A Cana di Galilea

Essi le riempirono fino all’orlo.
Non è detto che cosa pensassero i servitori che già sapevano dell’esaurimento delle scorte di vino. Mentre Giovanni dà spazio all’obbedienza dei servitori precisando che riempirono le giare fino all’orlo. Non si poteva aggiungere altra acqua. E’ importante questa sottolineatura in quanto dà risalto alla realtà dei limiti umani nei confronti di Dio.
Essere pieni fino all’orlo, per le giare e per la dimensione umana, è ammettere implicitamente la propria creaturalità, la propria dipendenza da Dio, ma significa anche riconoscere la tensione metafisica del proprio essere che ha indotto Maria Vergine nell’istante dell’annuncio ad affermare: “Avvenga di me secondo la tua Parola” (Lc.1,38).
La disposizione morale che emerge dal comportamento dei servitori è senza dubbio l’obbedienza radicale fortificata dall’umiltà manifestata nell’eseguire materialmente gli ordini ricevuti, disponendo se stessi ad accogliere l’intervento misterioso di Gesù.
E’ evidente il passaggio dalla logica umana alla logica di Dio nel gesto di riconoscere la propria impossibilità di fronte a Gesù: “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv.14,6).
Un riconoscere inconsciamente la Parola: senza di Te non possiamo fare nulla. Noi ti doniamo la nostra mente, Tu la trasformi in novità di condivisione. Tu non accetti di essere superiore, ma servitore, fratello, vittima per gli uomini.
Liberare poi la grandezza dell’uomo, Figlio di Dio, dal peccato e dal potere di Satana è per Te, o Signore, un dovere d’amore e di fratellanza divina.
Ti doniamo il nostro nulla perché solo Tu puoi trasformarlo in dimora di Dio.

Poi aggiunse: “Attingete e portatene al direttore della mensa”.
L’acqua si converte in vino dentro le giare e sotto gli occhi meravigliati dei servitori chiamati ad attingere del vino dalle giare dopo averle riempite d’acqua. Non ci sono parole di fronte al miracolo della vita di Dio con noi. Al posto delle parole subentra la fede nella presenza d’amore di Dio venuto ad incontrare l’uomo per fargli conoscere il suo destino, la cura con cui il suo divino amore sceglie di agire a dismisura nella misura umana. Egli è Dio e uomo e non sconfessa né l’uno né l’altro perché egli vuole che l’uomo sia unito a Dio, come la natura umana e la natura divina sono unite nella Persona divina di Gesù “senza separazione e senza confusione”.
La conversione dell’acqua in vino, compiuta da Gesù a Cana, intende fare capire ai discepoli, attraverso i segni, il mistero della sua Persona, la sua origine dal Padre, il suo totale abbandono a Lui, il suo cammino verso “l’ora”.
Non si crede ad una cosa o ad una dottrina, ma in una Persona.
Come la Vergine Maria, esempio di abbandono alla volontà di Dio, pone la sua fiducia nella Persona del Padre, “la virtù dell’Altissimo ti adombrerà”, così il discepolo, come il cristiano oggi, si fida di Gesù, si abbandona a Lui e si lascia condurre. Perciò, la fede è conversione, apertura al nuovo, è disponibilità a compiere l’esperienza di Dio alla maniera di Cristo. La fede è attingere da Cristo la vita nuova per comunicarla agli altri, affinché il banchetto della vita riprenda il cammino sulla strada dell’Incarnazione.

Il quale assaggiò l’acqua cambiata in vino.
Il direttore di mensa è coinvolto come responsabile. Non c’è nulla di mutato. Il miracolo non fa strepito poiché ogni intervento di Dio è per noi e per l’uomo di tutti i tempi un miracolo.
Il modo di agire di Dio si differenzia sostanzialmente dall’agire umano, spesso chiassoso e tanto comune. Inoltre l’inserimento di Dio nella vicenda umana si cala perfettamente nel rispetto delle regole che presiedono lo svolgersi del banchetto, sicché a nessuno dei commensali è richiesto di sapere, di ringraziare, di riconoscere, di onorare, di adorare il Dio presente che converte l’acqua in vino anche per la gioia del loro spirito.
Maria, dopo essere intervenuta presso Gesù, tace e si comporta in quella situazione, come qualsiasi altra invitata. Gesù lascia il luogo del servizio e ritorna con i servi tra i commensali; la festa dopo qualche comprensibile disappunto, angoscia, perplessità, può riprendere con l’arrivo in tavola del vino del miracolo. Ed è esattamente ciò che accade dopo l’assaggio in pubblico del direttore della mensa.
Il passaggio dal vino vecchio al vino nuovo è segno del passaggio avvenuto tra il vecchio uomo e l’uomo nuovo, tra l’Antico e il Nuovo Testamento, dall’epoca precristiana all’epoca cristiana: ma tutto ciò avviene nel mistero dell’agire di Dio fatto uomo tra gli uomini, che continua ancora oggi nella cattedrale del quotidiano, mediante la Chiesa, sacramento di salvezza e di amore, che vive i drammi dell’uomo moderno nella Cana secolarizzata, dove si celebra la festa della vita come se Dio non ci fosse.