La rivelazione veterotestamentaria: Monarchia

MONARCHIA

La storia ulteriore, dopo l’insediamento in Canaan, è determinata dal modo oscillante con cui le fondamenta di questo popolo, nel suo rapporto privilegiato con Dio, hanno preso forma nella storia. Le tentazioni che accompagnarono Israele durante tutto il corso della sua storia, anche se qui restringiamo la nostra indagine al periodo della monarchia, furono sostanzialmente due: da una parte, l’assimilazione, l’adattamento, la dispersione in mezzo agli altri popoli, cioè la non-separazione; dall’altra, in senso contrario, l’insistenza sulla separazione, sull’isolamento, sulla chiusura in se stessi.
Da una parte la perdita di specificità: e ciò rendeva irrilevante la loro fede; dall’altra la mentalità del privilegio: e ciò si risolveva ancora ai danni della loro fede. La prima tentazione è stata prevalente al tempo della monarchia; la seconda caratterizzerà il giudaismo degli ultimi secoli dell’A.T.

In Canaan il popolo è rimasto fortemente vittima della tentazione di essere come gli altri popoli, sia nella conduzione politica, sia nel dominio propriamente religioso (pur non essendo i due aspetti da concepirsi separatamente). Israele è diventato un popolo come gli altri, ha voltato le spalle a Javhé, ha abbandonato il suo Dio e ha dimenticato la sua alleanza: questo è il giudizio della Bibbia su circa 500 anni di storia, dalla conquista del Canaan fino al tempo della schiavitù dell’esilio.

Il primo adattamento avviene in campo religioso: “Essi abbandonarono Javhé e servirono i Baalim e le Ashtarot” (Giud.2,10.13) Gli Ebrei subirono il fascino della cultura religiosa Cananea, correndo il pericolo di deviare dalla fedeltà al proprio Dio, di inoltrarsi in una strada mediante la quale Baal poteva insinuarsi nel loro cuore. Anche l’istituzione del Tempio, all’epoca del re David, nascondeva questo pericolo: di trasformare in una divinità fissata ad una sede, alloggiata alla stessa maniera degli déi, Colui che non è fissabile in nessun luogo, perché Signore del cielo e della terra.

La seconda assimilazione avviene in campo politico. In un primo tempo la regalità di Javhé sul suo popolo viene esercitata in modo immediato e diretto (tempo dei Giudici, suscitati da Dio nei tempi più difficili): è il tempo dei carismi teocratici (doni di Dio nel popolo). Con Samuele prende avvio una tendenza sempre più marcata verso un’istituzione stabile, verso una rappresentanza visibile del popolo. Questa tendenza impone a Samuele, l’ultimo dei giudici, la decisione: “Ci sia un re al di sopra di noi, e noi saremo come gli altri popoli; il nostro re ci giudicherà, egli uscirà alla testa di noi per combattere le nostre battaglie” (1 Sam.8,19ss).

Al posto del carisma, potere che sfugge alla presa di controllo degli uomini, subentra con Saul e David il casato, la successione ereditaria, principio valido per l’Egitto e per gli altri paesi vicini ad Israele. Questa nuova forma in ogni caso non ha avuto fortuna, perché il tentativo di conservare la propria specificità non poteva coesistere con il gioco di Israele di assimilarsi alla logica della potenza mondana. E il tentativo naufragò visibilmente dopo la morte di David, mediante la divisione del regno, nel declino successivo dei due regni, nell’esilio del popolo in terra babilonese.

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