostre anime anche se relegato per qualche istante in un angolo.

Così con l’esercizio continuo e assiduo della preghiera, dei sacramenti e la riposta fiducia in Gesù, le nostre forze ritorneranno e con esse la nostra vita piena e piacevole.

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Ripensiamo ancora alla giovane sposa della quale abbiamo parlato all’inizio della meditazione. Lei non può far nulla contro la proposta disonesta che le viene rivolta, giacché, come abbiamo supposto, le giunge suo malgrado. Ma se, al contrario, con qualche civetteria avesse dato motivo alla proposta, con cenni d’intesa a colui che la corteggia, senza dubbio sarebbe responsabile della proposta quanto il propositore; e anche se ora si comportasse innocentemente, meriterebbe biasimo ugualmente. Infatti può capitare qualche volta che la sola tentazione ci metta in peccato perché ne siamo la causa.

Per esempio, sappiamo che un certo tipo di svago o un certo tipo di conversazione ci conduce alla collera, all’ira o al limite alla bestemmia e alla maldicenza e capiamo che ci sono trampolino a quei peccati: noi pecchiamo tutte le volte che dedichiamo il nostro tempo a queste cose e siamo colpevoli di tutte le tentazioni che ci capiteranno. Ossia, quando il piacere che deriva dalla tentazione può essere evitato, accettarlo è sempre peccato nella misura in cui il piacere che ci troviamo e il consenso che gli diamo è più o meno pieno, persistente nel tempo o solo di breve durata.

Rifacendosi sempre alla giovane sposa, per lei è sempre cosa deplorevole, se non soltanto ascolta la disonesta proposta che le viene avanzata, ma, dopo averle prestato orecchio, vi prende piacere e vi ferma sopra il proprio cuore provandone felicità; benché lei non abbia intenzione di acconsentire all’atto materiale, ciò nondimeno acconsente all’adesione spirituale del suo intimo, al godimento di avere suscitato qualcosa; perciò è sempre disonesto aderire col cuore o con il corpo a un proposito contro l’onestà.

Quando dunque saremo tentati a qualche peccato, pensiamo se abbiamo dato volontariamente motivo alla tentazione, in tal caso la tentazione è già peccato, per il pericolo nel quale ci siamo gettati. Questo va detto per quando potevamo facilmente evitare l’occasione e l’avevamo prevista, o almeno avremmo dovuto prevederla.

Ma se non abbiamo offerto alcun appiglio alla tentazione, in nessun modo può esserci imputato il peccato. Invece quando il piacere che segue la tentazione, poteva essere evitato, e non si è fatto, in qualche modo il peccato è sempre presente secondo che vi siamo soffermati poco o molto, e secondo il motivo che ha dato origine al piacere che vi abbiamo provato. La sposa anche se non ha dato occasione al corteggiamento e tuttavia prende piacere in esso, è ugualmente da biasimare se il piacere che ne trae consiste proprio nell’essere corteggiata.

Facciamo un altro esempio. Ad un concerto scopre che il suo corteggiatore suona divinamente uno strumento musicale e lei ne gode, non perché le fa la corte, ma per l’arte e la dolcezza del suo strumento, non c’è peccato; sarebbe però molto saggio per lei non rimanere troppo a lungo su quel piacere, per timore di passare dal piacere della musica a quello del suonatore.

Così pure, se qualcuno ci proponesse qualche stratagemma pieno di inventiva e di astuzia, per vendicarci di un avversario che ci ha provocato danno, e noi non godiamo e non acconsentiamo alla vendetta proposta, ma ci compiacciamo nell’originalità della trovata, non commettiamo peccato, anche se è opportuno che non ci perdiamo troppo tempo a trovarla una bella invenzione; è meglio farci una risata e rifiutare all’istante poiché potremmo anche finire col provare un certo piacere nel pensare alla vendetta in sé o addirittura attuarla.

Qualche volta si può rimanere sorpresi da qualche sensazione piacevole che segue immediatamente la tentazione, prima ancora che ce ne siamo accorti; per lo più si tratta soltanto di un leggerissimo peccato veniale, che però potrebbe diventare più grave se, dopo che abbiamo preso coscienza del pericolo, per negligenza ci fermiamo un poco a contrattare col piacere, per sapere se dobbiamo accettarlo o se dobbiamo respingerlo.

Tuttavia, quando volontariamente e deliberatamente abbiamo deciso di godere di tale piacere, anche soltanto questo proposito è già di per sé grave peccato, se l’oggetto del nostro piacere è chiaramente cattivo.

Appena avvertiamo in noi qualche tentazione grave, comportiamoci come i bambini quando scorgono un grosso cane che abbaia forte; si precipitano immediatamente fra le braccia confortevoli della mamma o del papà, ma se per un fortuito caso non possono, iniziano a strillare chiamandoli in aiuto.

Allo stesso modo, similmente, ricorriamo a Dio, nostro Padre, chiedendogli la sua misericordia e il suo soccorso; è il rimedio che ci ha insegnato Gesù:”Pregate per non cadere in tentazione”.

Tuttavia se la tentazione persiste e si accresce, abbracciamo la santa Croce col nostro spirito, proprio come se vedessimo realmente davanti a noi Gesù crocifisso; protestiamo che non cederemo alla tentazione e chiediamogli aiuto contro la stessa; finché la tentazione rimarrà, insistiamo nel proposito ferreo che non cederemo.