L’uomo a tempo determinato

Tra le righe del cap. 3,19 della Genesi si può registrare il grido di dolore scaturito dal cuore di Dio Creatore nel dovere punire inesorabilmente la creatura umana che, più d’ogni altra, aveva voluto a sua immagine e somiglianza. Il Creatore non può impedire la giusta punizione a chi liberamente e consapevolmente rifiuta di obbedire e di accettare il suo disegno sull’uomo.

Chi va contro Dio, va contro la sua volontà, la sua progettualità salvifica. Il disobbediente a Dio sceglie di distruggere l’opera stessa di Dio, la sua legge, la sua Creazione, le sue creature, persino se stesso, creatura di Dio, voluta dall’amore di Dio per la vita e non per la morte. Essendo Dio vita, essere perfetto, chi si pone fuori di Dio o contro di lui, esce dalla vita, dall’essere, e quindi è un condannato alla morte eterna, dove “vi è pianto e stridore di denti”.

Per meglio intendere la disgrazia di questo comportamento prendiamo come strumento esplicativo una similitudine: la vita del peccatore è paragonabile alla luce di una stella ormai spenta, ma che impiega anni luce prima di essere da noi considerata spenta. Il nulla è la condanna più infernale in cui il ribelle contro il disegno di Dio precipiti, perché il nulla, in questo caso, significa l’assenza di Dio, per sempre, per l’eternità. L’uomo non è solo creato da Dio ma è anche fatto per Dio. Dio, quindi, è il suo naturale approdo o traguardo finale dopo il tempo che gli è stato dato da vivere dalla Provvidenza di Dio.

Cosa si potrebbe pensare di una freccia che non raggiungesse mai il traguardo, o di un aereo che non potesse mai più atterrare all’aeroporto previsto, o ad un’automobile che non giungesse mai alla destinazione prefissata? Che cosa accadrebbe all’intelligenza se il pensiero cercasse una verità irraggiungibile, o se la memoria non riuscisse più a ricordare nulla? Gli esseri che non raggiungono il fine per cui sono stati creati precipitano nella frustrazione, nella disperazione, nella pazzia: sarebbe l’inizio del caos particolare e universale, del microcosmo e del macrocosmo.

Il grido di Dio è racchiuso in queste parole: “Polvere tu sei e in polvere ritornerai”. In quell’istante è stata fissata la nostra condizione umana. L’uomo, in questo mondo, vive per un certo tempo, perché deve morire, deve abbandonare la dimora del corpo, che, essendo terra, deve ritornare alla terra.
“Ricorda, o Signore, quanto è breve la mia vita. Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo. Quale vivente non vedrà la morte, sfuggirà ai poteri degli inferi?” (Sal.88,48-49).

Nella psicologia del cuore umano nasce il tormento e il dramma del tempo. Fino a quando durerà il tempo, il mio tempo? La vita è una corsa contro il tempo. Ecco alcuni spezzoni o frasi in bocca all’uomo a tempo determinato: “Non ho tempo: ho poco tempo; ho fretta; un attimo; un momento; un istante; corri perché sei in ritardo; non ho tempo da perdere”, ecc. Gesù c’insegna che il tempo dedicato agli altri è quello che frutta per l’eternità. “Vigilate e pregate”. Il tempo è perso quando segue la filosofia condannata da Gesù: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?”.

Gesù, insegnaci a vegliare e ad aspettare il nostro giorno

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