A Cana di Galilea

Il direttore della mensa chiamò lo sposo.
La ripresa, però, registra qualcosa di nuovo. Il buon vino rivela al direttore di mensa un comportamento insolito da parte degli sposi, in quanto è consuetudine servire vino scadente verso la fine del banchetto quando tutti sono brilli.
A Cana, dunque, accade che la festa nuziale mantiene dall’inizio alla fine uno stile mai praticato. Il miracolo si consuma, ma nei commensali si distribuisce l’amore divino che non osa imporsi, secondo le leggi degli uomini, ma secondo le vie misteriose della grazia di Dio. A Cana la cosa più importante è che Gesù sia entrato con questo miracolo nella vita degli uomini ed abbia iniziato il cammino del Messia tra le genti. Nel gesto del direttore della mensa si cela il desiderio di volere riconoscere che tutta la festa ora è passata in un altro contesto, dove non tutto dipende dagli uomini, ma da un protagonista amico degli uomini che sa intervenire al momento giusto “Affinché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (cfr,Gv.10,10).
S’impone la presenza di qualcuno che spiega l’uomo all’uomo, invitandolo a conoscere il male che gli impedisce di essere uomo, ossia la comunione filiale con Dio, in Gesù uomo e Dio.
Questo anelito del cuore alla condivisione col mistero dell’Essere si fa ogni giorno più imponente a causa della perdita della ragione, dell’avversione al dolore, alla sofferenza, al rifiuto del peccato e alla conversione. Eppure ciò che è accaduto a Cana avviene in ogni momento della vicenda umana dei singoli, delle società e dei popoli.

Tutti servono da principio vino buono e quando tutti sono brilli il meno buono.
Per noi, che conosciamo come si sono svolti i fatti a Cana di Galilea, è facile capire l’errore che compie il direttore della mensa quando rivolge allo sposo quell’apprezzamento indebito e quella immeritata lode. Egli non sa nulla, né ha chiesto nulla ad alcuno; forse avendo saputo che non c’era più vino, avrebbe potuto dichiarare finita la festa. Sembra, però, che Maria Vergine abbia provveduto, prima ancora che lo sposo potesse escogitare una possibile soluzione.
La tempestività dell’amore di Maria per l’uomo è grande. Lo sposo è stato soltanto sfiorato da un’angoscia avvolgente da cui non sarebbe potuto uscire da solo, almeno per quanto riguarda il tempo. La dimensione soprannaturale di Maria rivela in questa circostanza l’amore proveniente dalla grande Madre di Dio.

Perciò nell’Incarnazione Gesù, “restando quello che era, ed assumendo quello che non era, unì la vera natura di servo a quella che lo fa uguale al Padre. Congiunse le due nature con un vincolo così meraviglioso che né la gloria a cui era chiamato assorbì la natura inferiore, né l’assunzione di questa natura diminuì la natura superiore. Convergendo le due nature in una sola Persona, ecco che l’umiltà è assunta dalla maestà, la debolezza dalla potenza e la mortalità dall’eternità”.
A Cana, Gesù, per intervento di Maria, manifesta chi è per l’uomo concreto e a quale esperienza il credente è chiamato: all’esperienza del Dio fatto uomo, per cui San Paolo afferma: “Tutto posso in Colui che mi conforta” (Fil.4,13).

Tu, invece, hai serbato vino buono fino a questo momento.
L’arte di Gesù è l’amore oblativo, ossia essere tutto per l’uomo, affinché l’uomo sia tutto per Dio secondo la volontà del Padre. L’arte dell’amore umano, quando si dimentica che “l’amore è da Dio” (cfr.Gv.4,8-9), ricorre alle alchimie del sembrare e del non essere. Tra gli uomini dalla vista corta, ma dalla mente astuta, sembra un dovere creare illusioni o parvenze invece di dichiarare più onestamente “si, se sì; no, se no” (Mt.5,37).
Lo stupore del direttore della mensa è proprio dovuto al fatto di trovarsi di fronte ad uno sposo che manifesta una mentalità vera, autentica nel trattare i commensali con vino buono dal principio alla fine. Ma egli sa che alla festa vi è presente uno che dona all’uomo una collaborazione ed una cultura divina, che “nasce dall’alto” e completa, arricchisce il cuore di chi crede in Lui e in Lui si abbandona totalmente.
Lo sposo sa o non sa chi è Gesù? La risposta non è richiesta; ciò, invece, che è richiesto a noi è di sapere cogliere la dimensione dell’intervento di Maria Vergine. Maria si sostituisce allo sposo quando chiede a Gesù ciò che lo sposo gli avrebbe chiesto se avesse avuto la conoscenza di fede di Maria, la Madre di Gesù. Il compito di Maria è sostitutivo quando la debolezza o la povertà umana o l’esperienza di peccatori induriti nella mente, nel cuore e nella volontà, allontana l’incontro diretto con Cristo per una conversione totale al suo progetto di vita. Allora Maria, la Madre di Gesù, sostiene la nostra preghiera, ottenendo ciò che noi da soli non siamo in grado di ottenere, ossia la gioia di compiere sempre la volontà di Dio, il quale, in Gesù, ci ha elevati alla dignità di figli e ci tratta con amore di padre.
L’esperienza di fede diventa Incarnazione.