Vangelo di Matteo – Cap 5,21-48


Non uccidere – 5,21-26

*Sapete che ai vostri antenati è stato detto: Non uccidere! Se uno uccide, sarà condannato.

*Ma io vi dico: chiunque vada in collera con il fratello, sarà condannato. Se uno chiama idiota il fratello, sarà condannato dal tribunale supremo. Se uno lo chiama stupido, sarà condannato al fuoco dell’inferno.

*Se stai portando la tua offerta all’altare, e lì ti ricordi che il fratello ha qualcosa contro di te, *lascia l’offerta lì sull’altare e corri prima a riconciliarti con il tuo fratello; poi torna a presentare la tua offerta.

*Trova al più presto l’accordo col tuo contendente, mentre ancora vai con lui in tribunale. Altrimenti egli ti consegnerà al giudice, il giudice alla polizia, e tu finirai in prigione.

*Te l’assicuro, non ne uscirai se non dopo aver pagato il tuo debito fino all’ultima lira.

Non commettere adulterio – 5,27-30

*Sapete che è stato detto: Non commettere adulterio. *Ma io vi dico: chiunque metta gli occhi sulla moglie di un altro con sguardo cupido, nel suo cuore ha con lei già commesso adulterio. *Se il tuo occhio destro ti fa cadere in peccato, strappalo e gettalo via: meglio per te perdere una delle tue membra che essere tu stesso gettato all’inferno. *E se la tua mano destra ti fa cadere in peccato, mozzala e gettala via: meglio per te perdere una delle tue membra che andare tu stesso all’inferno.

Divorzio – 5,31-32

*E’ stato detto anche: Se uno vuol ripudiare sua moglie, le deve dare un certificato di divorzio. *Ma io vi dico: chiunque voglia divorziare da sua moglie, la rende adultera (nel matrimonio che essa contrarrà di nuovo), tranne che sia stata infedele. E se uno sposa una divorziata, commette adulterio.

Giuramento – 5,33-37

*Sapete ancora che è stato detto ai vostri antenati: Non giurare il falso e adempi ciò che con giuramento hai promesso al Signore. *Ma io vi dico: Non giurare affatto: né per il cielo, che è il trono di Dio; *né per la terra, che è lo sgabello dei suoi piedi; né per Gerusalemme, che è la città del Grande Re; *non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. *Quando parlate dite: sì sì, no no; ogni altra parola viene dal maligno.

Amore al prossimo – 5,38-48

*Sapete che è stato detto: Occhio per occhio, dente per dente. *Ma io vi dico: non vendicatevi di chi vi fa del male. Uno ti schiaffeggia sulla guancia destra: porgigli anche l’altra. *Uno vuole farti processo per prenderti la camicia: lasciagli anche la giacca.*Uno ti costringe a fare un chilometro con lui: vacci insieme per due chilometri. *Uno ti chiede qualcosa: dagliela. Uno vuole da te un prestito: non rifiutarglielo. *Sapete che è stato detto: Ama il tuo prossimo, odia il tuo nemico. *Ma io vi dico: amate i vostri nemici, pregate per i vostri persecutori. *Sarete così veramente figli del vostro Padre celeste, che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere su quanti fanno e su quanti non fanno la sua volontà. *Se amate soltanto quelli che vi amano che ricompensa potete aspettarvi da Dio? Non fanno lo stesso anche quelli che non hanno coscienza? *Se salutate soltanto vostri fratelli, che cosa fate di non comune? Non fanno lo stesso anche quelli che non conoscono Dio? *Voi dunque siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste.

Mosè - Thomas BrigstockeLa seconda parte dei detti di Gesù, relativi al capitolo 5, mette in contrasto l’ideale di giustizia degli Scribi e dei Farisei, basato su un’interpretazione letterale delle Scritture, e l’insegnamento più radicale ed esigente di Gesù. Il contrasto è illustrato tramite alcune antitesi, in cui le parole dell’A.T. (“Avete inteso”) sono collocate accanto alle parole di Gesù (“Ma io vi dico”). Le antitesi illustrano come Gesù sia venuto per “adempiere” la legge e i profeti, spiegando il significato dei comandamenti dell’A.T. ad un livello più profondo.

Gesù mette di fronte non a molteplici cose da fare, né a diversi atteggiamenti da assumere. Egli sintetizza tutta la legge in un unico orientamento d’esistenza: Voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. In questo consiste l’interpretazione della legge e la nuova obbedienza che deve distinguere i discepoli dai farisei e dai maestri giudaici: imitare il Padre nella sua perfezione, in pratica costruire sul suo esempio un’esistenza integra nell’amore concreto e disinteressato agli altri; realizzare una vita da figli di Dio, riproducendo in terra quella bontà, per questo egli “fa sorgere il suo sole su cattivi e su buoni e fa piovere su quanti fanno e su quanti non fanno la sua volontà”.

Bisogna meditare e pregare i vari versetti per comprendere che non ci viene proposto un ideale virtuoso, né avanzata un’etica, sia pure elevata. Gesù non si muove in conformità a concetti universali del bene e del male, ma parte dalla prospettiva religiosa della volontà e della perfezione del Padre. Si colloca all’interno della rivelazione del vero volto di Dio e chiama gli esseri umani all’adesione di fede, di cui mostra le conseguenza operative. Non si può dunque prescindere dalla sua persona né dal significato della sua presenza di rivelatore unico e definitivo. Solo fidandoci di lui e affidandoci alla sua parola possiamo conoscere le esigenze di vita postulate dal regno che dal futuro ci viene incontro.

vv. 21-26. La prima antitesi riguarda il comandamento di non uccidere (Es.20,13; Dt. 5,17). I discepoli di Gesù non devono accontentarsi semplicemente di evitare l’atto dell’omicidio, ma devono anche dominare la collera e gli insulti che conducono ad un crimine, I tre tribunali, o luoghi di giudizio, menzionati al v. 22 (tribunale, sinedrio, fuoco della Geenna) sono di regola connessi al trattamento di casi di omicidio, ma qui essi fanno riferimento all’ira. L’accento è sul fatto che l’ira deve essere presa in seria considerazione, come lo stesso omicidio. Vengono forniti anche gli esempi come evitare la collera e riconciliarsi con gli latri, ai vv. 23-26. Il primo esempio, vv. 23-24, suggerisce che la riconciliazione può anche precedere la partecipazione al culto nel tempio, e il secondo esempio, vv. 25-26, ci avverte di non lasciar durare una disputa al punto di trascinarla in tribunale, dove il giudizio potrebbe volgersi contro noi stessi.

Per Gesù la giustizia è più ampia e profonda di quella che intendiamo noi: comprende tutto l’atteggiamento e comportamento spirituale e morale degli esseri umani, è soprattutto “fraternità” vissuta in filialità davanti a Dio. Solo in questo modo un essere umano è davvero “giusto” verso il fratello..Non basta non uccidere; adirarsi, odiare, insultare è gravemente condannabile. Ecco il compimento, è impossibile onorare Dio Padre se non siamo in armonia con i fratelli; vero culto di Dio è che si faccia il primo passo per la riconciliazione, anche se si è la parte offesa. Non può esserci vera giustizia senza acarità, perché l’amore è il primo debito; né vi è carità vera senza giustizia: l’una e l’altra per essere sincere non devono contentarsi di parole ma concretarsi in fatti.

vv.27-30. La seconda antitesi esige che venga evitata la concupiscenza come causa di adulterio (Es. 20,14; Dt. 5,18). Il riferimento allo sguardo concupiscente al v. 28 viene effettuato attraverso il detto sull’occhio sano (v.29) e la mano sana (v.30) come occasioni di peccato. La salvezza dell’intera persona ha più valore della conservazione di una qualunque delle sue parti che possono con durre al peccato.

Gesù fa appello alla coscienza che nessuna legge può sostituire e nessuna violare. L’adulterio va rifiutato fin dalla radice, nelle intenzioni segrete. Lo sguardo del credente deve essere sano. Per questo, bisogna saper fare i più gravi sacrifici. Mentre le legislazioni erano tolleranti per l’uomo e drastiche per la donna, Gesù li pone sullo stesso piano. Egli si pronuncia in modo netto ed egualitario contro il divorzio e dichiara adultera un’unione con altri dopo di esso.

Questa è il compimento di Gesù. L’unione dell’uomo e della donna è espressione di amore, viene da Dio, non deve essere passione egoistica, esclusiva ricerca di piacere.

L’amore è donazione reciproca, incontro di libertà che si uniscono. Un’attrazione fisica senza amore è alienazione, ma solo il sesso al sesso, è lesiva della dignità, tentativo di ridurre l’altro a una cosa, un possesso, un bene di consumo.

vv. 31-32. La terza antitesi riguarda il divorzio. Secondo Gesù, il divorzio non è permesso.

La versione matteana degli insegnamenti di Gesù sul divorzio include una specie di eccezione: “eccetto il caso di concubinato”. La parola greca tradotta con concubinato è “porneia”, e si riferisce a casi di irregolarità sessuale o adulterio. In At. 15,20-29, porneia riguarda i matrimoni contratti nei gradi della propria parentela, e proibiti da Lv. 18,6-18, quindi, in concreto, delle unione incestuose. Tali eccezionali disposizioni probabilmente intendevano rivolgersi ai membri della comunità di Matteo che avevano già contratto matrimoni irregolari prima di diventare cristiani.

vv. 33-37. La quarta antitesi riguarda i giuramenti e sembra superare la proibizione dell’A.T. contro lo spergiuro (Lv. 19,12; Dt. 23,21) fino ad abolirla completamente. In un tempo in cui i giuramenti e voti proliferavano nel giudaismo, Gesù raccomanda i suoi discepoli di essere semplicemente onesti e chiari nei loro discorsi. Nessun essere umano ha controllo e padronanza dei cieli, della terra o di Gerusalemme. Soltanto Dio. Noi non possiamo controllare completamente i nostri corpi. Perciò nessuno han il diritto di fare giuramento basato sulla testimonianza di tali elementi.

Sincerità, lealtà, schiettezza, verità: oggi il mondo ne è appassionato, e non a torto. Sotto sotto, però, quanto scempio di verità, che insincerità di fondo. Si è facili ad accusare gli altri e non si scruta affatto se stessi, il proprio atteggiamento profondo, i gesti con cui ci si presenta agli altri. Se ricordassimo “la pagliuzza” e la “trave” di cui parla Gesù (Mt.7,3; Lc, 6,41), o il “chi è senza peccato, scagli per primo la pietra”. (Gv.. 8,7), forse saremmo più cauti. Il compimento di questa antitesi è la sincerità totale (ammettendo anche le proprie colpe e negligenze), a lealtà che non rimangi la parola per comodo, a schiettezza che faccia dire a chi sbaglia “tu sbagli”, a cercare e accettare la verità com’è. Non bisogna ingannare gli altri, prevalere su di loro, violentarli psicologicamente, in alcun modo; ma aver rispetto per tutti, dai familiari ai compagni o colleghi.

vv. 38-42. La quinta antitesi riguarda la legge del taglione, così com’è presentata nell’A.T.

(Es.21,23-24; Lv.24,19-20; Dt.19,21), è spinta all’abrogazione. La legge del taglione (occhio per occhio, dente per dente) era intesa a restringere la vendetta e a contenere la violenza entro i limiti. Gesù esorta i suoi discepoli a rinunciare anche alla ritorsione limitata e permessa dall’A.T., e quindi ad interrompere l’intero ciclo della vendetta. I discepoli non devono adottare gli atteggiamenti e le azioni dei loro nemici, e vengono anche indicati quattro esempi pratici di non ritorsione nei confronti del malvagio ai vv. 39-42. Ogni esempio mette in crisi modelli di comportamenti umani istintivi e dati per scontati.

vv. 43-48. L’ultima antitesi esige dai discepoli di Gesù di non amare solo i membri del proprio gruppo nazionale o religioso (lv.19,18), ma anche i loro nemici. Questa nuova richiesta si basa non sulla natura umana, ma sull’esempio di Dio. E’ la natura umana (rappresentata dai pubblicani e dai pagani) che ci fa amare coloro che ci amano e a salutare solo i membri della propria famiglia. Ma Dio fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Se l’interesse e l’amore di Dio per tutti gli esseri umani sono presi a modello, i discepoli di Gesù non possono limitare il loro amore al proprio gruppo o alla propria nazione. Ogni uomo e ogni donna esistente su questo mondo è nostro fratello o sorella. La perfezione dei discepoli di ogni tempo riflette ed è misurata dalla perfezione di Dio Padre.

Conclusione del capitolo 5.

La legge di Mosè diceva: “Non odierai tuo fratello in cuor tuo…Non ti vendicherai, e non serberai rancore contro i figlioli del tuo popolo, ma amerai il prossimo tuo come te stesso”

(Lv.19,17-18); già, quindi, nell’A.T. era incluso lo spirito del Nuovo, ma, in pratica, era stata interpretata in senso ristretto e l’amore al prossimo veniva riservato ai soli connazionali. Invece Gesù ha spezzato le barriere e ha dato al precetto della carità fraterna le dimensioni dell’universo. “Amate i vostri nemici, pregate per i vostri persecutori”. Il nostro egoismo ci porta a ledere e a contraffare la Parola di Dio, ma i termini da Lui usati non ammettono interpretazioni arbitrarie: i cristiani deve amare gli amici e i nemici senza eccezioni, perché gli uni e gli altri sono figli di Dio, perciò tutti gli esseri umani sono fratelli, sono prossimo. In questa prospettiva non hanno ragione d’essere le distinzioni tra popolo e popolo, tra razza e razza (sarebbe meglio parlare di etnie); e non l’hanno neppure quelle basate sull’amore e l’odio, sul bene sul male, sui benefici o danni od offese e torti ricevuti. Per nessun motivo è lecito odiare chi è oggetto del medesimo amore del Padre. Il regno della terra giudica stoltezza ricambiare l’odio con l’amore, il male con il bene, le offese con il perdono. San Paolo ci avverte che per seguire Cristo è necessario farsi stolti perché “la sapienza di questo mondo è follia davanti a Dio”.

Gesù, invitando i suoi discepoli di ogni tempo ad imitare la santità del Padre celeste ci impegna in una profonda lotta contro il peccato, il quale si oppone direttamente all’infinita perfezione di Dio e ne è la più grande offesa. Gesù, inoltre, ci avvisa che l’orgoglio, l’ipocrisia, la malizia voluta ed ostinata ci impediscono di imitare Dio, secondo le sue parole: “Siate perfetti com’è perfetto il vostro padre celeste”.

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