Apocalisse: La Caduta di Babilonia

Capitolo 18

La caduta di Babilonia non è raccontata in se stessa, ma attraverso la reazione e i commenti dei diversi spettatori. Non una narrazione della caduta di Babilonia, ma un coro di commenti e di valutazioni. Intervengono personaggi diversi, celesti e terrestri, e le loro reazioni sono, ovviamente, differenti. Il primo personaggio è un angelo e annuncia la caduta della città: pone il tema, o il fatto, attorno a cui si sviluppano le reazioni. Il secondo personaggio è ancora un angelo e lancia un avvertimento al popolo di Dio: occorre uscire dalla città con la quale il credente non ha più nulla da spartire. A questo punto intervengono i re della terra, i mercanti e i naviganti, tutti personaggi che hanno legato la loro fortuna alla città idolatra: le loro voci esprimono stupore, paura e lamento. Infine di nuovo un angelo che con gesto simbolico sigilla per sempre il destino della città. Dunque, fra due angeli che annunciano il fatto (la caduta della città) e lo confermano, una serie di valutazioni e di esortazioni, che hanno lo scopo di indicare alla comunità credente come leggere la situazione storica e come regolar visi di conseguenza.

L’intero capitolo non è altro che un’antologia di canti con cui i profeti hanno accompagnato la caduta di Ninive (Na.3,4), di Tiro (Is. 2w3; Ez. 26-28), Edom (Is.34, 8-14), della stessa Gerusalemme (Ger. 7, 34; 16,9) e soprattutto di Babilonia (Is. 13, 20-22; 21, 9; 47-48; Ger. 25, 27; 50-51). Una simile antologia non richiede molti commenti. E’ una condanna puntuale dell’idolatria – intesa non solo come rifiuto di Dio ma anche come esaltazione arrogante del benessere, del consumismo e della potenza – in tutte quelle manifestazioni storiche che via via ha assunto da Ninive a Gerusalemme, da Babilonia a Roma. Il fatto poi che i giudizi dei profeti si siano puntualmente realizzati, ci conferma che anche la parola profetica dell’Apocalisse si compirà.

Infatti, a commentare la caduta di Babilonia intervengono il cielo e la terra, i credenti e i non credenti. Come sempre, siamo di fronte a due letture dello stesso fatto: la valutazione del credente e del non credente, di chi valuta alla luce della parola di Dio e di chi invece valuta chiuso nei propri criteri mondani. Per i secondi la caduta di Babilonia è una catastrofe, e motivo di paura e sgomento. Per i primi, al contrario, è liberazione. Una voce impr4ovvisa invita i santi, gli apostoli e i profeti a cantare un inno di gloria: “Condannandola, Dio vi ha reso giustizia”. Il crollo di Babilonia è giustizia, la prova che la menzogna, l’idolatria e la violenza non concludono.

E di qui un avvertimento: uscire dalla città idolatra, non lasciarsi affascinare dai suoi apparenti successi.

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