Apocalisse: La Gioia dei Redenti

Capitolo 14 – La gioia dei redenti; la mietitura

Il capitolo contrasta in maniera drammatica con i precedenti 12 e 13. Nel mondo il popolo di Dio può essere implacabilmente osteggiato, nel regno di Dio la situazione è capovolta. Il mondo è nemico di Dio, Dio è nemico del mondo. Lui offre all’uomo un vangelo eterno, mentre la più grande potenza del mondo è temporanea. Alla fine subentrerà la giustizia assoluta: tutto il bene sarà mietuto con amore, tutto il male radicalmente distrutto.

La visione dei 144mila va letta insieme alla precedente visione di 7,1-8. Pare una ripetizione, ma qui ci sono delle indicazioni più precise. I 144mila vittoriosi sono definiti “vergini”: “Non si sono contaminati con donne: sono vergini” (14,4). La verginità va intesa, come altrove nella Bibbia ( per es. Os.2,14-21; Ger. 2,2-6), in senso metaforico: vergine è colui che rifiuta di prostituirsi all’idolatria. Non, dunque, un gruppo di celibi e di asceti, ma il popolo di Dio che si è sottratto al fascino dell’idolatria delle due bestie e del dragone. Difatti portano il nome dell’Agnello e non della bestia: loro Signore è il Cristo, non l’imperatore pagano. “Seguono l’Agnello dovunque vada”: vivono cioè la “sequela”. E nella loro bocca non c’è menzogna: che non si tratta semplicemente assenza di bugie. Menzognero è chi imposta la vita su pseudo valori, sincero è colui che imposta l’esistenza sui valori veri, evangelici. Quindi le caratteristiche che definiscono i vittoriosi sono le caratteristiche evangeliche del discepolo: nulla di più e nulla di meno. I 144mila sono, infine, definiti come “primizie”: “Sono stati riscattati tra gli uomini quali primizia per Dio e per l’Agnello” (14,4).

I 144mila sono dunque un numero “limitato” che fa presagire una moltitudine molto più vasta.

Gli inni liturgici svolgono diverse funzioni: sono la risposta di fede e di ringraziamento nei confronti dell’azione salvifica di Dio, della sua vittoria su satana; sono professione di fede in Dio e in Cristo (e quindi un rifiuto dell’idolatria); sono anticipazioni del risultato finale della storia.

Nei versetti non è indicato il contenuto del canto: sarà trascritto soltanto alla fine del libro (19,1-10). La visione è soltanto un’anticipazione del compimento futuro e come tale va letta. Si tratta di un canto “nuovo”. Si tratta della novità del mondo di Dio: un mondo che in pienezza è già nel futuro, ma che è già anticipato. E’ la novità escatologica, che al mondo “sfugge” e che solo i discepoli scorgono, che è promessa ai vittoriosi e che è rifiutata agli idolatri (“cantavano un canto nuovo, nessuno poteva impararlo se non i 144mila”).

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