Apocalisse: I Sette Sigilli

Capitolo 5, 1-11 – I sette sigilli

Dopo la grandiosa visione del trono di Dio (4,1-11), ecco la visione “…un Agnello immolato”. La frase deve essere compresa come una presentazione sintetica del mistero pasquale: Cristo è il vincitore della morte (l’agnello ritto in mezzo) col suo sacrificio (immolato). Aveva sette corna che significano la pienezza della forza e con sette occhi che si identificano con i sette spiriti di Dio e significano la divina onnipotenza. Di Dio abbiamo celebrato la creazione (4,11), dell’Agnello celebriamo la redenzione (5,9). I quattro viventi e i ventiquattro anziani si prostrano davanti a Lui come a Dio (5,8). La corte celeste ripete per Lui l’inno di gloria già cantato in onore di Dio. E nel cantico liturgico finale, che conclude e unisce le due visioni, Dio e l’Agnello sono accomunati.

L’immagine di Cristo come agnello è una delle più frequenti nell’Apocalisse. Essa si riferisce alla profezia messianica di Is. 53,7 e molto probabilmente anche della figura dell’agnello pasquale (Es. 12,3-6).

“…sigillato con sette sigilli”. L’immagine del libro da luogo a diverse interpretazioni (Ez. 2,9-10): Forse si tratta del libro contenente il disegno di Dio, rappresentato sotto forma di un testamento sigillato. Cristo ne sarebbe il solo esecutore, poiché non spetta che a lui aprirne i sigilli.

Ma il movimento della visione è, infatti, un altro: la presentazione di un libro chiuso con sette sigilli, la costatazione che nessuno è in grado di aprirlo e leggerlo, il pianto del profeta, l’affermazione che solo il Cristo morto e risorto è in grado di aprire il libro e leggerlo. Il segreto della nostra pagina (ma anche, in un certo senso, il segreto dell’intera Apocalisse) è tutto racchiuso in questa semplice successione di gesti. Nessuno è in grado di aprire il libro, in altre parole di cogliere la storia della salvezza nella confusione delle vicende umane. Di qui l’angoscia e lo smarrimento. Ma ora non è più così: la morte e risurrezione di Cristo ha rotto i sigilli e il libro si è aperto.

Capitolo 6- 7- 8 I sette sigilli.

A questo punto Giovanni comincia a vedere le cose che dovranno accadere. Il libro contiene il destino del mondo, rivelato a Giovanni in una serie di immagini (6,1-8,1). Solo Cristo ha il diritto di metterlo in moto, non in virtù della sua potenza (il leone), bensì in virtù della sua morte sacrificale (l’Agnello immolato). Il capitolo precedente (4) parlava di Dio creatore, questo parla di Dio redentore. In ambedue i casi la risposta consiste in una lode e in un culto universali (4,8-11; 5,8-14).

La visione dei quattro cavalieri (Zc.1,8; 6,1-8).

Il cavallo bianco e il suo arciere simboleggiano un flagello, o con un riferimento concreto alle invasioni dei Parti del I° secolo, ai confini orientali dell’impero: cavalieri terribili e inafferrabili, che imperversarono per tutto il primo secolo.

Il cavallo rosso sembra invece essere il simbolo della distruzione della guerra civile.

Il cavallo nero, com’è indicato dalla bilancia che il suo cavaliere tiene nella mano, rappresenta la carestia. Infatti, una gran carestia colpì l’Asia Minore nel 92-93 d.C. così i prezzi dei generi di prima necessità (frumento e orzo) salirono alle stelle, ma non invece – annota l’Apocalisse – il vino e l’olio.

Il cavallo verdastro è il simbolo della morte: colpisce la quarta parte dell’umanità con la guerra, la fame, la peste e le fiere.

Notiamo che la rottura dei sigilli scatena una serie di disastri. Alla conquista (2) seguono massacri, carestia ed epidemie (4-8), i classici castighi di Dio tanto sovente predetti dai profeti (Geremia 14,12; Ezechiele 14,21; Zaccaria 1,8) Ma nonostante tutto ciò che avverrà, Dio rimane sovrano e non cessa di amare e a prendersi cura del suo popolo (9,11). I primi quattro sigilli sono tutti portatori di avvenimenti di sciagura, e descrivono i cataclismi annunciatori del giorno del giudizio divino, prospettando in un linguaggio apocalittico la disintegrazione del mondo stabile che conosciamo (Mt. 24,29).

All’apertura del quinto sigillo la serie delle sciagure si interrompe: si apre una visione celeste ( i martiri che attendono il giudizio di Dio) il cui scopo principale è di svelare il senso e la conclusione degli avvenimenti. Il sesto sigillo riprende il motivo delle sciagure, ma, a differenza dei primi quattro sigilli, il suo svolgimento è lento e si sviluppa in due quadri antitetici: il giudizio di Dio e il raduno degli eletti.

“…le anime di coloro che furono immolati…” costoro sono i martiri cristiani, essi sono sotto l’altare, cioè nel recinto sacro, vicinissimi a Dio. La loro morte dunque è ugualmente assimilata ad un’immolazione, ad immagine di Cristo. Essi chiedono, “fino a quando Signore?”, per i perseguitati sulla terra, la comunità cristiana che non sempre comprende il ritardo nel fare giustizia, la pazienza di Dio che alle volte sembra noncuranza. La risposta è semplice: il tempo non è più tanto lungo ( “ancora un poco”) e, in ogni caso, il suo prolungarsi è dovuto alla bontà di Dio che intende completare il numero degli eletti. Per certi versi viene in mente la parabola evangelica dell’albero sterile (Lc.13,6-9): il contadino prega il padrone di pazientare ancora un anno prima di sradicarlo. Ma l’Apocalisse pare voglia affermare che la storia debba avere il suo tempo: il tempo perché appaia tutto il male di cui è capace, ma anche il tempo in cui possa apparire tutto il coraggio e la forza di martirio, di ostinazione e di dedizione di cui pure è capace: in altre parole, deve completarsi il numero dei martiri.

Con l’apertura del sesto sigillo la visione assume una dimensione cosmica: il sole e la luna, le stelle e il cielo, i monti e le isole sono coinvolti nella catastrofe. I sconvolgimenti cosmici non sono, ovviamente, da prendere in senso letterale. Li consideriamo come delle “sigle convenzionali” comuni al genere profetico apocalittico. Costituiscono la coreografia che accompagna normalmente, la venuta del giorno del Signore. Ad ogni modo, per quanto riguarda il sesto sigillo, è chiaro che lo sconvolgimento del cosmo non è il tema della narrazione, ma la sua cornice: ha lo scopo di rendere drammatico e pauroso, ineluttabile il giudizio che sta per abbattersi sul mondo.

Tutti gli esseri umani senza eccezione sono soggetti al giudizio di Dio: nessun riguardo né ai confini delle nazioni, né alla classe né alla posizione sociale. La tracotanza, la superbia degli uomini non ha confini nazionali né barrire di classe. E tutti gli orgogliosi, grandi e piccoli, che credono di fare a meno di Dio e di opporsi al suo progetto, sono ora invasi dalla paura: “Chi potrà resistere?”. Allora è finita? L’Apocalisse ci svela il suo segreto più volte enunciato? No. Tutto è come sospeso e la conclusione è differita.

Un angelo dà infatti ordine di “non recar danno né alla terra, né al mare, né agli alberi: prima devono essere segnati in fronte i servi del Signore”. Così sarà visibile la loro appartenenza al Signore e l’angelo sterminatore li potrà distinguere e risparmiare. La folla degli eletti è incalcolabile. In un primo momento pare che gli eletti provengano unicamente dalle tribù di Israele, ma poi si precisa che la folla dei salvati proviene da ogni nazione, tribù, popolo e lingua. La visione dei salvati, che canta l’inno di lode e di ringraziamento attorno al trono di Dio, è talmente importante che il profeta sente il bisogno di spiegarci chi essi sono in realtà. I salvati sono coloro che “provengono dalla grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti nel sangue dell’Agnello”. La grande tribolazione si riferisce, oltre alle persecuzioni, a tutto ciò che precederà il giudizio finale.

La descrizione del premio degli eletti è fatta in termini tradizionali: la comunione con Dio (che ”porrà la sua tenda in mezzo a loro”) e la cessazione di ogni afflizione (“non avranno più né fame né sete…e Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi”); il pastore Messia li guiderà e li proteggerà (“li condurrà alle sorgenti di acqua viva”).

A un quadro fosco si contrappone – anticipando i tempi – un quadro sereno. Il contrasto che si crea non è solo una finzione letteraria che ha lo scopo di imprimere alla narrazione una nota di drammaticità. E’ una vera e propria visione della realtà. Il bianco e il nero sono0 le due facce della storia (il bene e il male, i buoni e i cattivi) e del giudizio divino (condanna e salvezza). Gli eventi della stoia sono la risposta dell’uomo alla proposta di Dio (accettazione o rifiuto) e sono, nel contempo, la risposta di Dio all’uomo (giudizio). L’Apocalisse parla di catastrofi, guerre, crolli di istituzioni, di ideologie e di idolatrie. Tutto questo è un “giudizio” nel senso di punizione: gli uomini – rifiutando il progetto di Dio – hanno immesso nella storia germi disgregatori

E ne raccolgono i frutti. Ma è anche un giudizio nel senso di salvezza: il crollo delle idolatrie permette al disegno di Dio di proseguire. Dio spezza il tentativo degli uomini di sbarrare la strada al suo futuro; rimuove l’ostacolo che impedisce al mondo nuovo di affiorare. In questo modo il giudizio è punizione e salvezza, è un distruggere e un ricominciare da capo.

”Quando fu aperto il settimo sigillo, si fece silenzio in cielo per circa mezz’ora”. La rottura dell’ultimo sigillo è seguita da un silenzio solenne: è arrivato il tempo finale.

Conclusione dei capitoli 4-5-6-7-8,1

L’apocalittica non si accontenta di leggere i singoli fatti, di confrontarli e collegarli fra loro. E’ convinta che per raggiungere la storia “vera” occorre porsi, in un certo senso, fuori di essa. Occorre una rivelazione. Per capite la storia devi guardarla dall’alto: il vero storico è il profeta.

Ma in che cosa consiste il mistero che la storia racchiude nel proprio seno e che soltanto chi è illuminato da Dio sa riconoscere? E’ in questo contesto che appare l’originalità cristiana dell’Apocalisse di Giovanni nei confronti di tutta l’apocalittica giudaica, ed è qui che la visione del libro sigillo e dell’Agnello appare essere la chiave di volta dell’intera costruzione. La visione afferma che Gesù è al centro della storia. La rivelazione che occorre per leggere la storia e prevederne il corso è la vicenda storica che egli ha vissuto. E’ osservando la sua vicenda di morte e risurrezione che possiamo comprendere come vanno le cose in profondità. Non occorre dunque una rivelazione nuova, ma una memoria. Se ricordiamo la vicenda di Cristo, comprendiamo che il disegno di Dio è sempre combattuto; che addirittura c’è un tempo in cui le forze del male sembrano prevalere (la Croce), ma comprendiamo anche che l’ultima parola è la risurrezione. La via dell’amore, della non violenza coraggiosa e del martirio, è crocifissa ma non vinta. Ecco la grande consolazione!

Come dicevamo all’inizio di questo meraviglioso viaggio, l’Apocalisse è un libro complesso, affascinante e per molti versi oscuro. Ma noi tutti ci siamo già accorti che complessità, fascino e oscurità non impediscono di cogliere il suo tema centrale, e cioè la ripetuta affermazione della presenza del regno di Dio nelle vicende umane. Senza dimenticare che il criterio di valutazione è Gesù Cristo e della via che Lui ha percorso.

Apocalisse – Indice