L’uomo dell’Incarnazione


Gesù c’insegna a contare i giorni partendo da Betlemme per giunger sul Calvario. Dall’uomo dell’Incarnazione all’uomo della Croce: il crocifisso nel cuore del mondo. I tempi dello spirito non si datano ma si possiedono, si vivono; sono l’essenziale di ciascuno di noi. E non si deve mai porre il silenzio sull’essenziale.

Insegnare a vivere la strada della croce è proprio del Maestro del vangelo, della Chiesa, soprattutto della fede, della speranza e dell’amore, virtù che ci sono state donate nel gran momento del carattere battesimale. Questi sono i giorni più necessari alla redenzione ed anche alla nostra salvezza attraverso la testimonianza del saper soffrire, del saper sperare, del saper amare la croce della nostra esperienza di seguaci di Cristo.

Il nostro convincimento interiore lo affidiamo all’apostolo Paolo perché egli sa come tradurlo in una conversione di fede e d’amore intrisa di tenerezza spirituale: “Quanto a me, invece, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal.6,14).

Quando Gesù ha voluto liberare i suoi seguaci dalle false concezioni sulla persona del Messia e del futuro regno che il Signore Dio gli darà, ossia “il trono di Davide suo Padre, e regnerà sulla casa di Giacobbe nei secoli e il suo regno non avrà mai fine” (Lc.1,32-33), ha semplicemente detto: “Se qualcuno di voi mi vuol seguire, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e così mi segua” (Mt.16,24).

Dove porta la strada della croce? Il cammino di chi vuol prendere sul serio la sequela di Gesù, evitando accomodamenti e tatticismi più conformi alla mediocrità interiore di chi è imbevuto dallo spirito del mondo, punta sicuramente contro l’uomo del peccato e del materialismo considerato come parte della signoria del superuomo o dell’uomo artefice di se stesso, adoratore della divina ragione secondo i canoni dell’attuale illuminismo scientifico per rivolgersi ai valori assoluti della verità, della giustizia, dell’amore, della solidarietà evangelica, dell’imitazione di Cristo, modello dell’uomo nuovo secondo la proposta di Dio.

Che conta, in questa scelta della croce, è la conquista dell’anima alla luce della parola di Gesù: “Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per me, la salverà” (Mt.16,25). Il commento più autorevole a questo testo lo troviamo in San Paolo: Di null’altro mai ci glorieremo se non nella croce di Gesù Cristo, nostro Signore: “Egli è la nostra salvezza, vita e resurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati” (Gal.6,14).

L’uomo della croce c’insegna ad avere coraggio di portare con fede, speranza e amore, tutto il peso delle sofferenze e delle croci inerenti alla nostra vocazione perché il tempo della sofferenza è simile al chicco di grano caduto in terra; “se muore porta molto frutto” (Gv.14,24).

Chi vuol contare i propri giorni, escludendo l’esperienza dell’uomo della croce, è simile a colui che costruisce la sua casa sulla sabbia. E’ un insipiente.

Gesù, insegnaci a vegliare e ad aspettare il nostro giorno

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