La Parrocchia: Luogo di pregniera

“La mia casa sarà chiamata casa della preghiera,
voi altri invece ce ne fate una spelonca di briganti” (Mt.21,13).

Parlare di chiesa e oratorio potrebbe significare parecchie cose. Per qualcuno potrebbe voler dire ricerca di originalità, per altri forse, luogo in cui si portano tutti i sentimenti e tutte le idee di chi compone l’assemblea, in modo disordinato e caotico, così da acconsentire a ciascuno di esprimere se stessi, magari in contraddizione con gli altri come appare nella descrizione che ne traccia Gesù dei due saliti al Tempio a pregare.

Nel contesto di questa riflessione, voglio sottolineare che è Dio l’autore, l’iniziatore di ciò che avviene nella comunità, mediante Cristo Redentore e mediante lo Spirito Santo quando qualcuno si riunisce nel suo nome. Vale a dire che nella chiesa e nell’oratorio nasce il cristiano dall’alto, non dal basso, per opera o per intervento umano, ma nel battesimo di Gesù e nella infusione della grazia dello Spirito; perciò “Santo” sarà chiamato colui che viene generato, tempio vivo dello Spirito Santo, templi della Trinità, templi di Dio, pietre vive, gente santa, regale sacerdozio, piccolo gregge, cui Dio Padre si è degnato di dare il Regno e di rivelare i misteri nascosti da secoli.

“Allora egli ci fece salvi, non per merito di opere giuste fatte da noi, ma in virtù della sua misericordia” (Tit.3,5). “Il vento soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai donde viene e dove và. Così è di chiunque è nato dallo Spirito” (Gv.3,8).

Ed ecco che nei due luoghi, ovvero la chiesa e l’oratorio, il cristiano nasce “per opera” dello Spirito Santo e per la grazia del Signore. La sua vocazione spirituale, unica e irrepetibile, è della Trinità elevata alla sopranatura in modo permanente e con segno indelebile per cui è riconosciuto figlio adottivo del Padre, fratello di Cristo e coerede della gloria della Trinità. Luogo di preghiera, che vuol dire luogo di riscoperta dell’amicizia di Dio elevante. In questi due luoghi la comunità proclama la totale dipendenza da Dio adorandolo come Creatore, Redentore e Santificatore del cosmo visibile e della storia umana.

La preghiera assume il segno di elevazione a Dio e alla sua signoria di paternità buona e misericordiosa verso i figli, è una ricerca di condividere insieme il proprio tempo nel santificare la realtà propria e sociale secondo la volontà di Dio.

“Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra” (Mt.6,10), è riprendere consapevolezza della riconciliazione soprannaturale con Lui mediante Cristo dopo il peccato e un rinnovare tale unione per ogni istante della vita così che vivere sia un “fare la volontà del Padre”, secondo lo Spirito di Cristo.

“Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato a compiere l’opera sua” (Gv.4,34), è un ringraziare l’Amore di Dio che ha elevato la piccolezza della creatura a luogo del suo amore, a tabernacolo della sua azione fra gli uomini di oggi, a messaggio dell’amore, a voce dello Spirito Santo, a testimonianza dell’amicizia di Dio aperta a chiunque abbia la volontà di fargli posto sulla strada della vita, come hanno fatto i discepoli di Emmaus.

Con la preghiera la chiesa e l’oratorio stabiliscono il contatto con Dio, ricevono e comunicano il dialogo della corrispondenza fra l’anima e la grazia, perché nulla possa avvenire senza che vi sia l’intervento di Dio e il concorso libero ed amorevole dell’uomo.

La grazia della preghiera è l’anima di questi due luoghi, è il fondamento delle opere e del servizio al Vangelo, mediante il Vangelo da cui attingono le energie morali e soprannaturali per predisporsi nel mondo, attraverso la propria vocazione, al piano di Dio: “Signore, cosa vuoi che io faccia?” (San Francesco).

E’ un fare la radiografia del proprio essere e del proprio agire, un applicare la terapia affinché ciò che non è Lui, o di Lui, passi a Lui, diventi Lui, agisca e operi secondo la sua volontà.

Allora la comunità che prega è dinamica, in stato di incessante conversione al messaggio evangelico, è un dilatare nella provvidenza e nella previdenza le problematiche esistenziali, senza tuttavia, perdere la speranza e la certezza di fede che nulla e niente accade che non porti a Dio e alla scoperta del suo amore e della sua volontà. La comunità che prega scopre la consapevolezza della propria miseria e debolezza; perciò ricorre a considerare il bisogno della comunione con Lui per levare e sublimare le pochezze umane.

L’accoglienza libera a tutti (buoni e cattivi, facendo sempre riferimento all’insegnamento di Gesù porta a radunarsi in nome di Dio e ci fortifica per far fronte alle suadenti proposte dello spirito del mondo la cui funzione è quella di paralizzare con la propria efficienza atea ogni invocazione a Dio come partner dell’anima nel difficile sforzo di dominare il male e di fare il bene che veramente vogliamo compiere.

La preghiera rende possibile la scoperta della propria statura morale, la grandezza di Dio e il destino a cui Egli ci ha destinati in Cristo. Dal sacrificio della Santa Messa alla recita delle Ore, alla catechesi, alla lectio divina, ai momenti di svago,m la chiesa e l’oratorio si muovono sulla linea di Cristo prefissata per chiunque voglia farsi figlio di Dio: “Senza di me non potete far nulla” (Gv.15,5).

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