Quaresima: Esodo

Sezione”C”

Fin dai tempi antichissimi la fede di Israele si appoggia su due fatti fondamentali strettamente uniti e oggetto di professione di fede: l’uscita dall’Egitto e la consegna della Legge sul Sinai: lo stesso Dio ha compiuto queste due imprese per lo stesso popolo.

L’intera sezione si può così esaminare:

19,1-5 esposizione di quanto accade sul Sinai
20,1-23,9 il Signore recita la Legge e il codice d’Alleanza
23,20-33 benedizioni
24,1-18 cerimonia dell’Alleanza.

Come si vede,anche in questo caso il racconto è orientato in senso cultuale e termina con una liturgia di comunione. Tuttavia ci fermiamo a guardare la struttura generale di questo racconto.
Dopo una rievocazione breve di quanto è accaduto,viene stabilito un patto con delle clausole (=la Legge) tra Dio sovrano e potente,e il popolo vassallo.
Notiamo bene che le parti contraenti di questo patto non sono alla pari e il patto non implica dei reciproci impegni, come mostrano le formule introduttive (20,23); il Signore si presenta come “IO SONO” sia quando libera dall’Egitto che nel dare la Legge.
La Legge è quindi in grande frutto della grazia divina;non esiste né in contrasto né a lato di essa,ma in continuità:frutto gratuito della benevolenza divina,come la liberazione dalla schiavitù.

Sezione “D”e”F”

Queste seziono mostrano più al vivo il lavoro attraverso il quale l’AT come libro scritto si è formato. In queste descrizioni del Santuario infatti sono contenuti materiali ed elementi molto antichi. Essi sono però riuniti tra loro e mescolati ad altri più recenti e soprattutto secondo criteri che il popolo seminomade del tempo di Mosè non poteva né avere né conoscere.

Questo santuario infatti è, nel suo complesso, modellato sullo schema delle strutture e della vita del Tempio di Gerusalemme; soprattutto è costruito secondo una mentalità sacerdotale molto evoluta,così come il popolo lo conobbe solo parecchi secoli dopo,nel periodo post-esilico. In particolare si vede che la descrizione stessa è stata composta da persone dell’ambiente sacerdotale, preoccupata di mostrare che la vita liturgica di Israele ha il suo fondamento nella tradizione che fa capo a Mosè, e segue un preciso progetto divino.

Notiamo solo un particolare, che cioè il Signore si comporta,secondo questa tradizione,da nomade coi nomadi,e chiama il suo santuario con un antico termine ebraico che significa “tenda” e che è miskàn. Questo modo di vedere avrà un grande sviluppo,tanto che molti secoli più tardi si parlerà di sekinà (=tenda) di Dio, per indicare la sua presenza, evitando di pronunciare il Nome divino. Tale idea della presenza/tenda arriva fino al NT,quando il Verbo mette la sua tenda tra gli uomini (Gv.1,14).

Sezione “E”

La presenza di questo episodio nel contesto generale della narrazione fa un po’ pensare gli studiosi, che non vedono ben chiaro quale ne sia la funzione. Certo contiene degli elementi molto degni di nota e semmai sottolinea in maniera decisa che la Legge è, per il popolo, un fatto di grazia proprio nella misura in cui il patto viene tradito e ricostituito,le tavole infrante e riscritte.
In questo caso l’elemento grazia nel patto tra Dio e il popolo viene in primo piano e trova la sua ratifica nella Legge.

Due parole sul termine con cui si designa il patto. L’ebraico ha il termine berìt la cui origine e il cui senso preciso per noi sono oscuri. I testi fanno vedere che non si tratta di un’alleanza in condizioni di parità, ma in cui c’è un potente condiscendente verso un debole.
La scrittura usa la parola berìt assieme al verbo tagliare. Il senso ultimo è quindi quello del giuramento rituale che si trova in Gen.16 e Ger.34,18-21. E’ significativo che anche in Es.34,10.27 è sempre il Signore che taglia il berìt, cioè prende l’impegno mediante la Legge impegnando il popolo.
L’iniziativa comunque è tutta sua ed Egli si impegna con giuramento. D’altra parte il popolo è coinvolto dalla grazia in maniera esplicita attraverso la Legge che fa da tramite tra l’uomo e Dio.

Indice Quaresima:

Letture per la Pasqua – indice